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artista, designer e scultrice italiana Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Amalia Del Ponte (Milano, 15 gennaio 1936[1]) è un'artista, designer e scultrice italiana.
Si tratta di un'artista,[2][3] legata soprattutto ad alcuni critici e storici dell'arte come Guido Ballo, Bruno Munari, Gillo Dorfles, Arturo Schwarz, Francesco Tedeschi, Flaminio Gualdoni e Tommaso Trini. Iniziate con un brillante debutto internazionale negli anni settanta[2], vincendo il Primo Premio per la Scultura alla Biennale di San Paolo, le attività di Amalia Del Ponte si articolano tra arte e scienza attraverso una ricerca che indaga i rapporti fra scultura, musica e nuove tecnologie[4].
Dopo il liceo artistico frequenta dal 1956 al 1961 il corso di scultura di Marino Marini[5] presso l'Accademia di Brera di Milano insieme ad Kengiro Azuma, Mario Robaudi e Gianni Colombo. Dagli anni Sessanta inizia la sua ricerca sui materiali, l'approccio quasi scientifico la conduce nel giro di pochi anni a creare forme sempre più semplici e pure. L'attenzione nei confronti delle forme geometriche elementari la porta a realizzare le prime sculture in plexiglas battezzate, da Vittorio Fagone, Tropi nel 1967 in occasione di una mostra personale alla Galleria Vismara di Milano.[6][7] L'affermazione internazionale[8] avviene nel 1973 quando, invitata da Bruno Munari e Umbro Apollonio, partecipa alla Biennale di San Paolo (a quel tempo una delle più rilevanti al mondo), dove presenta un'opera intitolata Area percettiva[9], per la quale le viene aggiudicato il Primo Premio per la Scultura. Nel 1993 espone le proprie opere al Fort Asperen, ad Asperen, nei Paesi Bassi.[10] Nel 1995, chiamata da Gillo Dorfles, partecipa alla XLVI Biennale Internazionale d’Arte; ad Amalia Del Ponte viene dedicata un'intera sala personale al Padiglione Italia. Qui espone i Litofoni, pietre sonore che mettono in evidenza le invisibili corrispondenze tra le forme geometriche, le scale musicali e quelle dei colori.[11] Nel 2010 realizza un progetto per l'Isola della Certosa nella Laguna di Venezia; si tratta di una serie di video installazioni allestite all'interno delle quattro Case Matte (ex polveriere austriache costruite a pochi metri dall'acqua). L'opera, intitolata Regno dei possibili, invisibili[8], è una riflessione su come arte e scienza rendano visibili realtà altrimenti invisibili.[12][13][14][15]
Negli ultimi anni è iniziato un processo di storicizzazione istituzionale della ricerca artistica di Amalia Del Ponte culminato con la doppia mostra milanese del 2017 al Museo del Novecento e al Museo Messina[16] e con il premio alla carriera conferitole nel 2023 dalla Florence Biennale.[17]
Accanto all'attività artistica più propriamente detta, a partire dalla fine degli anni Sessanta Amalia Del Ponte intraprende quella che si rivelerà una proficua attività da designer che tra il 1965 e il 1967 l'ha portata ha disegnare gli interni del negozio Gulp! in via Santo Spirito a Milano[18] e soprattutto a collaborare con Elio Fiorucci per la nascita del primo negozio di Fiorucci, aperto a Milano all'interno della Galleria Passarella.[19] Per il negozio Fiorucci Amalia Del Ponte pensa ad uno spazio completamente bianco ed opaco, così da poterne fare una vetrina totale, mentre delle fessure nel pavimento, abbinate a degli specchi inclinati permettono di intravedere dall'esterno anche lo spazio del piano inferiore.[20]
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