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frate, politico e scrittore albanese Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Anton Harapi (Shiroka, 5 gennaio 1888 – Tirana, 20 febbraio 1946) è stato un religioso, politico e scrittore albanese. Apparteneva all'Ordine francescano della Chiesa cattolica, e fu un collaboratore delle potenze dell'Asse durante la seconda guerra mondiale.[senza fonte]
Anton Harapi nacque il 5 gennaio 1888 a Shiroka; studiò, invece, a Scutari. Frequentò inoltre la scuola di secondo grado presso le scuole monastiche francescane di Merano e Hall in Tirol. Studiò anche teologia a Roma.[1] Anton Harapi promosse e rispettò le diversità religiose dell'Albania, poiché la religione non era mai stata fonte di divisione e si vedevano come un'unica "fratellanza di sangue".[2]
Dal 1923 al 1931, insegnò al collegio francescano di Scutari, di cui fu anche direttore. Anton Harapi scrisse il libro intitolato Andrra e pretashit, tradotto come "Il sogno di Pretash". È basato su un sogno di Pretash Cuka Berishaj, un montanaro del villaggio di Priften nelle montagne di Gruda; Anton Harapi lavorò nelle vicinanze, nella chiesa Kisha Grudes, una delle chiese più antiche di tutti i Balcani. Anton Harapi era molto stimato per il suo patriottismo e la sua persuasività. Era stimato anche per la profondità e l'eloquenza dei suoi discorsi e per la sua erudizioni in argomenti filosofici.[3]
Dopo che il protettorato italiano in Albania fu ufficialmente sciolto, l'Albania fu dichiarata uno stato indipendente, noto come regno d'Albania (1943–44).[4] L'assemblea annunciò che l'Albania sarebbe stata governato da un governo di quattro persone, cioè un rappresentante per ciascuna della quattro comunità religiose albanesi. I cattolici albanesi erano rappresentati dal priore dei francescani di Scutari, padre Anton Harapi,[4] il quale mantenne i contatti sia con i kosovari che i partigiani albanesi. Dopo aver saputo della nomina, i partigiani cercarono senza successo di convincerlo a non accettare. Hermann Neubacher sembra abbia sviluppato un rapporto personale con Harapi, in parte perché Harapi aveva studiato nella scuola monastica di Merano e Hall in Tirol.[4]
La guida del consiglio era inizialmente prevista a rotazione, ma Anton Harapi affermava che come monaco cattolico non poteva accettare alcuna carica in cui sarebbe stato costretto ad applicare la pena di morte.[4]
Dopo che i partigiani dichiararono la vittoria a Tirana e i tedeschi cominciarono a ritirarsi, Hermann Neubacher consigliò ad Anton Harapi di lasciare il paese e mise a disposizione il suo aereo. Harapi lo ringraziò, ma gli disse che Dio lo aveva chiamato per essere dov'era e, se quello era il volere di Dio, sarebbe morto dove erano i suoi doveri pastorali.[1]
I comunisti, che lo cercavano dappertutto, irruppero nella sua casa, dove alloggiava, ma non riuscirono a trovarlo. Prima di partire, notarono dei denti finti in un bicchiere d'acqua e chiesero spiegazioni al padrone della casa. Quando cominciarono a maltrattare i padroni di casa, Harapi uscì fuori dal suo nascondiglio e si arrese.[1]
Il 14 febbraio 1946, padre Anton Harapi, insieme al membro del Consiglio di reggenza Lef Nosi e all'ex-Primo ministro Maliq Bey Bushati furono condannati a morte dal Tribunale militare di Tirana, perché accusati di essere traditori al servizio dell'Italia e della Germania.[5] La corte era presieduta dal giudice generale Irakli Bozo e l'accusa fu rappresentata da Misto Treska.[6][5] Il Tribunale militare chiese la loro esecuzione e la confisca dei loro beni in quanto collaboratori dell'Asse.[6] Di notte furono portati dalla loro cella al plotone di esecuzione e sparati. Furon seppelliti in una fossa senza nome in un'ignota località nella periferia di Tirana.[5]
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