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società metalmeccanica italiana (1853-1993) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Ansaldo era una società industriale, sorta a Sampierdarena (oggi quartiere di Genova) nel 1853 con la ragione sociale di Gio. Ansaldo & C. società in accomandita semplice. Nel 1993 confluì nel gruppo Finmeccanica (ora Leonardo).[1]
Ansaldo | |
---|---|
Stato | Italia |
Fondazione | 1853 a Sampierdarena |
Fondata da | |
Chiusura | 1993 (confluita in Finmeccanica) |
Sede principale | Genova |
Gruppo | Leonardo e Finmeccanica |
Settore | Metalmeccanica |
Prodotti | Siderurgia, Automotive, Ascensori, Metropolitane, Treni, Sottomarini, Navi, Componenti meccanici |
L'azienda nacque per interessamento del governo sabaudo, con lo scopo di sviluppare un'industria nazionale per la produzione di locomotive a vapore e materiale ferroviario, settore allora completamente dipendente da importazioni straniere. L'operazione fu fatta sulle macerie delle strutture della Taylor & Prandi, azienda meccanica fondata nel 1846, nata anch'essa grazie a finanziamenti dello stato piemontese: le condizioni finanziarie dettate dal governo furono tuttavia molto rigide e penalizzanti. A ciò peraltro non seguirono ordinazioni del governo adeguate a sostenere lo sviluppo dello stabilimento: la decisione di non intervenire a favore dell'economia locale rientrava nella più ampia politica liberista piemontese, al contrario invece di quanto accadeva in molti altri stati che favorivano con massicce ordinazioni le industrie nazionali. Queste ragioni, assieme ad una serie di divergenze dei due fondatori portarono alla chiusura dello stabilimento, che lasciò oltretutto un pesante debito verso lo stato[2].
Nel 1852 il ministro Cavour favorì la nascita di una solida compagine imprenditoriale genovese, composta dal banchiere Carlo Bombrini, dall'armatore Raffaele Rubattino e dal finanziere Giacomo Filippo Penco, alla quale promise commesse statali. La direzione fu affidata dai soci al giovane e brillante ingegnere meccanico Giovanni Ansaldo, docente dell'Università di Genova. Alla fondazione la compagnia aveva capitale sociale di 1 110 000 lire, di cui 300 000 sarebbero stati versati in contanti, mentre 810 000 erano rappresentati dalla valutazione di capannoni, terreni e attrezzature, corrispondenti peraltro con il debito della Taylor & Prandi con lo stato[3].
La Sampierdarena, prima locomotiva a vapore costruita nel regno di Sardegna e di progettazione interamente italiana, uscì dalle officine dell'Ansaldo nel 1854, per essere collaudata personalmente da Giovanni Ansaldo. Tra il 1854 e il 1860 le officine producono 18 locomotive, di cui 14 per le ferrovie dell'Italia settentrionale e 2 per quelle dell'Italia centrale[4] , aggiungendosi ai fornitori esteri coi quali riuscivano a gareggiare in mancanza di un regime protezionistico grazie a tempi di consegna leggermente più brevi ed un minor costo della manodopera[5]
Nel 1859 venne nominato direttore generale Luigi Orlando su suggerimento dello stesso Cavour[6]. Nel 1860 il gruppo Ansaldo inizia la sua attività cantieristica, facendo il salto di qualità in tale attività nel 1886 con l'acquisizione del cantiere Cadenaccio trasferendo a Sestri Ponente il suo stabilimento meccanico inaugurando la stagione della navi a vapore con gli scafi in ferro. Inserita nella struttura del cantiere Ansaldo c'era anche l'Officina Allestimento Navi, sorta nella zona ampliata del porto per una scelta industriale precisa, quella di varare gli scafi nudi per poi allestire le navi in banchina, con una scelta innovativa che sgomberava rapidamente gli scali che restavano così a disposizione delle nuove costruzioni.
Negli anni 1860-61 il numero del personale impiegato arriva a circa 1 000 persone[7]: all'esposizione industriale di Firenze del 1861 l'Ansaldo può mettere in mostra la macchina a vapore più potente dell'esposizione[5], mentre la qualità delle lavorazioni delle officine viene lodata da tutto l'ambiente tecnico italiano, in particolare dall'ingegnere Giuseppe Colombo, che però lamenta uno scarso impegno dello stato Sabaudo nel creare commesse per l'industria nazionale di entità sufficiente a farla accrescere[8].
Con l'unità d'Italia, l'Ansaldo vede ulteriormente aumentare la concorrenza nel settore ferroviario, già prima elevata per via delle politiche liberiste piemontesi: grazie ad un decreto del 1863 viene assegnato il monopolio della fornitura di materiale ferroviario delle ferrovie meridionali alle Officine di Pietrarsa, escludendo di fatto l'Ansaldo dal mercato dell'ex Regno delle Due Sicilie[9]. In quegli anni l'Ansaldo amplia il suo mercato, specializzandosi sotto la direzione di Luigi Orlando nella produzione bellica di cannoni e nella produzione di motori navali grazie alle ricerche di Eugenio Barsanti[5]. Nel 1871 cessò, tuttavia, la produzione di locomotive, dopo averne prodotte ottanta esemplari[10].
