La prima guerra mondiale fu un conflitto armato che coinvolse le principali potenze mondiali e molte di quelle minori tra l'estate del 1914 e la fine del 1918. Chiamata inizialmente dai contemporanei "guerra europea", con il coinvolgimento successivo delle colonie dell'Impero britannico e di altri paesi extraeuropei tra cui gli Stati Uniti d'America e l'Impero giapponese prese il nome di guerra mondiale o anche Grande Guerra[1]: fu infatti il più grande conflitto armato mai combattuto fino alla seconda guerra mondiale[2].
Da in alto a sinistra in senso orario: insorti russi nelle strade di Pietrogrado; la nave da battagliaSzent István affonda; fanti britannici in trincea sulla Somme; mitraglieri austroungarici sulle montagne tirolesi; truppe statunitensi nelle Argonne su carri armati Renault FT-17; bombardiere tedesco Gotha G.IV diretto su Londra.
Il conflitto ebbe inizio il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell'Impero austro-ungarico al Regno di Serbia in seguito all'assassinio dell'arciducaFrancesco Ferdinando d'Asburgo-Este, avvenuto il 28 giugno 1914 a Sarajevo. A causa del gioco di alleanze formatesi negli ultimi decenni del XIX secolo, la guerra vide schierarsi le maggiori potenze mondiali, e rispettive colonie, in due blocchi contrapposti: da una parte gli Imperi centrali (Germania, Impero austro-ungarico e Impero ottomano), dall'altra gli Alleati rappresentati principalmente da Francia, Regno Unito, Impero russo e, dal 1915, Italia. Oltre 70 milioni di uomini furono mobilitati in tutto il mondo (60 milioni solo in Europa) di cui oltre 9 milioni caddero sui campi di battaglia; si dovettero registrare anche circa 7 milioni di vittime civili, non solo per i diretti effetti delle operazioni di guerra ma anche per le conseguenti carestie ed epidemie[3].
Le prime operazioni militari del conflitto videro la fulminea avanzata dell'esercito tedesco in Belgio e nel nord della Francia, azione fermata però dagli anglo-francesi nel corso della prima battaglia della Marna nel settembre 1914; il contemporaneo attacco dei russi da est infranse le speranze tedesche in una guerra breve e vittoriosa, e il conflitto degenerò in una logorante guerra di trincea che si replicò su tutti i fronti e perdurò fino al termine delle ostilità. Man mano che procedeva, la guerra raggiunse una scala mondiale con la partecipazione di molte altre nazioni, come Bulgaria, Romania, Portogallo e Grecia; determinante per l'esito finale fu, nel 1917, l'ingresso in guerra degli Stati Uniti d'America a fianco degli Alleati.
La guerra si concluse definitivamente l'11 novembre 1918 quando la Germania, ultimo degli Imperi centrali a deporre le armi, firmò l'armistizio imposto dagli Alleati. Alcuni dei maggiori imperi esistenti al mondo – tedesco, austro-ungarico, ottomano e russo – si estinsero, generando diversi stati nazionali che ridisegnarono completamente la geografia politica dell'Europa.
Lo scoppio della guerra nel 1914 segnò la fine di un lungo periodo di pace e sviluppo economico della storia europea, noto come Belle Époque, e pose termine anche a un più lungo periodo di stabilità politica europea: iniziato nel 1815 con la sconfitta definitiva della Francia napoleonica e continuato per tutto il XIX secolo, vide svolgersi solo conflitti a carattere limitato che tuttavia finirono col minare e inasprire progressivamente i rapporti diplomatici tra le potenze europee e i relativi giochi di alleanze[4].
Per individuare le cause fondamentali del conflitto bisogna risalire innanzitutto al ruolo preponderante della Prussia nella creazione dell'Impero tedesco, alle concezioni politiche di Otto von Bismarck, alle tendenze filosofiche prevalenti in Germania e alla sua situazione economica; un insieme di fattori eterogenei che concorsero a trasformare il desiderio della Germania di assicurarsi sbocchi commerciali nel mondo. A essi andarono collegandosi i problemi etnici interni all'Impero austro-ungarico e alle ambizioni indipendentiste di alcuni popoli che ne facevano parte, il timore che la Russia generava oltre frontiera soprattutto nei tedeschi, la paura che tormentava la Francia fin dal 1870 di una nuova aggressione che aveva lasciato una forte animosità verso la Germania[5] e infine l'evoluzione diplomatica del Regno Unito da un atteggiamento di isolamento a una politica di attiva presenza in Europa[6].
