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militare, funzionario e antropologo italiano (1873-1939) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Alberto Pollera, nato Adalberto, (Lucca, 8 dicembre 1873 – Asmara, 5 agosto 1939), è stato un militare e antropologo italiano.
Alberto Pollera | |
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Nascita | Lucca, 8 dicembre 1873 |
Morte | Asmara, 5 agosto 1939 |
Cause della morte | naturali |
Dati militari | |
Paese servito | Italia |
Grado | tenente colonnello |
voci di militari presenti su Wikipedia | |
Funzionario coloniale per 45 anni, fu autore di importanti studi di africanistica sulle etnie eritree e protagonista di una personale battaglia contro l'ideologia razzista che vietava i matrimoni misti e il riconoscimento giuridico dei figli meticci nati dai coloni italiani.[1]
Figlio di una nobile famiglia toscana, frequentò il liceo di Lucca. In quegli anni pubblicò alcune novelle sulla Domenica letteraria. Dal 1890 venne ammesso all'Accademia militare di Modena.[2] Nel 1893 venne inquadrato come sottotenente dell'89º Reggimento fanteria e trasferito a Brescia. Nel dicembre 1894 chiese di essere inviato a Massaua nella Colonia eritrea, dove fu assegnato al 3º battaglione fanteria Africa.[3]
Dopo aver scortato un convoglio fino al presidio di Adigrat, fu trasferito a Cheren e ad Adi Ugri presso il 4º battaglione fanteria indigena. Dopo la sconfitta di Adua del 1º marzo 1896 tornò ad Adigrat, dove ritrovò il fratello Ludovico[4] inizialmente dato per disperso e con cui partecipò alla finta marcia su Adua con la colonna Paganini. Successivamente passò alla Compagnia cacciatori di Asmara a Cassala e Cheren, dove ottenne un elogio per aver evitato l'accerchiamento dei dervisci nella campagna del 1896-1897.[3]
Durante il soggiorno a Cheren, ebbe una relazione con una donna eritrea chiamata Unesc Araià Capté, da cui ebbe quattro figli: Giovanni, Michele, Giorgina (morta dopo un anno) e Giorgio.[3]
Nel 1902 partecipò alla missione topografica del maggiore Martinelli per delimitare i confini eritrei-sudanesi nella zona del Setit, in cui Pollera divenne funzionario civile. Nel 1903 divenne il primo residente ufficiale delle regioni del Gasc e Setit, dove restò per circa sei anni, salvo brevi nomine a commissario del Barca ad Agordat. Nel 1905 Pollera venne messo a disposizione del ministero degli Esteri, divenendo ufficiale coloniale di prima categoria nel marzo 1906.[3]
Pollera urbanizzò la città di Cheren, con nuovi edifici, l'acquedotto, il collegamento stradale con Agordat e Omager e un orto sperimentale. Occupandosi di giustizia penale, incominciò a documentarsi sull'etnie Baria e Cunama, di cui nel 1913 scrisse un'importante monografia antropologica.[3]
Dopo aver conosciuto Chidan Menelik, nel marzo nacque ad Adi Ugri il quinto figlio, Mario, a cui seguirono Marta ed Alberto.[3]
Nel 1909 Pollera divenne commissario della provincia del Seraè, dove rimase otto anni e rivoluzionò le tradizionali élite con nuove forme di potere locale e regime della proprietà terriera. Diventato regio agente commerciale, venne inviato nel 1917 a Dessiè, Adua ed infine a Gondar dove ottenne l'importante nomina a console con il compito di instaurare rapporti con i capi tigrini in vista dell'invasione dell'Etiopia. Nel 1928 dovette tuttavia interrompere la sua attività per raggiunti limiti pensionistici; ciononostante decise di partecipare alla missione di Raimondo Franchetti in Dancalia, organizzando la logistica della spedizione.[3]
Dopo essere ritornato all'Asmara nell'aprile 1929, raggiunse poco dopo Gondar, dove venne nominato di nuovo console per due anni, durante i quali conobbe il negus Tafari che poi divenne imperatore con il nome di Hailé Selassié e lo insignì del titolo di gran ufficiale della Stella d'Etiopia.[3]
Dal 1932 al 1936 tornò all'Asmara, dove fu nominato direttore della biblioteca governativa e della sezione studi e propaganda del governo italiano dell'Eritrea. Dopo lo scoppio della guerra d'Etiopia, fu inviato ad Adua presso l'Ufficio politico del 2º corpo d'armata, dove venne promosso a tenente colonnello della riserva.[3]
La morte del figlio Giorgio, che venne insignito della medaglia d'oro al valor militare,[5] lo costrinse a rientrare all'Asmara nel 1937. Nella capitale eritrea divenne consigliere personale del governatore Giuseppe Daodice, ricevendo numerose onorificenze e incarichi di prestigio (giudice conciliatore d'Asmara e Hamasien, consigliere della Banca d'Italia, sindaco della società Saline Eritree di Massaua, presidente della Cassa di credito agrario e minerario dell'Eritrea).[3]
La tematica del riconoscimento giuridico dei figli meticci, argomento che riguardava la sua condizione familiare, lo occupò negli ultimi anni di vita: si ricorda in particolare un accorato appello da lui scritto direttamente a Benito Mussolini e il matrimonio in punto di morte della compagna eritrea Kidane Menelik, che venne considerato un atto altamente politico.[3]
Alberto Pollera morì presso l'ospedale civile Regina Elena di Asmara il 5 agosto 1939, due giorni dopo essersi sposato con effetti esclusivamente religiosi (stante il divieto, all'epoca vigente, di trascrizione del matrimonio canonico "razzialmente misto" nei registri dello stato civile),[3] e oggi riposa presso il cimitero italiano della capitale eritrea.[1]
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