Loading AI tools
fiaba Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Bianca-neve e Rossa-rosa, conosciuta anche come Rosabianca e Rosarossa, Biancarosa e Rosella, Biancarosa e Rosarossa o Fiocchin di neve e Rosardente (titolo originale: Schneeweißchen und Rosenrot), è una fiaba tedesca pubblicata nel 1837 nella terza edizione della raccolta Le fiabe del focolare dei fratelli Grimm. La fiaba è stata pubblicata per la prima volta da Wilhelm Grimm nel 1827 in Märchen-Almanach di Wilhelm Hauff.
Esiste anche una variante più breve intitolata Il nano ingrato e scritta da Karoline Stahl (1776-1837), che probabilmente è la versione più antica della storia, perché non se ne conoscono altre precedenti, nemmeno orali, nonostante ne siano state raccolte molte dopo la sua pubblicazione.[1]
La fiaba non è da confondere con Biancaneve (in tedesco Schneewittchen), che sta alla base del film di Walt Disney intitolato Biancaneve e i sette nani.
Bianca-neve e Rossa-rosa erano le due figlie di una povera donna vedova che vivevano in una casa circondata da due roseti, uno di rose bianche e uno di rose rosse. Le due bambine si amavano molto ed erano buone e diligenti, anche se diverse di carattere, la prima più mite, la seconda più vivace. Accadeva spesso che si attardassero insieme nel bosco, ma la mamma non si impensieriva mai perché sapeva che non sarebbe mai accaduto loro nulla di brutto. Una volta, per esempio, svegliatesi dopo essersi addormentate nel bosco, videro accanto a loro un bel bambino dalle vesti scintillanti che le guardò e subito si addentrò fra gli alberi. Si accorsero così di aver dormito sull'orlo di un precipizio e la mamma disse che certamente quello era l'angelo che vegliava sui bambini buoni.
Una sera bussò alla porta un grande orso che voleva scaldarsi al fuoco del camino e, dopo l'iniziale spavento, la mamma e le bambine lo accolsero in casa e gli pulirono la pelliccia dalla neve. Ben presto fecero amicizia e le bambine giocavano con l'orso divertite. Il mattino seguente l'orso se ne andò nel bosco, ma prese a tornare da loro ogni sera.
Presto venne la primavera e l'orso disse a Biancaneve che per un po' non sarebbe tornato a far loro visita perché avrebbe dovuto difendere i suoi tesori dai cattivi nani che con il caldo dell'estate uscivano dai loro rifugi e rubavano tutto.
Dopo qualche tempo la mamma mandò le figlie nel bosco a far legna. Presso un albero abbattuto videro un nano che si dibatteva perché la sua barba era rimasta impigliata nel tronco. Dopo vari tentativi di liberarlo, Biancaneve prese una forbicina dalla sua tasca e tagliò la barba del nano, il quale, ingrato e arrabbiato per essere stato privato di un pezzo della sua barba, se ne andò borbottando con il suo sacco pieno di monete d'oro sulle spalle. Qualche tempo dopo le due fanciulle incontrarono lo stesso nano in riva a uno stagno: la sua barba era ora impigliata nella lenza con cui stava pescando un grosso pesce che lo tirava sempre di più dentro l'acqua. Di nuovo Biancaneve tirò fuori le sue forbicine e liberò il nano tagliandogli un altro pezzo di barba. Egli, sempre furioso e irriconoscente, se ne andò via con un sacco pieno di perle.
Qualche giorno più tardi, mentre andavano in città a fare compere, le fanciulle si imbatterono nuovamente nel nano, che stavolta era stato catturato da una grossa aquila. Biancaneve e Rossarosa riuscirono infine a trattenerlo e a staccarlo dagli artigli dell'uccello e il nano ingrato non fece che lamentarsi per la giacca tutta lacerata, poi prese un sacco pieno di pietre preziose e se ne andò via. Sulla strada del ritorno, le fanciulle videro il nano spargere sul prato tutti i suoi tesori. Ad un tratto un grosso orso balzò fuori dalla foresta e afferrò il nano, che dibattendosi cercò di convincere la bestia a risparmiarlo e a mangiare le due bambine al posto suo. Ma l'orso non lo ascoltò, gli diede una zampata e il nano venne sconfitto. Biancaneve e Rossarosa stavano per fuggire terrorizzate, quando l'orso iniziò a parlare ed esse riconobbero il loro vecchio amico, che d'improvviso si trasformò in un bel giovanetto vestito d'oro e confessò di essere il figlio del re, costretto a vagare nella foresta in forma di orso dopo essere stato trasformato da quel nano cattivo che aveva rubato tutti i suoi tesori. La morte del nano aveva spezzato l'incantesimo.