Tornata nelle mani[chi ne era stato il padrone nel periodo intermedio?] di Carlo Bombrini, l'azienda espande ulteriormente la produzione navale, un settore divenuto strategico. Furono aperti nuovi cantieri e nuovi stabilimenti a Sampierdarena, acciaierie, fonderie ed officine elettriche che partivano dalla sede originaria per giungere fino a Campi, Cornigliano e Sestri Ponente. In breve Ansaldo divenne un'industria con oltre 10 000 dipendenti ripartiti in sette stabilimenti.
Bombrini era anche (e soprattutto) il direttore della Banca Nazionale negli Stati Sardi. Perciò il fatto che la Banca Nazionale facesse prestiti all'Ansaldo configurava un conflitto d'interessi[11].
Nel 1902 il controllo dell'azienda passò a Ferdinando Maria Perrone[11] e l'attività cantieristica venne orientata alla produzione militare[12] e nel 1903 l'Ansaldo si accordò con la W. G. Armstrong Whitworth & C. Ltd., proprietaria dello stabilimento di artiglieria di Pozzuoli, dando vita alla Società Gio Ansaldo Armstrong & Co., un complesso industriale con una capacità di impiego di 16.000 operai. Perrone nel 1884 si era trasferito in Argentina dove si era affermato come imprenditore e aveva svolto il ruolo di rappresentante dell'Ansaldo, per la quale nel 1895 aveva venduto l'incrociatore corazzato "Garibaldi" alla Armada Argentina.
Nel 1904 Ferdinando Maria Perrone divenne proprietario dell'Ansaldo e, con i figli Mario e Pio, legò il nome Perrone alla storia della società. Durante il primo ventennio del XX secolo Ferdinando Maria lavorò per realizzare una completa autonomia produttiva per l'Ansaldo sia nel campo siderurgico, sia in quello degli armamenti, meccanico e marittimo, grazie ad una forte integrazione verticale e grazie alla congiuntura bellica. Gli stabilimenti salirono a dieci, con 17 000 dipendenti.
Nel 1912 l'accordo stipulato con la Armstrong venne sciolto e l'Ansaldo riassunse la precedente ragione sociale.
Tra le realizzazioni di quel periodo della cantieristica Ansaldo la costruzione di alcuni incrociatori corazzati della classe Garibaldi e della corazzata Giulio Cesare.
In questi anni l'Ansaldo si legò strettamente agli ambienti nazionalisti e irredentisti, e conseguentemente si avvicinò all'apparato militare, diplomatico e finanziario francese[13]. In particolare ricorreva massicciamente al finanziamento della Banca Italiana di Sconto[11], nella quale era rilevante il capitale francese[14].
Nel 1914 il capitale sociale è di 30 milioni di lire, nel 1918 arriva a 500 milioni di lire, grazie ai ricavi ottenuti dalla produzione del 46% di tutta l'artiglieria costruita in Italia durante la guerra, 3 000 aerei, 1 574 motori aeronautici, 96 navi da guerra, 200 000 t di naviglio mercantile e 10 milioni di munizioni. In questo momento l'Ansaldo era la più grande impresa italiana[11].
Nel 1918 l'Ansaldo arriva a impiegare 80 000 addetti, in decine di stabilimenti e società controllate tra le quali: A. Cerpelli & C., Banca Industriale Italiana, Cantieri Officine Savoia per motori diesel[15] di Cornigliano, Dinamite Nobel, Gio.Fossati & C., Lloyd Italico, Nazionale di Navigazione, Fabbrica Aeroplani Ing. O. Pomilio, Società Idroelettrica Negri, S.P.A., Transatlantica Italiana, S.A. Ansaldo.
Nel 1920 circa inizia il sodalizio con la ditta Berta Autotrasporti di Cornigliano, società che si rivelerà vitale per l'esistenza dell'Ansaldo, avendo trasportato forse la maggior parte dei prodotti provenienti e destinati a quest'ultima in qualsiasi parte d'Italia per quasi un secolo.
Dopo la disfatta di Caporetto, in cui l'esercito italiano aveva perso una parte importante delle proprie artiglierie, l'Ansaldo inviò immediatamente i cannoni disponibili sulla linea del Piave, prima ancora che vi arrivassero le truppe in ritirata, per organizzare la linea di resistenza[16]. L'episodio fu ampiamente utilizzato a scopo di propaganda aziendale[17].
