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Balto
cane da slitta Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Balto (Nome, 9 luglio 1919 - Cleveland, 14 marzo 1933) è stato un cane da slitta di razza husky, appartenente al norvegese Leonhard Seppala. Nel 1925, durante l'attacco di difterite che colpì la città di Nome, in Alaska, Balto trainò la slitta che trasportava l'antitossina nell'ultimo tratto del percorso per portarla in città e salvare gli abitanti colpiti dalla malattia. Dal 1973 si disputa una corsa chiamata Idìtarod (che si svolge regolarmente ogni anno ad aprile) per celebrare questa spedizione.
(inglese)
«Dedicated to the indomitable spirit of the sled dogs that relayed antitoxin sixhundred miles over rough ice, across treacherous waters, through arctic blizzards from Nenana to the relief of stricken Nome in the winter of 1925. Endurance -- Fidelity -- Intelligence"»
(italiano)
«Dedicata all'indomabile spirito dei cani da slitta che trasportarono, per seicento miglia sul ghiaccio accidentato, attraverso acque pericolose e tormente artiche l'antitossina da Nenana in soccorso dei malati di Nome nell'inverno del 1925. "Resistenza -- Fedeltà -- Intelligenza"»
«Dedicata all'indomabile spirito dei cani da slitta che trasportarono, per seicento miglia sul ghiaccio accidentato, attraverso acque pericolose e tormente artiche l'antitossina da Nenana in soccorso dei malati di Nome nell'inverno del 1925. "Resistenza -- Fedeltà -- Intelligenza"»

Pur essendo stato oggetto di numerose rappresentazioni culturali e omaggi, incluso il film d'animazione omonimo del 1995[1], diretto da Simon Wells e prodotto da Steven Spielberg e la trasposizione cinematografica che riprende le sue vicende in Balto e Togo - La leggenda, il ruolo di Balto nella corsa del siero rimane controverso, poiché la copertura mediatica contemporanea si concentrò quasi esclusivamente su di lui, trascurando gli sforzi degli altri mushers e dei cani partecipanti, in particolare Seppala e il suo cane guida Togo e solo più recentemente è stata sottoposta a rivalutazioni storiche.
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Storia
Riepilogo
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Primi anni
Poco si sa dei primi anni di Balto. Nacque nel 1919 a Nome, in Alaska, presso il canile di Leonhard Seppala, allevatore norvegese di cani da slitta, musher e corridore. Il suo nome è un omaggio a Samuel Balto, un Sami che prese parte all'esplorazione della Groenlandia da parte di Fridtjof Nansen nel 1888 e che Seppala ammirava. Con una pelliccia prevalentemente nera, Balto aveva una corporatura piccola e tozza, caratteristica di un husky siberiano.
Credendo che Balto fosse di “seconda categoria” e che non avesse molto potenziale, Seppala lo castrò all’età di sei mesi. Nelle sue memorie, il musher raccontò di aver dato a Balto tutte le possibilità di far parte della sua squadra principale di cani da slitta, ma che il cane “non riuscì a qualificarsi”. Di conseguenza, Balto venne relegato a trasportare merci in una ferrovia in disuso, trasportando carichi di grandi dimensioni per brevi tragitti. Gunnar Kaasen, musher norvegese e caro amico di famiglia di Seppala, conobbe Balto durante il suo lavoro presso la compagnia mineraria di quest’ultimo. Kaasen era convinto che Seppala avesse sottovalutato il potenziale di Balto e che la sua bassa statura potesse in realtà conferirgli maggiore forza e stabilità.
Lo scoppio dell'epidemia
Il 19 gennaio 1925, a Nome, in Alaska, era scoppiata una violenta epidemia di difterite, senza che ci fosse l'antitossina necessaria per curare tutti i nuovi casi (la scorta, datata 1918, era finita l'estate precedente e la richiesta di nuove unità non arrivò a Juneau a causa della chiusura del porto per ghiaccio). Il primo caso di difterite si ebbe con un bambino inuit di due anni, a Holy Cross; il dottor Curtis Welch (il medico locale, assistito da quattro infermiere) diagnosticò una tonsillite, perché nessuno dei familiari aveva sintomi della difterite. Il bambino morì la mattina seguente e da lì molti altri casi di "tonsillite" si verificarono; il fatto che la madre del primo bambino malato non avesse autorizzato l'autopsia rese l'epidemia ancora più grave.
Il primo caso ufficiale di difterite si ebbe il 20 gennaio con Bill Barnett. Il giorno dopo si ammalò anche una bambina di 7 anni (Bessie Stanley), che morì il giorno successivo, e così via. A questo punto, grazie a un consiglio di emergenza convocato da Welch, Nome fu messa in quarantena e fu ordinato urgentemente un milione di unità di antitossina. La scorta più vicina (trecentomila unità, che pesavano in tutto circa nove chili) si trovava ad Anchorage, che distava più di 1700 chilometri e non era direttamente collegata a Nome, ma una ferrovia arrivava solo fino a Nenana, a quasi mille chilometri da Nome. Il maltempo non permetteva agli aerei di alzarsi in volo e gli iceberg non permettevano alle navi di attraccare.
