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film del 2003 diretto da Salvatore Mereu Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Ballo a tre passi è un film del 2003 scritto e diretto da Salvatore Mereu, all'esordio nella regia di un lungometraggio.
Ballo a tre passi | |
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Titolo originale | Ballo a tre passi |
Paese di produzione | Italia |
Anno | 2003 |
Durata | 107 min |
Genere | drammatico |
Regia | Salvatore Mereu |
Sceneggiatura | Salvatore Mereu |
Produttore | Gianluca Arcopinto, Andrea Occhipinti |
Produttore esecutivo | Giancarlo Cianca |
Casa di produzione | Eyescreen |
Fotografia | Renato Berta, Tommaso Borgstrom, Paolo Bravi, Nicolas Franick |
Montaggio | Paola Freddi |
Effetti speciali | Fabio Unger |
Musiche | Gian Paolo Mele Corriga |
Scenografia | Giada Calabria |
Costumi | Valentina Scalia, Stefania Grilli, Silvia Nebiolo |
Interpreti e personaggi | |
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È stato presentato con successo alla Settimana internazionale della critica della 60ª Mostra del cinema di Venezia, dove è stato premiato come miglior film della sezione.
Con questa sua opera prima Mereu ha conquistato il David di Donatello per il miglior regista esordiente, il Ciak d'oro ed è stato candidato all'analogo Nastro d'argento.
Il titolo si riferisce ad una tipica danza sarda (passu e' trese).[1]
Il film è articolato in quattro episodi che raccontano quattro giornate che rappresentano le stagioni dell'anno ma anche le età della vita: Primavera / Infanzia, Estate / Giovinezza, Autunno / Maturità, Inverno / Vecchiaia.
Il nucleo originario del film è costituito dal primo episodio, che nasce da un'inchiesta condotta per l'Istituto superiore regionale etnografico, incontrando dei ragazzini del paese di Desulo, nella regione montana del Gennargentu, e accompagnandoli nel viaggio alla scoperta del mare. Le altre tre storie sono state sviluppate successivamente.[1]
A parte la francese Caroline Ducey e l'israeliana Yael Abecassis, il cast è composto da non professionisti.[1]
La colonna sonora di Gian Paolo Mele Corriga è stata interpretata ed eseguita dal Coro di Nuoro.[2]
Il film è uscito nelle sale italiane il 19 settembre 2003.[3]
Il Dizionario Mereghetti giudica positivamente la capacità di «cogliere la realtà con bella spontaneità [...] di creare immagini e di dirigere gli attori»[4] dell'esordiente Mereu, ma critica «alcuni snodi narrativi [...] facili e prevedibili» e in particolare il «finale surreal-poetico con evidenti echi felliniani».[4]
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