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L'arcidiocesi di Bosra (in latino Archidioecesis Bostrena) è una sede soppressa e sede titolare della Chiesa cattolica.
Bosra Sede arcivescovile titolare Archidioecesis Bostrena Patriarcato di Antiochia | |
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Resti di una chiesa a tre navate a Bosra | |
Arcivescovo titolare | sede vacante |
Istituita | XVIII secolo |
Stato | Siria |
Arcidiocesi soppressa di Bosra | |
Diocesi suffraganee | Gerasa, Filadelfia, Adraa, Medaba, Esbo, Damunda o Dalmunda, Zorava, Erra, Neve, Alamusa, Eutime, Costanza, Parembole, Dionisiade, Canota, Massimianopoli, Filippopoli, Crisopoli, Neila, Dorea o Lorea |
Eretta | III secolo |
Soppressa | VIII secolo |
Dati dall'annuario pontificio | |
Sedi titolari cattoliche | |
Bosra o Bostra, nel sud dell'odierna Siria, è l'antica sede metropolitana della provincia romana d'Arabia nella diocesi civile d'Oriente e nel patriarcato di Antiochia.
Primo vescovo conosciuto è Berillo, che visse all'epoca dell'imperatore Caracalla (secondo decennio del III secolo), indice di una precocità della presenza cristiana nella città. Berillo, come riporta Eusebio di Cesarea, era un adozionista e, a dire dello storico, era vescovo degli arabi dei dintorni di Bosra: questa affermazione lascia supporre che a quel tempo il cristianesimo fosse diffuso non solo tra i greci della città, ma anche tra le tribù arabe del deserto circostante. Due sinodi furono celebrati a Bosra fra il 246 e il 247 per condannare Berillo.
L'imperatore Giustiniano (VI secolo), con l'avallo di papa Vigilio, sottrasse la metropolia di Bosra e le sue suffraganee dal patriarcato di Antiochia e le unì al patriarcato di Gerusalemme. Lo stesso imperatore fece erigere una cattedrale terminata nel 511/512. Tuttavia, l'incorporazione al patriarcato di Gerusalemme non durò a lungo e la provincia di Bosra ritornò alla Chiesa madre di Antiochia.
Nella Notitia antiochena, attribuita al patriarca Anastasio I nella seconda metà del VI secolo, Bosra occupa il 6º posto fra le metropolie del patriarcato di Antiochia, con 19 o 20 diocesi suffraganee:[1] Gerasa, Filadelfia, Adraa, Medaba, Esbo, Damunda o Dalmunda[2], Zorava, Erra[3], Neve, Alamusa[4], Eutime, Costanza[5], Parembole[6], Dionisiade, Canota, Massimianopoli, Filippopoli, Crisopoli, Neila[7], Dorea o Lorea[8].
La Notitia antiochena inoltre sembra essere incompleta. Infatti gli atti dei concili ecumenici dimostrano che appartenevano alla provincia di Arabia e dunque erano suffraganee di Bosra anche le sedi di Neapoli e di Fena. Infine, le ricerche archeologiche e le scoperte epigrafiche hanno portato alla luce nomi di vescovi in località ignote alla Notitia, ma che appartenevano indubbiamente alla provincia ecclesiastica di Bosra: e cioè le sedi di Bosana e di Bacata.
Quando la città cadde nelle mani degli Arabi (prima metà del VII secolo), il cristianesimo sopravvisse forse come chiesa monofisita: Chabot infatti attribuirebbe a Bosra la lista di otto vescovi monofisiti (dal 783 al 956) menzionati da Michele il Siro come vescovi di Arabia.[9]
Dal XVIII secolo Bosra è annoverata tra le sedi arcivescovili titolari della Chiesa cattolica; la sede è vacante dal 27 febbraio 1975.[10]
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