La corsa del siero
Per risolvere il problema si scelse di usare il metodo che da sempre era utilizzato per trasportare la posta: i cani da slitta. Venne così organizzata una staffetta di venti mute di cani da slitta che si assunsero il compito di trasportare l'antitossina da Nenana a Nome, distanti 600 miglia: partì un certo Edgar Bill Shannon, che fece 52 miglia fino a Tolovana, dove una squadra fresca comandata da Edgar Kalland prese l'antitossina e la portò fino a Manley, che percorse 31 miglia; toccò poi a Green con 28 miglia fino al lago Fish, dove trovò Johnny Folger che fece altri 26 miglia fino a raggiungere Sam Joseph che incontrò Titus Nikotai dopo 34 miglia. Nikotai fece 24 miglia, poi Dave Corning con 30 miglia, poi Hewnry Pitka sempre con 30, McCarty 28, Edgar Noller 24, George Noller (il fratello) 30, Tommy Patsy 36, il nativo americano Koyokuk 40, Victor Anagick 34, Myles Gonagnan 40.

Fu poi il turno di Leonhard Seppala, il guidatore più abile dell'Alaska, che con il suo cane Togo (leader di Seppala da ben sette anni), il più veloce della zona, fece 91 miglia da solo (circa 145 km), anche se ne avrebbe dovuto fare molte di più, se non avesse tagliato attraverso la pianura Norton, dove il ghiaccio era particolarmente sottile. Continuò Charlie Olson, con 25 miglia, e poi fu la volta di Gunnar Kaasen, che trasportò l'antitossina per le restanti 53 miglia con l'altro cane di Leonhard Seppala, Balto. La capacità di Balto di trainare carichi pesanti permise alla squadra di avanzare con sicurezza durante la tempesta; in un’occasione, Balto si fermò davanti a un tratto di ghiaccio sul un fiume che si ruppe sotto di lui, salvando la vita a Kaasen e a tutta la squadra.
Nonostante l’esposizione al freddo e la stanchezza, Kaasen e Balto percorsero le restanti 25 miglia (40 km) fino a Nome, arrivando il 2 febbraio 1925 alle 05:30 del mattino. Tutte le 300.000 dosi di antitossina, pur congelate, erano intatte. Il siero aveva percorso 674 miglia in circa 127 ore e mezza (poco più di cinque giorni) a una temperatura media di 40 gradi sotto zero, mentre i corrieri ordinari avrebbero impiegato circa 25 giorni per coprire la stessa distanza. Seppala raggiunse Nome due giorni più tardi e lodò Kaasen per aver continuato la corsa nonostante le condizioni di bufere di neve.
Dopo la corsa

Balto, essendo il cane che completò la corsa a Nome, divenne così famoso e onorato con un cortometraggio girato nello stesso anno (Balto's race to Nome, 1925, 30' circa). Balto e Kaasen fecero un giro negli Stati Uniti d'America, dove furono elogiati da tutti. La celebrazione raggiunse l'apice con una statua di Balto, scolpita da Frederick Roth (noto scultore di animali dell'epoca), che fu eretta a Central Park di New York il 17 dicembre 1925, dieci mesi dopo l’arrivo del cane a Nome. Balto posò personalmente per lo scultore Roth e fu presente alla cerimonia di inaugurazione del monumento.
Seppala si disse “sorpreso e molto divertito” dalla fama raggiunta da Balto e Kaasen, ma allo stesso tempo rimase deluso dal fatto che tale celebrità avesse oscurato il suo cane Togo, che aveva affrontato il tratto più lungo e pericoloso della corsa del siero. Il musher riuscì ad ottenere un riconoscimento ufficiale, anche grazie anche all'amico Roald Amundsen, famoso esploratore artico.
Nel 1926, Seppala intraprese un tour nazionale con Togo e la sua squadra (lo stesso giro fatto da Kaasen), che includeva anche una esibizione al Madison Square Garden, convinto che Togo fosse stato privato della notorietà e del riconoscimento che meritava. Ecco una parte dal diario di Leonard Seppala, che esprime così il suo disappunto nei confronti del suo cane Balto, diventato famoso:
«... Erano diventati eroi mentre tranquillamente continuavano il loro cammino, completamente ignari di occupare i titoli sulla stampa. L'ultimo team portò il siero a Nome alle sei del 2 febbraio del '25. Era gelato, come io avevo supposto, ma il medico responsabile a Washington ci disse di usarlo egualmente. Ma la cosa che più mi disturbava era che il record di Togo fu assegnato a Balto, un cane poco valido, che fu portato alla ribalta e reso immortale. Era più di quanto potessi sopportare quando Balto, il cane della stampa, ricevette per la sua "gloriosa impresa" una statua che lo raffigurava con i colori di Togo e con l'affermazione che lui aveva portato Amundsen a Point Barrow e per una parte del percorso verso il polo, mentre non si era mai allontanato per più di duecento miglia a Nord di Nome! Avendogli attribuito i record di Togo, Balto si affermò come "il più grande leader da corsa d'Alaska" anche se non aveva mai fatto parte di un team vincente! Lo so perché io ero il padrone ed avevo cresciuto sia Balto che Togo. La "corsa del siero" fu l'ultima corsa a lunga distanza di Togo...»
