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film del 1952 diretto da Akira Kurosawa Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Vivere (生きる?, Ikiru) è un film del 1952 scritto e diretto da Akira Kurosawa, ispirato alla novella di Lev Tolstoj La morte di Ivan Il'ič.
Vivere | |
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Locandina originale del film | |
Titolo originale | 生きる Ikiru |
Lingua originale | Giapponese |
Paese di produzione | Giappone |
Anno | 1952 |
Durata | 143 min |
Dati tecnici | B/N |
Genere | drammatico |
Regia | Akira Kurosawa |
Soggetto | Akira Kurosawa |
Sceneggiatura | Shinobu Hashimoto, Akira Kurosawa, Hideo Oguni |
Produttore | Sojiro Motoki per Toho |
Fotografia | Asakazu Nakai |
Musiche | Fumio Hayasaka |
Scenografia | So Matsuyama |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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Il film, considerato tra i migliori del regista, racconta le sofferenze di un burocrate di Tokyo e la sua finale ricerca del senso della vita. Nel cast del film brilla Takashi Shimura, che recitò in molti film di Kurosawa (il più famoso dei quali come capo ne I sette samurai), che qui interpreta il povero dipendente Kanji Watanabe.
L'impiegato comunale Watanabe, capoufficio della sezione civile, vedovo da venticinque anni, scopre di avere un tumore allo stomaco. Tutto gli crolla addosso e nessuno è in grado di aiutarlo, neppure il figlio Mitsuo, che è interessato solo all'eredità. Ritira tutto il denaro dalla banca e decide di godersi i pochi mesi che gli restano.
Con un autore di romanzi, conosciuto casualmente, gira per i night club di Tokyo. Frequenta una giovane ex-collega di ufficio, che gli consiglia di dare le dimissioni e di rendersi utile con qualche iniziativa seria. Ricorda che in ufficio si era occupato della trasformazione di una zona paludosa in un parco giochi per bambini. Cinque mesi dopo, Watanabe è morto. Il parco giochi esiste. I giornalisti si chiedono se il merito spetti davvero al sindaco, come egli va dicendo, e apprendono, consultando le carte, che era stato Watanabe, con testardaggine, a fare la spola da un ufficio all'altro per rimettere in moto un progetto arenato nell'incuria generale.
All'inaugurazione nessuno lo ricorda: lui che si era spento seduto su un'altalena del nuovo parco, felice di aver dato un senso alla sua vita, di essere riuscito a compiere il "miracolo". I colleghi, ubriachi, giurano di prendere esempio da lui. Le madri dei bambini pensano al loro benefattore. Il giorno dopo è tutto dimenticato. Un altro impiegato ha preso il suo posto in ufficio; non si parlerà mai più di Watanabe.
«Un riepilogo del cinema di Kurosawa, l'ha definito qualcuno. "Un'opera discorsiva, lunga e varia – spiegano gli storici Anderson e Ritchie – piena di svolte e mutamenti. Passa da clima a clima, dal presente al passato, dal silenzio a un frastuono assordante, e sempre nel modo meno confuso e più affascinante". Un gioco serrato fra un'azione lineare al presente, un esteso flashforward e numerosi brevi flashback incastrati nel flusso centrale del racconto consente di rivelare, di sorpresa in sorpresa, i segreti dell'odissea di Watanabe [...] e di mettere a fuoco i due temi del film: l'analisi a ciglio asciutto di una vita che si spegne; la satira feroce di una burocrazia impiegatizia che soffoca la società. [...] Il pessimismo kurosawiano stringe in un blocco espressivo di forte suggestione in un mondo intero di pensieri, di aspirazioni, di rimpianti e di illusioni. Non c'è, come altre volte, né enfasi né sfarzo. C'è soltanto l'amarezza per l'inevitabile sconfitta.»
Vivere è presente nella classifica dei 100 più grandi film secondo il Time, mentre compare al 459º posto nella lista dei 500 film più grandi di tutti i tempi stilata dal periodico Empire. Il film ha una percentuale positiva del 100% basata su 24 recensioni critiche di vari critici sul sito web Rotten Tomatoes.
Il film rimase inedito in Italia fino al 1986, quando la Rai lo fece doppiare per un ciclo sul regista giapponese curato da Aldo Tassone[1].
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