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contratto col quale una parte (detta locatore) si obbliga a permettere a un altro soggetto (locatario) l'utilizzo di una cosa per un dato tempo in cambio di un determinato corrispettivo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La locazione, in diritto, costituisce il contratto col quale una parte (detta locatore) si obbliga a permettere a un altro soggetto (conduttore o locatario) l'utilizzo di una cosa per un dato tempo in cambio di un determinato corrispettivo (la cosiddetta "pigione" o "canone").
Il contratto deriva dall'istituto romano della locatio conductio, che includeva una fattispecie più ampia dell'attuale omologo.
Un indice degli affitti delle case misura le variazioni di prezzo di affitto delle abitazioni residenziali come variazione percentuale da una data di inizio specifica (che ha valore 100). Ad esempio se l'indice degli affitti delle case parte da 100 nel 2010 e raggiunge 120 nel 2020, ciò indica un aumento degli affitti del 20%. L'OCSE fornisce dati sull'indice degli affitti delle case per i suoi paesi membri. In particolare fornisce indici dei prezzi reali e nominali, rapporti prezzo/affitto, prezzo/reddito e indice degli affitti[1].
La disciplina principale dell'istituto è regolata dagli articoli dal n. 1571 al n. 1654 del codice civile italiano.
Esistono differenti figure di locazione:
Inoltre si distingue tra:
Quando la locazione ha per oggetto un bene produttivo, si parla di contratto di affitto[2].
Inoltre, secondo il codice:
Le urgenti esigenze abitative emerse dopo il secondo conflitto mondiale hanno dato seguito a una copiosa, ma disorganica legislazione volta a stabilizzare il mercato immobiliare, con particolare riferimento ai contratti aventi a oggetto la locazione di immobili adibiti a uso abitativo. Periodici interventi normativi volti a prorogare la durata dei contratti già stipulati si sono susseguiti, comportando di converso una forte restringimento della libertà negoziale in materia. La legge n. 392 del 27 luglio 1978 (c.d. legge sull'equo canone) ha realizzato un riassetto organico della materia. La disposizione più significativa era contenuta all’art. 14, che prevedeva un limite massimo al canone di locazione (e anche di sublocazione): l’equo canone, appunto.
Nel contesto sociale ed economico radicalmente mutato degli anni ‘90, prese piede l’esigenza di una revisione di tali previsioni vincolistiche. Fu così che le disposizioni relative al succitato articolo furono abrogate dalla legge n. 359 dell'8 agosto 1992 (c.d. legge sui patti in deroga), che diede luogo alla liberalizzazione degli affitti.
Oggi la disciplina della locazione degli immobili a uso abitativo è organicamente (ma non esclusivamente) regolata dalla legge n. 431 del 9 dicembre 1998 ("Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti a uso abitativo").
Le obbligazioni del locatore sono:
Le obbligazioni del conduttore (o inquilino) sono:
Il locatore deve consegnare un'unità abitativa che abbia il requisito dell'abitabilità, in conformità con la legge italiana, con quella regionale e col regolamento edilizio comunale.
Se il conduttore trae profitto senza contratto di locazione, può essere citato per esercizio abusivo di attività economica. Il locatore deve dichiarare entro 48 ore in questura la permanenza di eventuali cittadini extracomunitari. Il locatore commette il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina se nell'immobile risiedono una o più persone clandestine, anche se il contratto è intestato a immigrati in regola coi permessi di soggiorno. Perché sussista il reato in capo al locatore occorre il dolo specifico, imponendo condizioni onerose in termini di prezzo e qualità dell'immobile, non allineato a quello praticato in zona e/o a persone regolari[8].
La durata del contratto è fissata dalle parti, non può essere inferiore a un giorno né superiore a trent'anni. Il contratto di locazione ultranovennale è trascrivibile.
La durata dei contratti è regolata dalla legge. Quanto ai contratti aventi per oggetto immobili per uso abitativo, esistono i contratti transitori, la cui durata non può essere superiore a 18 mesi; gli altri, invece, di almeno 3 anni. La durata per locazione di locali destinati ad attività commerciale è di almeno 6 anni.
Per la locazione degli immobili adibiti a uso abitativo esistono due forme contrattuali, come previsto dalla legge n. 431 del 9 dicembre 1998, che regola le locazioni degli immobili a uso abitativo: contratti a canone concordato, detti anche concertati, e contratti a canone libero.
Inoltre, il decreto interministeriale 30 dicembre 2002, emanato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, definisce criteri generali per i contratti tipo per gli studenti universitari fuori sede, ossia destinati a coloro che studiano fuori del comune di residenza. Tali contratti hanno durata che vanno da un minimo di 6 mesi a un massimo di 3 anni, possono essere sottoscritti da uno o più studenti, anche organizzati in cooperativa, o da aziende per il diritto allo studio.
Inoltre, ai sensi del decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 14 luglio 2004, è possibile stipulare contratti di locazione transitoria, di durata da 1 a 18 mesi e a canone libero, oppure con un tetto stabilito dagli accordi territoriali per i comuni ad alta densità abitativa o da decreto ministeriale, pari al 120% del canone "concordato". Per questo tipo di contratto non sono previste agevolazioni fiscali: l'aspetto che viene in risalto è la durata della locazione, conseguenza delle esigenze temporanee dell'inquilino.
