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al-Anbār (in arabo الأنبار?) è una città dell'Iraq, già capitale provvisoria della dinastia Abbaside nell'VIII secolo.
al-Anbār | |
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Localizzazione | |
Stato | Iraq |
Mappa di localizzazione | |
Sita sulla sponda di sinistra del fiume Eufrate, immediatamente a sud del Nahr ʿĪsā e del canale Sakhlawiyye, il più settentrionale dei canali che uniscono l'Eufrate al Tigri, non è distante dalla città irachena di Falluja, centro culturale ebraico noto con il toponimo di Pumbedita.
Al-Anbār fu originariamente chiamata Pērōz-Šāpūr (un nome medio-persiano che significa Vittorioso Shapur), anche detto Peroz Shabur (aramaico פירוז שבור) e nota in seguito a Greci e Romani come Perisapora. La città fu fondata nel 350 da Shapur II, l'imperatore sasanide di Persia. Perisapora fu saccheggiata e distrutta dall'imperatore romano Flavio Claudio Giuliano (Giuliano l'Apostata) nell'aprile del 363, durante la sua invasione dell'Impero sasanide.[1] La città divenne un rifugio per i cristiani Arabi e per gli ebrei della regione.[2] Secondo le fonti arabe medievali, gran parte dei suoi abitanti emigrò a nord, verso la città di Hdatta (in arabo al-Ḥadītha), a sud di Mosul.[3]
Il nome della città fu mutato in al-Anbār ("Granai") e Abū al-ʿAbbās al-Saffāḥ, il primo Califfo abbaside elesse nelle sue vicinanze, come propria capitale, al-Hāshimiyya,[4] e tale rimase fin quando il fratello Abū Jaʿfar al-Manṣūr fondò un nuovo centro con lo stesso nome di al-Hāshimiyya tra al-Ḥīra e al-Kūfa, prima di fare edificare Baghdad nel 762.
La città di al-Anbār continuò comunque a svolgere un ruolo non secondario durante tutto il periodo califfale.[2]
Al-Anbar fu sede di una diocesi della Chiesa d'Oriente attestata dal V al XII secolo.[5]
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