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satellite artificiale italo-olandese Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Beppo-SAX è un satellite artificiale italo-olandese per l'astronomia a raggi X. Ha apportato importanti contributi nello studio dei lampi gamma o gamma ray burst (GRB).
Beppo-SAX | |
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Immagine del veicolo | |
Dati della missione | |
Operatore | ASI NIVR |
NSSDC ID | 1996-027A |
SCN | 23857 |
Destinazione | Satellite scientifico |
Satellite di | Terra |
Esito | 29 aprile 2003 |
Vettore | Atlas-Centaur |
Lancio | 30 aprile 1996 |
Luogo lancio | Cape Canaveral Air Force Station, USA |
Durata | 7 anni |
Proprietà del veicolo spaziale | |
Costruttore | Alenia Spazio CNR |
Parametri orbitali | |
Orbita | orbita terrestre bassa |
Data inserimento orbita | 30 aprile 1996 |
Periodo | 96,4 min |
Inclinazione | 4° |
Eccentricità | 0,00136 |
Sito ufficiale | |
Lanciato dalla base spaziale americana di Cape Canaveral il 30 aprile 1996 con un razzo vettore Atlas-Centaur e realizzato in gran parte da aziende italiane, il satellite chiamato SAX (Satellite per Astronomia a raggi X), una volta in orbita venne ribattezzato Beppo-Sax, dal soprannome del professor Giuseppe Occhialini (Beppo), un pioniere dell'astrofisica italiana.
Il satellite è riuscito ad ottenere la prima immagine X di un lampo gamma, permettendo di svelarne numerosi segreti. Ad oggi, grazie anche a questo apporto, si ritiene che queste esplosioni di raggi gamma, seconde solo al big bang per valori di energie in gioco, si verifichino ai confini dell'universo conosciuto.
In sei anni di vita operativa ha effettuato oltre 33000 orbite. Nel 1998 al team scientifico fu conferito il Premio Bruno Rossi, da parte della Società Astronomica Americana. L'importanza della missione consiste soprattutto nell'aver aperto la strada ad un nuovo ed interessante campo di ricerca astronomico.
Il satellite è rientrato nell'atmosfera il 29 aprile 2003, precipitando nell'Oceano Pacifico
Nel 1997 dopo aver rivelato un lampo gamma (GRB 970228[1]), venne comandato al satellite di puntare la sua apparecchiatura di ricezione di raggi-X nella direzione da cui erano pervenute le emissioni gamma, e lo strumentò rivelò delle emissioni di raggi-X in dissolvenza[2]. Ulteriori osservazioni con telescopi a terra identificarono una debole controparte ottica[3]. Con la posizione della sorgente perfettamente nota, quando l'emissione di raggi gamma si affievolì fino a scomparire, fu possibile raccogliere immagini ottiche più precise fino ad identificare la galassia estremamente lontana che aveva ospitato l'evento - la prima ad essere individuata di molte altre in seguito. Entro poche settimane, la controversia sulle distanze di questi eventi aveva raggiunto una conclusione: i lampi gamma potevano essere finalmente identificati come eventi extra-galattici, che si originavano in galassie debolmente visibili[4] e ad enormi distanze dalla Terra. Questa scoperta rivoluzionò lo studio dei lampi gamma, stabilendone le distanze, caratterizzando l'ambiente in cui hanno origine e aprendo nuove opportunità osservative e teoriche su di essi[5].
Utilizzando le osservazioni di Chandra e di BeppoSAX è stato scoperto che la provenienza di molti lampi è associata a zone di formazione stellare.
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