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linguista e neuroscienziato italiano (1962-) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Andrea Carlo Moro (Pavia, 24 luglio 1962) è un linguista, neuroscienziato e scrittore italiano.
È professore ordinario di linguistica generale presso la Scuola Universitaria Superiore (IUSS) di Pavia dove svolge il ruolo di rettore vicario.
È stato per un mandato triennale vicepresidente del Comitato Esperti per la Programmazione della Ricerca (CEPR) diretto dal Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca Scientifica, nominato da Enrico Letta su proposta del ministro Carrozza e riconfermato dal ministro Giannini. È membro della Accademia dei Virtuosi al Pantheon e dell'Academia Europæa.
Laureato all'Università di Pavia in lettere classiche, studente Fulbright negli Stati Uniti, ha conseguito il dottorato di ricerca in Linguistica (VIII ciclo) presso il consorzio con sede amministrativa presso l'Università di Padova e il Diplôme d'études supérieures en théorie de la syntaxe et syntaxe comparative presso l’Université de Genève.
Alla Università Vita-Salute San Raffaele di Milano è stato tra i fondatori del Dipartimento di Scienze Cognitive nel 1993, membro del comitato ordinatore della facoltà di psicologia e di filosofia del nascente Ateneo e presidente del corso di laurea interfacoltà in neuroscienze cognitive fino al 2010, come risulta dagli atti ministeriali relativi alla fondazione dell'Ateneo.[1]
Ha fondato nel 2010 e diretto per sei anni il Centro di ricerca in Neuroscienze, Epistemologia e Sintassi Teorica NEtS (2010 - 2021) e il dottorato di ricerca in Neuroscienze Cognitive e Filosofia della Mente. È stato per un decennio ordinario presso l’Università Vita-Salute San Raffaele dopo essere stato associato presso l’Università di Bologna.
Il suo primo romanzo è Il segreto di Pietramala (La Nave di Teseo, 2018), giallo incentrato su una lingua misteriosa, grazie al quale ha vinto il premio Flaiano per la narrativa in occasione dei Premi Flaiano 2018.
Vive e lavora a Pavia.
Studia la sintassi delle lingue umane; campo nel quale ha dato contributi per la teoria della struttura della frase, in particolare rispetto alla nozione di copula e di espletivo e per la teoria del movimento sintattico e di neurolinguistica, fornendo contributi nella ricerca dei fondamenti biologici della Grammatica universale prevalentemente individuando i correlati neuronali delle lingue impossibili e mostrando che mentre si pensano le parole le onde elettriche generate dai neuroni contengono informazioni sulla struttura sonora delle parole pensate.[2]
Nel primo ambito la sua tesi è che nelle frasi copulari, dove il predicato è costituito dalla stessa categoria del soggetto - ossia un sintagma nominale - la posizione preverbale, canonicamente occupata per tutti gli altri verbi dal soggetto di predicazione, può essere anche occupata dal predicato nominale. Per distinguere le due forme di frase, si usa dire che la prima è una "frase copulare canonica" e la seconda "una frase copulare inversa". In questo senso, la teoria proposta porta dati difficilmente compatibili con quello che Lepschy nella storia della linguistica del Novecento indica come uno dei contributi fondamentali della grammatica generativa, vale a dire l'identificazione configurazionale delle funzioni grammaticali[3][4][5]. Per quanto riguarda la teoria del movimento sintattico, la tesi fondamentale è che questo fenomeno sia da mettere in relazione con un procedimento di rottura di simmetria che altrimenti bloccherebbe la computazione della frase[6].
Nel secondo ambito di ricerca, svolto con gruppi diversi di neuropsicologi e neurobiologi, due sono stati i contributi: il primo, aver portato dati empirici conclusivi a favore dell'ipotesi che il formato della sintassi delle lingue umane non sia un fatto culturale, sociale o convenzionale, ma sia profondamente radicato nella struttura neurobiologica del cervello. Il metodo utilizzato che fa leva su tecniche di neuroimmagini come la risonanza magnetica funzionale[7], consiste nel verificare che grammatiche artificiali (in particolare sintassi artificiali) che non seguono le proprietà della grammatica universale di Noam Chomsky non attivano i circuiti neuropsicologici tipicamente attivati in compiti linguistici. Un secondo contributo consiste nell'aver mostrato che la negazione frasale è in grado di modulare un sistema fronto-parieto-temporale tipicamente coinvolto nell'interpretazione delle frasi d'azione (e nell'esecuzione delle corrispondenti azioni).[8]
In un terzo contributo Moro sviluppa il filone di ricerca sul legame tra cervello e linguaggio con metodi nuovi in collaborazione con neurochirurghi e ingegneri dell'Università di Pavia. Utilizzando la tecnica di chirurgia a paziente in stato di veglia è stata misurata l'attività dei neuroni di aree del linguaggio non deputati a compiti di decifrazione o produzione del suono. Il nucleo dell'esperimento è consistito nel confrontare l'attività della corteccia dei pazienti durante la lettura di frasi a voce alta e nella mente e si è visto che le due attività sono praticamente sovrapponibili, aprendo la strada alla lettura del contenuto di pensieri di tipo linguistico[9]. Un passo successivo alla scoperta dei correlati tra grammatica e attività elettrofisiologica del cevello, è stato compiuto nella progettazione di un esperimento condotto con la tecnica della A Stereoelectroencephalography (SEEG): sono stati misurate le diverse attività elettrofisiologiche della fascia high-gamma in relazione a sintagmi con lo stesso suono ma con significati diversi a seconda del contesto (come "la porta" in "Giovanni la porta domani" e "Ieri la porta era chiusa"). In sintesi, con questo esperimento si è potuto distinguere l'attività corticale specifica di due strutture sintattiche di base, sintagma nominale e sintagma verbale, eliminando completamente la rilevanza della informazione acustica che era identica nei due casi [10]
Nel suo ultimo libro "I segreti delle parole" discute con Noam Chomsky alcuni aspetti cruciali del rapporto tra cervello e linguaggio. In particolare viene evidenziata la nozione di lingue impossibili e viene illustrato il suo impatto sulle neuroscienze e, più in generale, sull'epistemologia. L'idea centrale è che gli esseri umani ignorino l'unico fatto indiscutibile riguardante il linguaggio, vale a dire la sua struttura lineare, e calcolino la grammatica sulla sola base di strutture gerarchiche generate ricorsivamente. L'argomento centrale è tratto da quegli esperimenti concepiti da Moro che ha progettato lingue artificiali basati sull'ordine lineare e ha mostrato che il cervello inibisce progressivamente quelle reti che sono canonicamente riservate al linguaggio.[11]
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