Battaglia di Montecarotto
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La battaglia di Montecarotto appartiene alla fase conclusiva della lotta di liberazione della provincia di Ancona nel corso della seconda guerra mondiale. Lo scontro vide i patrioti della Brigata Maiella insieme a un distaccamento del Secondo Corpo d'armata polacco (polacco: Drugi Korpus Wojska Polskiego) affrontare l'esercito tedesco, quest'ultimo deciso a stringere in una morsa micidiale la formazione abruzzese. La resistenza della Brigata Maiella iniziò il 24 luglio 1944 e si concluse vittoriosamente il 4 agosto. Sotto il comando polacco operavano infatti anche truppe del Corpo Italiano di Liberazione (CIL), comandato dal gen. Umberto Utili e i "Patrioti della Maiella", guidati dal vice comandante Domenico Troilo.
Battaglia di Montecarotto parte della seconda guerra mondiale | |||
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Data | 24 luglio - 4 agosto 1944 | ||
Luogo | Montecarotto | ||
Esito | Vittoria Alleata | ||
Schieramenti | |||
Comandanti | |||
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Fase preliminare della battaglia avvenne nella notte del 25 luglio con l'abbattimento del ponte del "Filetto" da parte dei tedeschi, per ostacolare l'avanzata delle truppe del CIL, pronte a convergere le proprie forze su Montecarotto dopo la liberazione di Filottrano e Jesi. Il ritiro dei tedeschi da Montecarotto aveva facilitato la penetrazione del fronte alleato, desideroso di strappare al nemico il colle dell'ospedale, utile punto di osservazione a guardia della vallata del Misa. L'offensiva principale iniziò il 27 luglio[1].
La ritirata da Montecarotto della Wehrmacht puntava a fare avanzare gli abruzzesi, attratti dalla posizione strategica del colle più alto della cittadina necessaria al controllo militare del fronte Sud, lungo la Valle del fiume Esino, già liberata, e quello settentrionale, lungo la Valle del fiume Misa, ancora in mano tedesca. Lo schieramento alleato avrebbe tratto vantaggi offensivi per nulla marginali occupando il colle dell'ospedale, la parte più alta di Montecarotto. Tuttavia fu proprio il nuovo posizionamento dei patrioti a innescare la trappola tedesca, caratterizzata da un accerchiamento militare del caposaldo che avrebbe costretto gli occupanti abruzzesi alla resa in mancanza degli aiuti alleati. Il grosso dello schieramento della Wehrmacht si era attestato sulla sponda settentrionale del Misa, da dove poter effettuare delle puntate offensive in direzione di Montecarotto.
Il 23 luglio due plotoni della Maiella lasciarono Cupramontana (che avevano liberato con un’azione a sorpresa), per occupare il territorio compreso tra Poggio San Marcello, Maiolati Spontini e Castelplanio. Il giorno seguente il sergente Giuseppe Bianchi di Vestone del IV plotone saggiò la forza di fuoco dei tedeschi a Poggio San Marcello. Nello scontro perse la vita il giovane Renzo Sciore di Villalago. Il 26 luglio Bianchi decise di raggiungere Montecarotto, insieme al plotone guidato dal tenente Jovacini[2], avendo constatato il ritiro dei tedeschi nella notte precedente.
L'avanzamento si rivelò vertice di cuneo dello schieramento alleato e il primo osservatorio venne stabilito sul campanile dell'ospedale. Giunsero presto gli altri patrioti del IV plotone guidati da Domenico Troilo che assunse il comando delle operazioni. L'intera collina venne presidiata da squadre di patrioti, con appostamenti nei punti più strategici. Già dalla prima notte iniziarono i primi scambi di fuoco con i tedeschi, utili a saggiare l'urto offensivo del nemico.
Il 27 luglio un grande silenziò piombò su Montecarotto, mentre diversi civili cercarono rifugio nella Vallesina, già liberata dagli eserciti alleati. La prima esplorazione verso la contrada San Paterniano non ebbe fortuna. Nello scontro a fuoco cadde Amleto Contucci di Sulmona. Nonostante le ferite, Bianchi raggiunse l'ospedale ma le cure dei medici non riuscirono a strapparlo dalla morte. L'entità della battaglia crebbe in quelle ore concitate.
La scaramuccia aveva infatti galvanizzato i reparti tedeschi che si diressero alla riconquista di Montecarotto, protetti da una spietata copertura di fuoco. Gli ufficiali inglesi “Lamb” (un nome di copertura in quanto probabile militare dei servizi segreti britannici) e Lesley Filliter incoraggiarono gli assediati a non arrendersi. Giunse in soccorso della resistenza il XIII plotone di stanza a Poggio San Marcello ma durante la trasferta cadde la guida Tarcisio Tassi, mentre il resto del plotone dovette fare marcia indietro, tranne sette uomini che riuscirono comunque a raggiungere l'ospedale gettandosi nella mischia tedesca.