Sotto la guida politica del suo primo cancelliere Bismarck, la Germania si assicurò una forte presenza in Europa tramite l'alleanza con l'Impero austro-ungarico e l'Italia e un'intesa diplomatica con la Russia. L'ascesa al trono nel 1888 del kaiserGuglielmo II di Germania portò sul trono tedesco un giovane governante determinato a dirigere da sé la politica, nonostante i suoi dirompenti giudizi diplomatici. Dopo le elezioni del 1890, nelle quali i partiti del centro e della sinistra ottennero un notevole successo, a causa della disaffezione nei confronti del cancelliere, Guglielmo II fece in modo di ottenere le dimissioni di Bismarck[7]; gran parte del lavoro dell'ex cancelliere venne disfatto negli anni seguenti, quando Guglielmo II mancò di rinnovare il trattato di controassicurazione con i russi offrendo così alla Francia l'opportunità di concludere nel 1894 un'alleanza franco-russa[8].
Altro passaggio fondamentale nel percorso verso la guerra mondiale fu la corsa al riarmo navale: il kaiser riteneva che solo un massiccio incremento della Kaiserliche Marine avrebbe reso la Germania una potenza mondiale e nel 1897 fu nominato alla guida della marina l'ammiraglio Alfred von Tirpitz; la Germania iniziò una politica di riarmo che risultò una vera e propria sfida aperta al secolare predominio navale britannico[9], favorendo un accordo anglo-francese nel 1904 e uno tra Russia e Regno Unito nel 1907, che chiudeva un secolo di rivalità fra le due potenze nello scacchiere asiatico. Il Regno Unito tentò inoltre di rafforzare la propria posizione in altre direzioni, alleandosi con l'Impero giapponese nel 1902; nonostante la proposta di Joseph Chamberlain di un trattato con Germania e Giappone per avvantaggiarsi congiuntamente nel Pacifico, la Germania continuò nella sua politica bellicosa aumentando l'attrito con le potenze europee[10]. Da quel momento in poi le grandi potenze europee furono di fatto, anche se non ufficialmente, divise in due gruppi rivali; negli anni seguenti la Germnia, la cui politica aggressiva e poco diplomatica aveva dato il via a una coalizione avversaria, intensificò i rapporti con l'Austria-Ungheria e l'Italia[11].
La nuova divisione in blocchi dell'Europa non era una riedizione del vecchio equilibrio di potenza, ma una semplice barriera tra potenze. I diversi paesi si affrettarono ad aumentare i loro armamenti, che nel timore di una deflagrazione improvvisa vennero messi a completa disposizione dei militari[11]. Il Regno Unito aveva dato il via libera alle pretese della Francia sul Marocco, in cambio del riconoscimento dei propri diritti sull'Egitto, tuttavia questo accordo fra le due principali potenze coloniali violava la convenzione di Madrid del 1880, firmata anche dalla Germania. Ne derivò la "crisi di Tangeri" del 1905 dove il kaiser ribadì il ruolo fondamentale della Germania nella politica extra-europea[12].
Una prima crisi si aprì nella penisola balcanica nel 1908: a seguito della rivoluzione nell'Impero ottomano la Bulgaria si sganciò dall'influenza turca e l'Austria si annetté le provincie di Bosnia ed Erzegovina che già amministrava dal 1879. La Russia accettò l'annessione, ottenendo il libero transito nei Dardanelli, ma l'Italia considerò tale azione un affronto e la Serbia una minaccia. La perentoria richiesta rivolta dalla Germania alla Russia di riconoscere la legittimità dell'annessione sotto pena di un attacco austro-tedesco facilitò la mossa austriaca ma creò non pochi dissapori tra la Russia e le potenze germaniche[13]. Altro motivo di attrito fu la "crisi di Agadir", quando nel giugno 1911, per indurre la Francia a fare concessioni in Africa, i tedeschi inviarono una cannoniera nel porto di Agadir. Il Cancelliere dello ScacchiereDavid Lloyd George ammonì la Germania ad astenersi da simili minacce alla pace e dichiarò il Regno Unito pronto a supportare la Francia: le velleità del kaiser furono spente ma si acuì il risentimento dell'opinione pubblica tedesca, che ben vide un ulteriore ampliamento della marina da guerra; il successivo accordo sul Marocco allentò i motivi di frizione, ma proprio in quel momento la situazione politica dei Balcani tornò a essere burrascosa[14].