La guerra aveva reso ancora più stretti i rapporti fra Ansaldo e Banca di Sconto, entrambe controllate dalla famiglia Perrone. La fine della guerra, intanto, aveva creato il problema della riconversione dell'industria bellica in industria di pace, riconversione che richiedeva notevoli capitali. Il Banco di Sconto non aveva tutti i capitali necessari, allora i Perrone tentarono la scalata alla Banca Commerciale Italiana. Tuttavia la COMIT resistette all'assalto e il tentativo di creare un complesso industrial-finanziario dei Perrone fallì nel 1920. Il crollo della Banca di Sconto nel dicembre 1921, dopo alcune operazioni disperate e poco limpide, lasciò l'Ansaldo senza finanziamenti e anch'essa in crisi. Il direttore della Banca d'Italia Bonaldo Stringher, sulla base dei documenti contabili della Banca di Sconto, pretese le dimissioni dei fratelli Pio e Mario Perrone anche dall'Ansaldo[11]. Nel 1921, con le dimissioni dall'Ansaldo, i Perrone cessarono ogni impegno in campo industriale continuando, soprattutto, nell'attività editoriale.
L'Ansaldo fu rilevata dal Consorzio Sovvenzioni, promosso dalla Banca d'Italia e poi trasformato in Istituto di Liquidazioni[11].
In seguito alla grande depressione del 1929 che penalizzò fortemente l'economia mondiale nella prima metà degli anni trenta e all'incapacità dell'azienda di riconvertire la propria produzione bellica a quella civile, l'Ansaldo non si poté sottrarre al fallimento nel 1932.[senza fonte]
L'azienda dopo la conclusione del primo conflitto mondiale aveva provato a produrre materiale ferroviario, aeroplani e persino automobili aprendo il suo mercato verso il Messico e la Polonia, paesi che sfortunatamente dopo pochi mesi precipitarono in una crisi di insolvenza e portarono in breve tempo al declino l'impresa italiana, coinvolgendo nel suo fallimento anche la Banca Italiana di Sconto (BIS).[senza fonte]
Nel 1933 l'Istituto di Liquidazioni fu assorbito dal neonato Istituto per la Ricostruzione Industriale[11] e così l'Ansaldo entrò nell'orbita dell'IRI, la cui gestione e riarmo permisero all'industria nuova vita e crescita.
La figura principale di questa rinascita e l'artefice della ridefinizione strutturale-organizzativa fu l'ing. Agostino Rocca, amministratore delegato della società dal 1935 alla fine della guerra. I cantieri navali varano corazzate da 35 000 tonnellate, mentre i tecnici, in collaborazione con la FIAT realizzarono dal 1935 i primi prototipi di carri armati italiani (sulla base dei trattori già prodotti) nello Stabilimento artiglierie di Genova, (L40 e 75/18), e aerei (Fiat AS.1 e Fiat-Ansaldo A.120). Ansaldo presso l'arsenale di Napoli produsse anche cannoni come il 75/32 Mod. 1937.
Grazie alle commesse belliche la società registrò un'enorme crescita: nel 1939 Ansaldo contava 22 000 dipendenti, nel 1943 ben 35 000 ma alla fine della seconda guerra mondiale si riproposero i gravi problemi della riconversione.
L'IRI nel 1948 affidò la gestione delle società Ansaldo alla Società Finanziaria Meccanica (Finmeccanica) e con un decreto legge vennero scorporati dall'azienda il siderurgico, l'elettrotecnico e il ferroviario, mentre vennero accorpati i cantieri di Muggiano e Livorno.
Nel corso degli anni cinquanta e sessanta saranno operati dalla Finmeccanica numerosi interventi riorganizzativi, tra cui, nel 1966, il trasferimento delle attività navali all'Italcantieri di Trieste.
Dal 1966, l'impresa venne ristrutturata completamente dalla Finmeccanica.
Nel 1977 le aziende rimaste vennero raggruppate sotto la dizione Raggruppamento Ansaldo, che comprendeva, oltre al meccanico-nucleare e l'Asgen di Genova, l'Italtrafo, la SIMEP, la Breda termomeccanica e la Tecnosud.
Nel 1980 venne costituito il principale gruppo termo-elettromeccanico italiano, il più grande in Italia con i suoi 16 000 dipendenti.
Nel 1993 l'Ansaldo venne assorbita completamente nella Finmeccanica, che nel 2016 prenderà il nome di Leonardo-Finmeccanica.
Gli archivi si sono salvati in quanto affidati alla Fondazione Ansaldo.
Il nome "Ansaldo" permane presente nella ragione sociale di molte aziende costituite per scorporo o nelle quali è confluito qualche settore produttivo:
Significative furono le realizzazioni dell'Ansaldo in ambito ferroviario. Le voci sui rotabili ferroviari costruiti nel corso degli anni negli stabilimenti Ansaldo possono essere consultati nelle categorie di seguito elencate.
Di seguito solo elencate alcune tra le più importanti navi varate nel corso degli anni dai cantieri dell'Ansaldo.
La documentazione relativa all'attività dell'Ansaldo dalla sua fondazione nel 1853 fino al 2002 è conservata presso la Fondazione Ansaldo - Archivio economico delle imprese liguri, nel fondo Ansaldo[29], che raccoglie la documentazione dell'omonima azienda e di quelle ad essa in vario modo collegate.
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