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tipografo italiano (1450-1510) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Antonio Zarotto[1] (Parma, 1450 – Milano, 14 luglio 1510) è stato un tipografo italiano, pioniere dell'arte tipografica a Milano.
Nacque nel quartiere di porta Santa Croce, nell'Oltretorrente, da famiglia benestante, che annoverava tre notai fra i suoi membri. Si ritiene che prima di trasferirsi a Milano nel 1470 si sia esercitato in lavori di tipografia in botteghe locali. I suoi primi lavori a Milano furono la stampa del De significatione verborum di Pompeo Festo (3 agosto 1471) e della Cosmographia di Pomponio Mela (25 settembre 1471).
Verso la fine del 1471 fu assunto nella stamperia di Panfilo Castaldi, diventando suo proto. Il 20 agosto 1472 strinse società col sacerdote Gabriele Orsoni, col maestro di retorica Cola Montano, col professore di eloquenza Gabriele Paveri Fontana e con Pier Antonio Castiglioni. Nell'atto costitutivo è indicato lo scopo della società: stampare libri «in iure civili et in medicina et in iure canonico». Il 4 giugno i firmatari accettarono nella società Nicola Castiglione, fratello di Pier Antonio.
Lo Zarotto fu tra i primi in Italia a stampare con caratteri greci e a corredare libri liturgici con note musicali, come nel «Missale Ambrosianum» del 1475, riconosciuto anteriore al «Missale Romanum», edito a Roma nello stesso anno.
Se il merito di aver introdotto la stampa a Milano spetta al Castaldi, furono Filippo Cavagni [2] e Antonio Zarotto a farle superare la fase pionieristica, consentendo a Christoph Valdarfer, Leonhard Pachel e Ulrich Scinzenzeler e nel secolo successivo a Giovanni Angelo Scinzenzeler di far progredire ulteriormente l'arte tipografica a Milano.
Tra le opere più famose stampate dalla sua officina da citare: Opera et catalecta di Virgilio (1472), il Decamerone (1476), la Vita di Francesco Sforza di Cicco Simonetta (1479), L'Acerba di Cecco d'Ascoli (1484) e il Canzoniere del Petrarca (1494), la Vita del glorioso S. Hieronymo (1490). Nel 1481 Zarotto riuscì ad avere, previa censura del testo per renderlo conforme alla politica di Ludovico il Moro, una privativa di sei anni per la stampa Rerum gestarum Francisci Sfortiae commentarii di Giovanni Simonetta. Il De Marinis gli attribuisce non meno di 176 opere. È considerato uno dei migliori stampatori del suo tempo. Il bibliofilo e petrarchista Antonio Marsand, ricordando l'edizione del Decamerone del 1476, dice: «Il carattere è nitido e bello, come lo è costantemente in tutte le produzioni dello Zarotto».
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