La debolezza dell'Impero ottomano, palesata dall'occupazione italiana di Tripoli, incoraggiò Bulgaria, Serbia e Regno di Grecia a rivendicare l'egemonia sulla Macedonia come primo passo per estromettere gli ottomani dall'Europa. Con la prima guerra balcanica i turchi furono rapidamente sconfitti: alla Serbia fu assegnata l'Albania settentrionale ma l'Austria, che già ne temeva le ambizioni, mobilitò l'esercito e alla sua minaccia alla Serbia la Russia rispose con la stessa misura; stavolta la Germania si schierò con Regno Unito e Francia scongiurando pericolosi sviluppi. Quando la crisi cessò, la Serbia conservò buona parte dei guadagni territoriali, mentre la Bulgaria dovette cedere quasi tutte le conquiste effettuate; questo non piacque all'Austria che nell'estate del 1913 propose di attaccare immediatamente la Serbia. La Germania frenò i propositi austriaci ma allo stesso tempo estese il proprio controllo sull'esercito turco, impedendo così il rafforzamento dell'influenza russa nei Dardanelli[15]. Negli ultimi anni in tutti i paesi europei si moltiplicarono gli incitamenti alla guerra, discorsi e articoli bellicosi, dicerie, incidenti di frontiera; la Francia promulgò una legge (detta "dei tre anni") che, per sopperire all'inferiorità numerica rispetto all'esercito tedesco, allungava di un anno la ferma militare, fino ad allora della durata di due anni; ciò aggravò i rapporti con la Germania[16].
Il 28 giugno 1914, giorno di solenni celebrazioni e festa nazionale serba, l'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este erede al trono d'Austria-Ungheria e la moglie Sophie Chotek von Chotkowa, recatisi a Sarajevo in visita ufficiale, furono uccisi da alcuni colpi di pistola sparati dal nazionalista diciannovenne serbo Gavrilo Princip: paradossalmente, l'arciduca era forse l'unico austriaco autorevole che fosse comprensivo verso i nazionalisti serbi, perché sognava un impero unito da un legame federativo[17]. Da questo avvenimento scaturì una drammatica crisi diplomatica che infiammò le tensioni latenti e segnò l'inizio della guerra in Europa[18].
Nei giorni che seguirono, la Germania, convinta di poter circoscrivere il conflitto, sollecitò l'Austria-Ungheria affinché aggredisse al più presto la Serbia; solo il Regno Unito avanzò una proposta di conferenza internazionale che non ebbe seguito, mentre le altre nazioni europee si preparavano lentamente al conflitto.
Quasi un mese dopo l'assassinio di Francesco Ferdinando, l'Austria-Ungheria inviò un duro ultimatum alla Serbia, che accettò solo una parte delle richieste: il 28 luglio 1914 l'Austria-Ungheria dichiara guerra alla Serbia, determinando l'irrimediabile acuirsi della crisi e la progressiva mobilitazione delle potenze europee, cagionata dal sistema di alleanze tra i vari stati.
L'Italia, insieme al Portogallo, la Grecia, la Bulgaria, il Regno di Romania e l'Impero ottomano si posero in uno stato di neutralità, attendendo ulteriori sviluppi della situazione. Alla mezzanotte del 4 agosto erano cinque le potenze che ormai erano entrate in guerra (Austria-Ungheria, Germania, Russia, Regno Unito e Francia), ciascuna convinta di poter battere gli avversari in pochi mesi: era opinione diffusa che la guerra sarebbe finita a Natale, o tuttalpiù a Pasqua del 1915[19].
La guerra
«Tornerete nelle vostre case prima che siano cadute le foglie dagli alberi»
(Guglielmo II alle truppe tedesche in partenza per il fronte nella prima settimana di agosto 1914[20])
Il 1º agosto, dopo l'inizio delle ostilità fra Austria-Ungheria e Serbia, il governo tedesco dichiarò guerra alla Russia che aveva mobilitato l'esercito e due giorni dopo anche alla Francia. La strategia tedesca era condizionata dal dover sostenere una guerra su due fronti, ulteriormente aggravata dalle concezioni belliche prettamente aggressive dei francesi che, entro pochi giorni dalla mobilitazione, prevedevano un attacco lungo il comune confine usando tutto il potenziale bellico a disposizione. La duplice dichiarazione di guerra era quindi il necessario primo passo in vista dell'attuazione del piano Schlieffen, che prevedeva la sconfitta della Francia con una "guerra lampo" di sole sei settimane prima di rivolgere l'attenzione a est contro i russi[21].
