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disciplina che studia la teoria e i metodi della ricerca, descrizione e classificazione dei libri Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La bibliografia (termine mutuato dal greco βιβλιογραφία[1], composto di βιβλίον, biblìon, "libro", e γράφω, gràpho, "io scrivo", che però aveva il significato di "(tra)scrizione di libri", diverso da quello moderno di "libro sui libri"[2]) enumerativa (o sistematica) si può intendere:
Invece la bibliografia definita analitica[4] o critica, altrimenti detta bibliologia, si occupa degli aspetti fisici dei singoli libri come caratteri, impaginazione, carta, eccetera[5].
Il termine bibliografia venne impiegato per la prima volta nel 1633 da Gabriel Naudé col valore di descrizione di libri nella sua Bibliographia politica[6]; in tempi precedenti questo significato era infatti tradizionalmente inscritto nel termine bibliotheca, inteso come descrizione e anche come raccolta fisica di libri. Nel XVII secolo la proposta dello scrittore e bibliotecario parigino trovò conferma nella Bibliographia parisina e nella Bibliographia gallica di Louis Jacob de Saint Charles[7].
La diffusione del commercio e dell'antiquariato nel XVIII secolo favorì la precisazione dei significati del termine: secondo un'esigenza determinata dalla rarità di alcune copie stampate, la bibliografia da disciplina destinata alla descrizione esatta dei libri, delle edizioni e dei luoghi di stampa, divenne una vera e propria scienza che considera il libro, nella sua entità fisica, come un preciso oggetto di studio. Nel XIX secolo l'evoluzione tecnologica delle tecniche di stampa favorì la crescita della produzione editoriale e lo sviluppo della bibliografia.
Fonte: Giuliano Vigini, Glossario di biblioteconomia e scienza dell'informazione, Milano, Editrice Bibliografica, 1985.
La citazione, bibliograficamente intesa, è il riferimento di un libro stampato, fornendone gli elementi essenziali, normalmente ricavati dal frontespizio, utili alla sua identificazione, che sono in ordine fisso: l'autore, il titolo e le note tipografiche. Essa non va confusa con la citazione testuale, cui anzi si aggiunge come menzione doverosa dell'autore e dell'opera citati.
Nella tradizione americana e anglosassone, che va diffondendosi anche in Italia, all'interno del testo la citazione bibliografica avviene in maniera abbreviata, col sistema autore-anno[21] (ad es., Valesio 1983), rimandando in nota a piè di pagina o in fondo al capitolo o al volume il riferimento completo (Paolo Valesio, Il regno doloroso, Milano, Spirali edizioni, 1983).
La citazione bibliografica può essere il primo passo della descrizione di un libro in una scheda dettagliata, comprendente anche indicazioni ulteriori come le note bibliografiche (intese come descrizione fisica del libro) relative all'edizione, nonché la localizzazione degli esemplari.
Sono, nell'ordine:
Si trovano quasi sempre nel frontespizio (in passato nel colophon) dopo l'autore e il titolo dell'opera.
L'espressione non è univoca.
[27] Le seguenti sono modalità di compilazione di un riferimento bibliografico, particolarmente diffuse in Italia:
È una citazione bibliografica anche la citazione di un libro o codice manoscritto. La produzione di tali libri storicamente precedette l'invenzione della stampa a caratteri mobili, ma non cessò nei secoli successivi. Si tratta per definizione di esemplari unici[29], di cui solo raramente si conosce il copista, o per la firma in calce o per la grafia riconoscibile da altri suoi prodotti. Nella citazione di un manoscritto, dopo l'autore e il titolo, si indica l'eventuale data apposta dal copista o una datazione presunta più o meno approssimativa e si fornisce la localizzazione, ossia il luogo di conservazione attuale (città, biblioteca, collocazione).
Esempio:
La letteratura grigia raccoglie testi e documenti non diffusi commercialmente (come ad esempio brevetti o tesi di laurea).
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