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malattia infiammatoria che colpisce il polmone ed in modo particolare la componente peribronchiolare Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La bronchiolite obliterante - polmonite in organizzazione (BOOP) o polmonite organizzata criptogenetica (COP), è una malattia infiammatoria che colpisce il polmone ed in modo particolare la componente peribronchiolare. Si tratta di una forma di polmonite non infettiva.[1] Spesso la BOOP è causata da una malattia infiammatoria cronica preesistente, come l'artrite reumatoide.
Bronchiolite obliterante - polmonite in organizzazione | |
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Una microfotografia che mostra un corpo Masson come si può vedere in un caso di bronchiolite obliterante - polmonite in organizzazione. | |
Specialità | pneumologia |
Classificazione e risorse esterne (EN) | |
MeSH | D018549 |
eMedicine | 354305 |
La BOOP può anche rappresentare un effetto avverso di alcuni farmaci, come ad esempio l'amiodarone. Questa malattia fu scoperta da Gary Epler nel 1985 ed è conosciuta anche come polmonite criptogenetica in via di organizzazione (COP);[2][3] alcuni autori raccomandano, anzi, di utilizzare quest'ultima locuzione, per evitare confusione con altre forme di bronchiolite obliterante,[4] particolarmente quella associata alle polmoniti infettive. Il sospetto diagnostico sorge in presenza di una polmonite che non risponde alla terapia antibiotica, mentre gli esami colturali del sangue e dell'espettorato risultano negativi per microorganismi.
La locuzione "in organizzazione" è riferita alla polmonite quando la persistenza di essudato negli alveoli stimola la formazione di tessuto fibroso. La fase di risoluzione e/o rimodellamento che segue le infezioni batteriche è comunemente definita polmonite in organizzazione, sia dal punto di vista clinico sia da quello anatomo-patologico.
L'incidenza riportata è dello 0.01%, ma è probabilmente sottostimata poiché spesso la COP non viene correttamente diagnosticata. L'età di insorgenza è tipicamente compresa fra i 40 e i 60 anni e colpisce donne e uomini in egual misura. La mortalità è intorno al 7% e spesso i casi letali riguardano i soggetti più anziani o già debilitati da altre patologie.
La COP/BOOP può essere scatenata da infezioni batteriche, virali e parassitarie, farmaci o sostanze tossiche. Fu identificata per la prima volta come una patologia a sé stante nel 1985, sebbene il suo corteo sintomatologico fosse noto da tempo.
All'esame obiettivo, è comune il reperto di crepitii; raro invece il riscontro di dita ippocratiche. Gli esami di laboratorio non forniscono indicazioni specifiche.
Quasi il 75% dei pazienti giunge all'attenzione del medico dopo meno di due mesi di sintomi. In circa il 40% dei soggetti la malattia esordisce con una sindrome simil-influenzale caratterizzata da tosse, febbre, malessere generale e astenia. I test di funzionalità polmonare (spirometria) evidenziano spesso una capacità polmonare lievemente ridotta. La quantità di ossigeno trasportato nel sangue risulta, in questi casi, ridotta già in condizioni di riposo e fortemente compromessa sotto sforzo.
La radiografia del torace mostra reperti simili a quelli tipici delle polmoniti estese, con aree iperdense, indicanti addensamenti parenchimali, diffuse ad entrambi i polmoni. Tali aree, a volte, sembrano "migrare" da una zona a un'altra del polmone man mano che la malattia progredisce. I polmoni appaiono di volume normale, con caratteristiche aree di consolidamento a "chiazze" unilaterali o bilaterali. Piccole opacità nodulari appaiono in percentuale variabile fino al 50% dei pazienti; nel 15% i noduli hanno dimensioni maggiori.
La tomografia computerizzata (TC), specie se ad alta risoluzione, può confermare la diagnosi: nel 90% dei casi essa mostra immagini di consolidamento del parenchima polmonare e nel 60% sono presenti aree con aspetto a "vetro smerigliato".[5]
Per la diagnosi di certezza è spesso necessario effettuare una biopsia polmonare, a cielo aperto o per via transbronchiale. L'esame istologico evidenzierà dotti alveolari e alveoli in fase di organizzazione fibrotica; il tessuto fibroso organizzato ostruisce i bronchioli, accompagnandosi a tessuto connettivo lasso che aggetta nel lume degli stessi e a un infiltrato infiammatorio cronico circostante.[4]
La spirometria mostra un quadro di tipo restrittivo, con una ridotta diffusione polmonare del monossido di carbonio (DLCO). Poco frequente è l'aspetto spirometrico di tipo ostruttivo; di solito è compromesso lo scambio gassoso a livello alveolare, il che comporta una riduzione dell'ossigeno nel sangue (ipossiemia). La broncoscopia con lavaggio broncoalveolare mostra un aumento della componente linfocitaria fino al 40%, accompagnata da un aumento più modesto di neutrofili ed eosinofili. Nei pazienti con aspetti clinici e radiografici tipici, il riscontro alla biopsia transbronchiale di polmonite in organizzazione senza caratteristiche tipiche di altre patologie è sufficiente per porre una diagnosi di esclusione e iniziare la terapia. Nel caso di biopsie a cielo aperto, invece, il quadro istopatologico è quello di polmonite in organizzazione con architettura polmonare conservata; questo aspetto non è esclusivo della BOOP e deve essere interpretato alla luce del contesto clinico.
La maggior parte dei pazienti migliora dopo terapia corticosteroidea.[6][7] È stato dimostrato che un approccio terapeutico standardizzato con 0.75 mg/kg di peso corporeo, con graduale riduzione fino alla sospensione in 24 settimane, riduce l'esposizione totale ai corticosteroidi senza diminuire l'efficacia.[8]
Circa due terzi dei pazienti traggono beneficio dai corticosteroidi.[9] I più utilizzati fra questi sono il prednisolone in Europa e il prednisone negli USA;[8] questi due farmaci differiscono tra loro solo per un gruppo funzionale e hanno analoghi effetti clinici. Si somministrano inizialmente ad alto dosaggio, che viene successivamente ridotto fino alla sospensione in un tempo variabile da sei mesi a un anno. Un'interruzione troppo rapida del trattamento può comportare una riattivazione della malattia.
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