Il theorema egregium o teorema egregium[1] è un risultato di geometria differenziale che afferma che la curvatura gaussiana è una grandezza intrinseca di una superficie, conservata dalle trasformazioni isometriche locali[2].
In altre parole, la curvatura gaussiana è intrinseca alla superficie e indipendente dallo spazio ambiente, nonostante sia definita come prodotto delle curvature principali (il cui valore dipende da come la superficie è immersa dallo spazio ambiente).
Il risultato è stato scoperto da Carl Friedrich Gauss e pubblicato nel 1827 nelle Disquisitiones generales circa superficies curvas, enunciato nel seguente modo[3]:
«Si superficies curva in quamcumque aliam superficiem explicatur, mensura curvaturae in singulis punctis invariata manet.»
È chiamato dallo stesso Gauss theorema egregium (teorema egregio) per via dell'importanza del risultato: è un risultato tutt'altro che intuitivo e di grande valore. Una delle conseguenze immediate del teorema è il fatto che superfici con differente curvatura gaussiana non possono essere fra loro isometriche. Ad esempio, una sfera (che ha curvatura strettamente positiva) non può essere isometrica al piano (che ha curvatura nulla): per questo motivo ad esempio i planisferi presentano sempre delle distorsioni.
Il viceversa non è vero in generale: un controesempio è fornito dalla superficie di rotazione generata da una curva logaritmica e dall'elicoide :
Le due superfici hanno la stessa curvatura gaussiana ma non sono isometriche[4]. Tale implicazione vale solo nel caso le due superfici abbiano curvatura gaussiana uguale e costante (teorema di Minding).
La curvatura gaussiana di una superficie in un punto è definita come il prodotto delle due curvature principali nel punto o, equivalentemente, come il determinante dell'hessiano di una parametrizzazione della superficie stessa.
I coefficienti della seconda forma fondamentale sono esprimibili come:
Sostituendo le precedenti nell'espressione
si ottiene:
Si esprime ognuno dei fattori come determinante di prodotti di matrici (sfruttando l'invarianza del determinante rispetto alla trasposizione ed applicando il teorema di Binet), ottenendo:
Si considerano le seguenti identità (che si verificano direttamente derivando i coefficienti della prima forma fondamentale)
dalle quali si deduce:
Sostituendo nell'espressione ottenuta precedentemente si ha infine:
Avendo espresso per mezzo di e delle loro derivate prime e seconde (che sono funzioni invarianti per isometrie), si può concludere che anche è invariante per isometrie.
- Renzo Caddeo e Alfred Gray, Curve e superfici, vol. 1, Cagliari, CUEC, 2001, pp. 533-535, ISBN 88-8467-022-5.
- Carl Friedrich Gauss, Disquisitiones generales circa superficies curvas, Gottinga, Typis Dieterichianis, 1827.