Dal 2011 (D. Lgs. 23/2011 art. 3), il locatore può optare per una tassazione del reddito da locazione con la cedolare secca, un'aliquota fissa per qualsiasi tipo di contratto di locazione, importo del canone, categoria catastale dell'immobile. Il reddito tassato con cedolare fissa è quindi escluso dall'imponibile IRPEF.
Uniche condizioni: l'immobile sia destinato a uso abitativo, il contratto regolarmente registrato, il locatore rinunci ad aumenti a qualsiasi titolo del canone (inclusa la rivalutazione ISTAT).
In materia di locazioni e simili, per il diritto italiano un immobile occupato è sia un'abitazione nella quale taluno eserciti il diritto di abitazione, in forza di un regolare contratto di locazione (o ad altro titolo o di diritto di godimento) del quale quello sia effetto, sia un'abitazione nella quale taluno abiti (o di cui detenga il possesso) per ragioni di fatto anche extra-contrattuali.
Il concetto dunque, quando l'occupazione dell'immobile possa avere rilevanza giuridica, si oppone innanzitutto alla definizione della cosiddetta "abitazione sfitta", che può avere effetti per esempio nei centri urbani a elevata densità abitativa, laddove l'adibizione di un'abitazione all'uso proprio (in contrapposizione al mantenimento di un'abitazione inutilizzata) non priva il mercato delle locazioni di beni disponibili e dà luogo a differenza di trattamento, per esempio tributario, da parte degli enti pubblici e locali, in genere con vantaggio per la casa occupata e svantaggio per quella sfitta.
L'immobile occupato vincola l'eventuale acquirente al rispetto delle correnti situazioni di diritto: se quindi per esempio l'immobile è occupato per la correnza di una locazione o vi si esplichi un diritto di abitazione, esso dovrà rispettare nei termini previsti dalla legge quanto già precedentemente opponibile all'alienante.
Secondo la giurisprudenza costante della Corte di Cassazione,[9] la distinzione tra il contratto di noleggio e il contratto di locazione di cose mobili risiede nel fatto che il noleggiante, senza attribuire al noleggiatore il godimento della cosa mobile, si obbliga a compiere con questa, mediante l'opera propria o altrui, determinate attività a favore della controparte e il rischio delle attività compiute è, quindi, a suo carico in quanto la cosa resta nella sua sfera di disponibilità e viene da lui usata sotto la sua direzione tecnica e senza alcuna ingerenza da parte del noleggiatore. Al contrario, nel contratto di locazione di cose mobili, quando il conduttore acquista la detenzione della cosa, che entra, così, nell'ambito della sua disponibilità, su di lui ricadono i rischi inerenti all'utilizzazione di essa.
Nella provincia canadese dell'Ontario, i rapporti fra proprietari e inquilini di immobili residenziali sono regolati dal Residential Tenancies Act del 2006[10], che ha abrogato il Tenant Protection Act del 1997[11] La norma del '97 istituì l'Ontario Rental Housing Tribunal, un corpo quasi-giudiziale specializzato per le questioni relative ai rapporti contrattuali di locazione fra proprietari e inquilini. La norma garantiva in modo particolare la proprietà, consentendo l'emissione di ordini di sfratto esecutivi senza udienza della controparte.
La norma del 2006 abolì l'Ontario Rental Housing Tribunal, sostituendolo con il Landlord and Tenant Board, uno degli otto tribunali alle dipendenze del governo della provincia, incaricati di amministrare la giustizia sociale.[12][13] Prima di poter emettere una decisione, esso ha l'obbligo di i esperire un tentativo di mediazione consensuale e di dare udienza ad entrambe le parti contendenti[14] alle quali deve essere garantita la facoltà di consegnare eventuali prove ad almeno un membro del consiglio giudicante. Oltre a poter convalidare gli ordini di sfratto, il Tribunale ha il potere di ridurre i canoni di locazione in caso di inadempienza del locatore rispetto agli obblighi contrattuali e di legge (ad esempio gli obblighi di manutenzione), nonché di emettere ordini aventi come oggetto obbligazioni di fare.
Il locatore può agire in giudizio, a pena di nullità dell'istanza, soltanto se il locatario ha già preso possesso dell'unità immobiliare. Qualora il ricorso sia presentato successivamente alla liberazione dell'unità da parte dell'inquilino, il proprietario è tenuto a pagare un onere compensativo alla Ontario Small Claims Court.[15][16]
Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un legale o da un paralegale abilitato alla professione dalla Law Society of Upper Canada. I proprietari hanno il privilegio di farsi rappresentare da persone disponibili a titolo gratuito, come un dipendente, un amico o un famigliare.[17][18]
Generalmente il procedimento si risolve in un'unica udienza di entrambe le parti davanti ai giudizi entro 25 giorni da primo deposito dell'istanza di parte, mentre la decisione viene pubblicata in un tempo medio di 5 giorni dalla prima udienza. Pertanto, l'iter del procedimento di sfratto o di revisione contrattuale ha una durata complessiva di circa un mese.[19]
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