Nel frattempo, Kaasen vendette Balto e la sua muta — Alaska Slim, Fox, Tillie, Sye, Billie e Old Moctoc — a Sam Houston, proprietario di un circo itinerante. Le circostanze esatte della vendita non sono chiare: alcuni resoconti, tra cui quello dello stesso Houston, sostengono che Kaasen vendette i cani dopo essersi stancato dei continui viaggi e tornò in Alaska. Balto e la sua muta continuarono a esibirsi per gran parte del 1926 sotto la proprietà di Houston, che li fece partecipare a spettacoli circensi e teatrali. Nei primi mesi del 1927, però, emersero notizie inquietanti: i cani vivevano in una stanza in misere condizioni, tenuti incatenati a una slitta, malnutriti e con le costole visibili. Un giornalista dell’Oakland Tribune descrisse Balto e i suoi compagni come “il gruppo di malamute più triste e sconsolato mai visto”.
Durante un viaggio a Los Angeles, George Kimble, un commerciante di Cleveland, visitò Balto e i suoi compagni, e, indignato per le loro condizioni, tentò di acquistarli da Houston. Quest’ultimo accettò di venderli, ma chiese 2.000 dollari, una somma troppo alta per Kimble. Determinato a salvarli, Kimble organizzò una raccolta di beneficenza attraverso la radio, con la promessa che i cani avrebbero trovato casa permanente allo Zoo di Brookside. In meno di due settimane, la somma necessaria fu raggiunta, permettendo così il salvataggio di Balto e del suo team.
Dopo un viaggio da Los Angeles a Cleveland, il 19 marzo 1927 si tenne una grande parata che la città proclamò ufficialmente come “Balto Day”. Nonostante la pioggia, si stima che quel giorno lo zoo abbia accolto 15.000 persone. La muta di husky trainava una slitta modificata con ruote di ferro, per poter scorrere meglio sui ciottoli. Dopo la parata, i cani furono trasferiti nella loro nuova dimora permanente allo zoo. Tuttavia, ben presto si sollevarono critiche riguardo le condizioni dell’alloggio dei cani e sul loro benessere. Un visitatore ricordò di aver visto Balto in una giornata torrida, legato a un albero con davanti una ciotola contenente solo poche gocce d’acqua. Nonostante queste critiche, le condizioni allo zoo erano generalmente considerate buone. Il personale curava spesso i cani per evitare pulci, le loro cucce erano riscaldate e disponevano di una doccia per la pulizia serale. La loro dieta comprendeva carne al mattino e biscotti la sera.
Nel 1930 fu costruito un nuovo recinto, dotato di una targa in bronzo recante i nomi dei sette cani del team, concepito come monumento commemorativo e luogo di omaggio per tutti gli amanti degli animali di Cleveland. Balto e la sua muta trascorsero il resto della loro vita allo zoo; tra il 1930 e il 1933 morirono cinque membri della squadra, lasciando soltanto Balto e Sye ancora in vita.
La morte
Balto morì il 14 marzo 1933, all’età di 14 anni. Quattro giorni prima, i giornali avevano riferito il suo rapido peggioramento: era cieco, sordo e soffriva di paralisi e mobilità ridotta. A causa della vecchiaia, i veterinari della città e lo staff dello zoo stimarono che non avrebbe superato la settimana. La morte fu attribuita a un ingrossamento del cuore e della vescica.
Il giorno successivo, il Museo di Storia Naturale a Cleveland accettò di esporre Balto in forma tassidermica. L’imbalsamazione costò 50 dollari (circa 1.200 dollari del 2025), somma raccolta attraverso una nuova campagna pubblica. Il processo prevedeva l’applicazione della pelle e del manto di Balto su una sagoma a grandezza naturale, completata nel maggio successivo. Sye, l’ultimo dei sette cani rimasti, fu profondamente colpito dalla morte di Balto: ululava, si lamentava e rifiutava il cibo. Morirà il 25 marzo 1934, un anno dopo il suo capo muta.
Il corpo di Balto si trova tutt'oggi nel Museo di Storia Naturale a Cleveland[2]; il corpo imbalsamato di Togo è invece nel Museo di Storia Naturale di Wasilla in Alaska.
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In altri media
Film
- Balto (1995)
- Balto - Il mistero del lupo (2002)
- Balto - Sulle ali dell'avventura (2004)
- Balto e Togo - La leggenda (2019)
- Togo - Una grande amicizia (2020)
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