La resistenza del IV plotone riuscì a respingere l'assalto nemico, che tentò di occupare la postazione degli assediati per tutta la notte con attacchi da Ovest, da Nord e da Est[3]. La rabbia tedesca per l'insuccesso si tramutò in un fuoco di artiglieria che durò dall'alba al tramonto del 28 luglio. Il comando dell'ospedale restava in mano a Troilo e Lamb, questi incaricato a fare la spola con le retrovie. Nel pomeriggio giunse a Montecarotto l'VIII plotone Maiella, chiamato a fortificare la zona del cimitero, più esposta all'avanzata tedesca.
Nelle prime ore della sera alcuni tedeschi riuscirono a entrare dalla porta principale dell'ospedale, lasciata aperta forse incautamente o, più probabilmente, di proposito da alcuni civili. Ne sorse uno scontro a fuoco, quasi subito vinto dai patrioti della Maiella. Le raffiche di mitra ripresero violentissime, con i due plotoni abruzzesi in grado di tener testa alla fanteria tedesca. Il paese venne martoriato quasi ininterrottamente. Si iniziò a temere la presenza in paese di soldati della Wehrmacht, forse aiutati dai fascisti del posto. Per tale motivo, il tenente colonnello polacco Wilhelm Lewicki ordinò il rastrellamento del luogo in cerca di eventuali sacche del collaborazionismo tedesco. Scelta che provocò nella popolazione un atteggiamento non ostile verso gli Alleati.
Il 29 luglio, dopo una breve tregua, i tedeschi ripresero l'assedio rovesciando sul paese una pioggia di fuoco che durò tutto il giorno. Non mancarono morti anche tra i civili. La resistenza iniziò a valutare l'impossibilità di affrontare un nuovo assalto a oltranza senza rinforzi e rifornimenti, ormai indispensabili. Già dalla mattina del 28 luglio era arrivato il tenente colonnello polacco Czarnecki[4], ufficiale di collegamento inviato dal comando del Secondo Corpo Polacco, pronto a misurarsi con l'assalto nemico nella notte, coadiuvato dai repubblichini che invitavano i patrioti alla resa. L'attacco divenne il più terribile di tutti i precedenti ma nonostante il dispiego di forze, dieci volte superiore agli assediati, i tedeschi non riuscirono a piegare la resistenza. Il 30 sopraggiunsero cinque compagnie della 184ª Divisione paracadutisti "Nembo" — fino ad allora impegnati in furiosi combattimenti a Est di Montecarotto —, in sostituzione del IV, l'VIII e il XIII Maiella. La difesa di Montecarotto passò alla Nembo.
Sopravvissuti all’assedio, i plotoni della Maiella puntarono alla liberazione di Arcevia dove insistevano due batterie dell'artiglieria tedesca. La scelta di Domenico Troilo di sfuggire alla morsa nemica e di ampliare l'area dello scontro aprì il secondo scenario della battaglia. I tedeschi continuarono a rovesciare sul centro abitato le ultime batterie. I militari italiani rimasero a presidio della cittadina fino al 4 agosto, quando fu chiaro che nessun pericolo avrebbe più minacciato il territorio. Approfittando del varco, Montecarotto venne invaso dalle divisioni dell'VIII armata britannica e dalla Seconda brigata del CIL, in marcia verso il fronte settentrionale della regione in vista dello sfondamento della Linea Gotica. Il 5 agosto gli ultimi reparti della Wehrmacht oltrepassavano il Cesano, il confine naturale a Nord della provincia di Ancona.
Con la conquista di Montecarotto gli Alleati (e con essi il Secondo Corpo Polacco) puntarono allo sfondamento della Linea Gotica, consapevoli di poter battere un nemico sempre più in difficoltà nella ritirata verso il nord della penisola. Se la postazione fosse caduta in mano tedesca si sarebbe registrato un brusco ripiegamento delle formazioni alleate dell'VIII Armata. Si contarono circa quaranta soldati tedeschi caduti nella battaglia. Otto furono le perdite italiane: Domenico Staffolani, Anna Maria e Luigi Latieri di Montecarotto e Assunta Bozzi di Poggio San Marcello, oltre ai già citati Contucci, Bianchi e Tassi. A questi va aggiunta la morte accidentale del bambino Noè Carbini, colpito da una scheggia di mortaio. Il combattimento ebbe una risonanza nazionale: ne parlarono radio e giornali. Il rapporto della 209ª Divisione italiana sottolineò il gesto eroico dei patrioti della Maiella:
«La Banda patrioti della Maiella ha partecipato alla vittoriosa avanzata delle forze armate alleate della linea invernale al fiume Esino. Nel mese di luglio la Banda si è spostata a Montecarotto dove, nei giorni 25-26 e 27 luglio, ha subito un duro attacco nemico al quale la Banda ha valorosamente tenuto testa con le sole armi leggere di cui dispone. Successivamente, in data 29 luglio, ha proseguito la sua avanzata in direzione nord-ovest, occupando il 4 [agosto] corrente Arcevia. Nel mese di giugno e luglio la Banda ha subito le seguenti perdite: caduti 7, prigionieri 1, feriti 24»[5].
Il 30 luglio 2004 l'amministrazione comunale ha inaugurato in pieno centro storico il "Giardino della Liberazione", a sessant'anni esatti dalla conclusione della battaglia e il 25 aprile 2005 Domenico Troilo è stato insignito della cittadinanza onoraria di Montecarotto[6].
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