Il piano, ideato dal generale Alfred von Schlieffen e completato nel 1905, prevedeva di attaccare la Francia da nord attraverso Belgio e Paesi Bassi, così da evitare la lunga linea fortificata alla frontiera e consentire all'esercito tedesco di calare su Parigi con un'unica grande offensiva. Von Schlieffen continuò a lavorare al piano anche dopo essersi ritirato dall'esercito e lo sottopose a un'ultima revisione nel dicembre 1912, poco prima di morire. Il generale Helmuth Johann Ludwig von Moltke, suo successore come capo di stato maggiore dell'esercito, decise di accorciare il fronte ed escluse i Paesi Bassi dalla manovra; confidando nella lenta mobilitazione della Russia[22], Moltke previde di lasciare sul fronte est una forza di dieci divisioni, considerata più che sufficiente a trattenerla fino alla neutralizzazione della Francia, dopo la quale l'esercito tedesco avrebbe potuto rivolgere tutte le forze contro la Russia[23].
Il 2 agosto la Germania invase lo stato neutrale del Lussemburgo mentre il 4 agosto, dopo che un formale ultimatum era stato respinto, i tedeschi invasero il Belgio avanzando a gran velocità; l'azione fu il pretesto per la dichiarazione di guerra britannica alla Germania, anche se il Regno Unito non aveva truppe sul continente europeo e il suo corpo di spedizione (British Expeditionary Force o BEF) al comando di Sir John French doveva ancora essere radunato, armato e inviato oltre la Manica[23].
Il 5 agosto le forze tedesche andarono all'assalto del primo vero ostacolo sul loro cammino: il campo fortificato di Liegi con la sua guarnigione di 35.000 soldati. L'attacco durò più del previsto e solo il 7 agosto la fortezza centrale capitolò[24]. Dopo la caduta di Liegi la maggioranza dell'esercito belga si ritirò verso ovest mentre il 25 più a nord i tedeschi bombardarono Anversa con uno Zeppelin, durante le fasi preliminari dell'assedio della città che durò fino al 28 settembre e comportò enormi devastazioni[25]. Sempre il 12 le avanguardie del corpo di spedizione britannico attraversarono la Manica scortate da navi da guerra: in dieci giorni furono sbarcati senza perdite 120.000 uomini, non avendo la Kaiserliche Marine mai ostacolato le operazioni[26].
Il 20 agosto le truppe tedesche entrarono a Bruxelles. All'estremità meridionale del fronte i francesi, penetrati in Alsazia il 14 agosto e vicini alla città di Mulhouse, giunsero a sedici chilometri dal Reno, ma furono bloccati dai tedeschi e non riuscirono ad andare oltre. Più a nord le truppe francesi, penetrate in Lorena, furono sconfitte a Morhange e iniziarono a ritirarsi verso Nancy; le truppe tedesche le inseguirono, ma furono poi sanguinosamente arrestate dalle fortificazioni francesi nel corso della battaglia del Gran Couronné[27].
Il 22 agosto l'esercito tedesco attaccò lungo tutto il fronte ed ebbe inizio la gigantesca battaglia delle Frontiere: la 5ª Armata francese fu sconfitta a Charleroi e cominciò l'aspra battaglia di Mons, battesimo del fuoco per il corpo di spedizione britannico che resistette con inaspettata tenacia[28]. I tedeschi riuscirono comunque a superare la resistenza di French e il 23 iniziarono ad avanzare; quello stesso giorno sia i francesi da Charleroi che i belgi da Namur cedettero alla pressione tedesca e iniziarono a ripiegare. Il 2 settembre il governo francese abbandonò Parigi e si rifugiò a Bordeaux[29] ma gli anglo-francesi appresero da ricognizioni aeree che i tedeschi non stavano più puntando sulla capitale, avendo piegato più a sud-est verso la linea del fiume Marna dietro cui si erano attestati gli Alleati[30]. Il giorno dopo, con i tedeschi a soli 40 chilometri da Parigi[31] e una situazione di grande panico nelle retrovie francesi - un milione di parigini aveva abbandonato la città[29] - il generale Joseph Simon Gallieni, governatore militare della capitale, organizzò, nel sistema di trincee e fortificazioni che l'attorniavano, una nuova armata appena costituita[31], mentre il comandante in capo, generale Joseph Joffre, preparava la controffensiva.
