Il benaltrismo è un espediente retorico, che rientra nel più ampio spettro della fallacia logica dell'ignoratio elenchi, che consiste nell'eludere un tema o un problema posto in una discussione, adducendo semplicemente l'esistenza di altre problematiche più impellenti o più generali, spesso senza chiarirle specificamente.[1][2][3]
Si tratta di un neologismo entrato nella lingua italiana a partire dalla metà degli anni 1980,[4] utilizzato dapprima nelle scienze politiche e nel giornalismo. Sintetizza le espressioni «c'è ben altro» e «ci vuole ben altro», utilizzate per indicare l'origine o la soluzione di un problema, nonché la gerarchia dei problemi, in "qualcos'altro" e "più importante" rispetto a quanto affermato dall'interlocutore o creduto comunemente.[5][6]
Nella lingua italiana il benaltrismo viene spesso confuso con il concetto inglese di whataboutism, traducibile in italiano come "allorismo", che rappresenta invece l'artificio retorico di giustificare le proprie idee o azioni richiamando idee o azioni analoghe dell'interlocutore al fine di screditarlo per la sua incoerenza; l'allorismo è riconducibile alla fallacia logica del tu quoque.[7][8]
Il termine indica un'affermazione ("tesi benaltrista") formulata nel mezzo o alla conclusione di una discussione, in opposizione sia all'individuazione di un problema sia di una soluzione allo stesso, sostenendo che i problemi sono "ben altri". In questo modo l'autore si sottrae a ogni valutazione oggettiva delle posizioni e soluzioni altrui, pronunciando de facto un giudizio di inutilità su ogni risultato raggiunto nel campo, come sulla legittimità della discussione, rimandando sine die la questione.[9]
Si possono trovare esempi nei campi più disparati del dibattito politico, scientifico e sociale:
- un abuso del principio di precauzione quando di fronte a dati di innocuità si invocano altre analisi e controlli fino ad allora non richiesti né ritenuti necessari;
- in qualsiasi discussione politica relativa a temi solitamente non all'ordine del giorno, qualsiasi intervento, anche rivolto alle persone chiamate a occuparsene, viene squalificato dal richiamo ai "veri problemi della gente";
- riguardo ad alcuni tipi di volontariato non tradizionali o invisi all'interlocutore, si afferma che i problemi sono "ben altri" (carestia, globalizzazione, guerra, ecc.) e pertanto l'intervento è inutile se non dannoso, distraendo dai "veri" problemi.
Un altro significato del termine "benaltrismo", molto usato, riguarda divergenze in ordine ai rapporti di causa ed effetto in relazione a fattori indicati all'origine di un problema, in quanto l'espressione "ben altro", in tale ulteriore accezione, non significa "di più", o "di meglio", ma "qualcosa di diverso". Si tratta di accezioni in cui si evidenziano soprattutto le divergenze fra posizioni conservatrici e socialitarie; se si vuole il "benaltrismo di destra" e il "benaltrismo di sinistra"[10]. Esempi:
- il rapporto di causa ed effetto fra criminalità e disagio sociale (come la disoccupazione, il sottosviluppo). Se un soggetto conservatore propone l'uso della forza pubblica il soggetto socialitario dice che ci vuole "ben altro", vale a dire che bisogna prima risolvere il disagio sociale il che farà diminuire la criminalità di cui è causa e permetterà lo sviluppo; viceversa se il soggetto socialitario propone la risoluzione del disagio sociale, il soggetto conservatore dice che ci vuole "ben altro", cioè la repressione poliziesca perché è la criminalità a provocare sottosviluppo impedendo investimenti e occupazione.
- il rapporto di causa ed effetto fra evasione fiscale e deficit pubblico con le sue conseguenze (per es. disservizi pubblici). Il soggetto conservatore di fronte alla proposta di accrescere i controlli fiscali dice che ci vuole "ben altro", e cioè: spendere meglio i fondi pubblici, controllare gli adempimenti dei pubblici dipendenti, il che indurrà il contribuente a non evadere; viceversa il socialitario di fronte ai richiami all'efficienza risponde che ci vuole "ben altro", e cioè aumentare attraverso il controllo fiscale le entrate pubbliche il che permetterà di accrescere gli standard di efficienza della gestione pubblica.
Eckhard Römer, Italienische Mediensprache. Handbuch / Glossario del linguaggio dei mass Media: Italiano - Tedesco, 2ª ed., Berlino, Walter de Gruyter, 2009, p. 530. ISBN 9783899496451
allorismo, su treccani.it. URL consultato il 5 novembre 2023.
Riformismo e programmazione: "Meridiana" incontra Giorgio Ruffolo, in Meridiana: rivista di storia e scienze sociali. N. 50 51, 2004, p. 221 (Roma: Viella, 2004): "Il vero guaio non era la programmazione, ma una certa mentalità della sinistra. Quella mentalità che Luciano Cafagna e io chiamavamo «benaltrismo»: quando si faceva una proposta c’era sempre qualcuno a sinistra che diceva «Ben altro occorrerebbe. Bisogna andare al fondamento, ai rapporti di forza» e a tutte quelle astrattezze che poi non si mangiano, non si bevono, ma hanno molto successo. E allora avevano molto successo. Ma poi, all’interno della stessa sinistra, si fece strada una certa ripugnanza per queste astrazioni e alcuni balzarono a destra proprio per il rifiuto di questa prosa astratta – i rapporti di forza, la marcia del sistema, le multinazionali. Il parlare per metafore è stato un bel guaio per la cultura e per l’incultura della sinistra."