Biancaneve sposò il principe e Rossarosa il fratello, e la madre delle due fanciulle visse con loro ancora felici per molti anni.
Ne Il nano ingrato l'orso, che non è un principe stregato da un incantesimo, non incontra le ragazze se non in occasione della lotta con il nano. Le fanciulle, inoltre, si impossessano del tesoro del nano diventando così molto ricche.[2]
Wilhelm Grimm combinò la storia de Il nano ingrato di Karoline Stahl (contenuta nella raccolta Favole, fiabe e storie per bambini, Norimberga, 1818) con un verso della novella Das Schmetterlings-Cabinet (Il gabinetto della farfalla, 1813) di Friedrich Kinds, che egli considerava un canto popolare,[3] e scrisse il racconto per il Märchen-Almanach (Almanacco delle fiabe) di Wilhelm Hauffs, dove comparve nel 1826. Da lui partì l'idea del nano che trasforma il principe in orso, così come l'idea dell'idillio familiare presente nella prima metà del testo. Mai prima d'allora una fiaba aveva subito da parte dei fratelli Grimm un intervento così sostanziale. Il racconto sembra essersi in tal modo adeguato all'immagine del credo popolare così come al gusto del pubblico. Per la raccolta di fiabe esso fu modificato nuovamente in maniera più intensa.
La concezione della trasfigurazione ferina come conseguenza di un incantesimo malvagio che non si risolve se non alla fine è relativamente nuova. Presso i popoli primitivi la trasformazione in bestia e poi di nuovo in forma umana pare essere un mezzo per raggiungere la conoscenza di sé.[4] Biancaneve e Rossarosa presenta in questo un tema simile ad altre fiabe, tra cui Il principe ranocchio (KHM 1), L'allodola che canta e saltella (KHM 88), Gian Porcospino (KHM 108), Pelle d'orso (KHM 111). Per quanto riguarda l'angelo custode che veglia sui dormienti si veda invece San Giuseppe nel bosco (KHM 201).
Il contrasto tra l'innocenza delle bambine e l'avidità del nano è particolarmente accentuato in questa fiaba. Anche le qualità assolute di forza (l'orso) e bontà (la mamma) sono piuttosto stereotipate.
Nelle figure delle due fanciulle si può ritrovare una simbologia molto forte basata principalmente sui contrasti. Rosse sono le bacche che raccolgono nel bosco in cui Rosarossa si aggira volentieri. Bianchi invece sono la colombella e l'agnellino che trascorrono l'inverno a casa loro. Rosarossa apre la porta, Biancaneve la chiude.
La barba che le bambine tagliano al nano, invece, simboleggia, in molti racconti antichi, la forza, come presso Sansone nell'Antico Testamento (si veda Il vecchio Rink Rank, KHM 196). Anche il possente orso qui ha una folta pelliccia, che cade alla morte del nano. Non si deve dimenticare, tra l'altro, che in epoca medievale la barba era anche un segno di regalità.
Il nano si scontra una volta con una creatura della terra (l'albero), una volta con una creatura dell'acqua (il pesce) e una volta con una creatura dell'aria (l'uccello). Questa combinazione fra la struttura triplice ricorrente nelle fiabe e la teoria dei quattro elementi è riconoscibile in numerose altre storie dei Grimm, per esempio in La vera sposa (KHM 186).
Seamless Wikipedia browsing. On steroids.
Every time you click a link to Wikipedia, Wiktionary or Wikiquote in your browser's search results, it will show the modern Wikiwand interface.
Wikiwand extension is a five stars, simple, with minimum permission required to keep your browsing private, safe and transparent.