Il 5 settembre i francesi, con l'aiuto del BEF, passarono al contrattacco e bloccarono l'avanzata tedesca a est di Parigi durante la prima battaglia della Marna; i tedeschi dovettero abbandonare il piano Schlieffen ma riuscirono ad arrestare la spinta offensiva degli anglo-francesi nel corso della successiva prima battaglia dell'Aisne (13-28 settembre). Nei giorni successivi entrambi i contendenti diedero inizio a una serie di manovre nel tentativo di aggirarsi reciprocamente sul fianco settentrionale, rimasto scoperto, dando luogo alla cosiddetta "corsa al mare": ogni tentativo fallito finiva con l'allungare sempre di più la linea del fronte, finché, per la fine di ottobre, entrambi i contendenti non raggiunsero le rive del mare nella regione delle Fiandre[32]; in novembre un ultimo tentativo tedesco di rompere il fronte alleato portò alla sanguinosa prima battaglia di Ypres, al termine della quale i due contendenti si attestarono sulle posizioni raggiunte. La battaglia segnò la fine della guerra di movimento a occidente in favore di una logorante guerra di trincea lungo un fronte continuo di solide postazioni fortificate[33].
Gli scontri iniziali a est erano stati contrassegnati più da rapidi mutamenti di fortuna che da vantaggi decisivi per una delle due parti. Il comando austro-ungarico aveva impiegato parte delle sue forze nel vano tentativo di mettere fuori combattimento la Serbia e inoltre il suo piano per un'offensiva iniziale diretta a tagliare il saliente rappresentato dalla Polonia era stato paralizzato dal cattivo funzionamento della parte tedesca della tenaglia. Anzi era la Germania, che schierava la sola 8ª Armata con il compito di difendere la Prussia orientale, a rischiare di essere sopraffatta dalle truppe di Nicola II che mobilitò anzitempo la 1ª e la 2ª Armata contro la Prussia, nel tentativo di allentare la pressione sulla Francia già ad agosto[34].
Nuove forze provenienti da occidente permisero a Ludendorff, il 15 dicembre 1914, di respingere i russi fino alla linea dei fiumi Bzura e Ravka davanti a Varsavia, ma la diminuzione delle provviste e delle munizioni indusse lo zar a ritirare ulteriormente le truppe sulle linee trincerate lungo i fiumi Nida e Dunajec, lasciando ai tedeschi l'estremità della striscia polacca. Anche a est le ostilità si arenarono su lunghi e saldi sistemi trincerati, tuttavia l'inadeguatezza delle sue industrie non permetteva alla Russia di sostenere lo sforzo bellico allo stesso modo degli anglo-francesi[36].
Benché fosse tecnicamente il luogo dove la guerra aveva preso avvio, il fronte serbo fu relegato ben presto a teatro secondario di un conflitto divenuto ormai mondiale. Con il grosso delle sue forze concentrato in Galizia contro i russi, l'Austria-Ungheria diede avvio all'invasione del territorio serbo il 12 agosto 1914: guidate dal generale Radomir Putnik e supportate anche dalle forze del Regno del Montenegro, le truppe serbe opposero un'ostinata resistenza, infliggendo agli austro-ungarici una sconfitta nella battaglia del Cer (16-19 agosto) e obbligandoli a ritirarsi oltre frontiera[37]. Dopo una controffensiva serba al confine con la Bosnia, sfociata nell'inconcludente battaglia della Drina (6 settembre-4 ottobre), gli austro-ungarici del generale Oskar Potiorek lanciarono una nuova invasione il 5 novembre, riuscendo a occupare la capitale Belgrado: Putnik fece arretrare lentamente le sue forze fino al fiume Kolubara, dove inflisse una disastrosa sconfitta alle truppe di Potiorek obbligandole ancora una volta alla ritirata; il 15 dicembre 1914 i serbi ripresero Belgrado, riportando la linea del fronte ai confini prebellici[38].
Le offensive austro-ungariche erano costate all'Impero la perdita di 227.000 uomini tra morti, feriti e dispersi, oltre a un ampio bottino di armi e munizioni di vitale importanza per il mal equipaggiato esercito serbo; nonostante la vittoria la Serbia ebbe 170.000 caduti durante la campagna, perdite enormi per il suo piccolo esercito ulteriormente aggravate dallo scoppio di una violenta epidemia di febbre tifoide (che fece 150.000 vittime tra i civili) e dalla grave carenza di generi alimentari[38].
Solo con il verificarsi della seconda guerra mondiale la Grande Guerra fu ribattezzata "prima guerra mondiale", espressione che quindi è in effetti un retronimo.