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antica città della Daunia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Salapia è stata un'antica città della Daunia, la cui diversa dislocazione sul territorio si è accompagnata ad una trasformazione del suo nome.
Salapia | |
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Nome originale | Salapia vetus |
Cronologia | |
Fondazione | X secolo a.C. |
Fine | 1547 |
Amministrazione | |
Dipendente da | Magna Grecia, Sanniti, Antica Roma, Longobardi, Normanni |
Territorio e popolazione | |
Nome abitanti | salapini |
Coordinate | 41°23′54.87″N 15°57′35.54″E |
Trascurando la Elpia citata da Strabone, sulla quale è ancora tutto nebuloso, Salapia è la città fondata sul finire del X secolo a.C. da gruppi di Liburni approdati sulla costa del Tavoliere delle Puglie. È la Salapia vetus di cui parla Vitruvio, tra gli studiosi nota anche come la Salapia preromana. Nel I secolo a.C., divenuta palude la laguna su cui si affacciava la città, i Salapini chiesero ed ottennero di potersi trasferire a quattro miglia di distanza in una zona più salubre: nasce così la Salapia romana, il cui nome piano piano si corroderà in Salpia e poi in Salpi[1]. Con quest'ultima denominazione è ricordata anche come sede vescovile dal 314 al 1547, allorché la diocesi di Salpi viene soppressa e il suo territorio unito all'arcidiocesi di Trani[2].
Il sito archeologico relativo all'antica Salapia si trova nella parte meridionale del Tavoliere delle Puglie, a pochi chilometri a nord-ovest di Margherita di Savoia. Si tratta della Salapia vetus, citata in varie fonti letterarie, ma la cui ubicazione, incerta, è stata alla fine individuata in contrada Torretta dei Monaci grazie all'aerofotografia e agli scavi eseguiti a partire dal 1967[3].
Le origini della città sono da riportare alla fine del X secolo a.C., nell'ambito delle migrazioni di genti illiriche dalla costa dalmata a quella pugliese: sulla base degli elementi emersi dall'indagine archeologica è stata avanzata l'ipotesi che a fondare Salapia siano stati coloni liburnici della città di Nin, i quali trovarono sul litorale pugliese lo stesso ambiente lagunare da cui provenivano[4].
La città si estendeva su tre “penisole” sporgenti nella laguna e, in un'area di circa 9 km², vi era l'abitato, la necropoli e gli spazi destinati al pascolo e alla coltura, utili in tempo di guerra. Il nucleo abitativo principale si trovava nella penisola maggiore ed era difeso, dalla parte del retroterra, da un bastione e un fossato[5]. Salapia in origine era una frazione o colonia di Canusium, l'attuale Canosa di Puglia.
Dal punto di vista politico, Salapia come altri centri della Daunia, era organizzata in città-Stato, in cui il potere era nelle mani di una ristretta oligarchia. Conferma di questa autonomia politica viene dalla coniazione di una propria moneta, su cui troviamo spesso i nomi dei governanti del tempo.
Al tempo della seconda guerra punica Salapia ebbe al proprio interno due schieramenti, uno filoromano, guidato da Blattio, e uno filocartaginese, con a capo Dasio. Quest'ultimo prevalse in un primo tempo, tanto che Annibale soggiornò a lungo a Salapia: qui ebbe una relazione con una donna del luogo, bollata come prostituta da Plinio, che definì la città Oppidum Annibalis meretricio amore inclutum[6].
In un secondo momento Salapia decise di passare dalla parte romana, cacciando il presidio cartaginese e ritornando a fianco di Roma (210 a.C.);[7] con uno stratagemma Annibale cerca di entrare in città e vendicarsi, ma non ci riesce.
Successivamente Salapia sarà coinvolta nella guerra sociale, durante la quale fu assediata dal pretore Caio Cosconio, incendiata e quasi rasa al suolo[8].
Alla metà del I secolo a.C., quindi, la città è in piena decadenza, dovuta non solo alle vicende belliche e alle difficoltà economiche, ma anche alle mutate condizioni ambientali. Infatti, la laguna su cui si affacciava cominciò ad interrarsi per i detriti portati da vari corsi d'acqua e a trasformarsi in una palude generatrice di malaria. I Salapini, allora, grazie alla mediazione di un M. Hostilius – probabilmente un patronus della città –, ottennero dal senato romano di potersi trasferire a quattro miglia di distanza, in direzione sud-est, su di una piccola altura, località oggi denominata “il Monte”, a ridosso delle vasche delle Saline. La nuova città fu delimitata da mura e provvista, tramite un canale, di un porto sul mare[9], le cui strutture dovevano trovarsi nell'area dell'attuale Torre di Pietra.
Nasce così la Salapia romana, che pian piano vedrà il suo nome modificarsi in Salpia e poi in Salpi[10].
La floridezza economica raggiunta dalla nuova città fa sì che nel IV secolo ci appaia come sede vescovile: nel 314, infatti, Pardo, vescovo di Salpi, insieme al diacono Crescente partecipa al Concilio di Arles, in Gallia. E Pardo, allo stato attuale delle ricerche, è il primo vescovo pugliese storicamente certo[11]. Altri vescovi sono annoverati nel V secolo, ma nell'Alto Medioevo la città non sfugge alla crisi che coinvolge l'intero Occidente, per cui la civitas si riduce ad un castrum, occupato in seguito dai Longobardi.
In costante ripresa a partire dal Mille, Salpi, prima signoria normanna e poi locus solatiorum prediletto da Federico II di Svevia, vivrà una fase di particolare floridezza nei secoli XI-XIII, allorché si ha anche la costituzione della Universitas hominum civitatis Salparum.
L'ultimo Medioevo, però, registra una crisi irreversibile della città, la cui fine è sancita dalla soppressione della sede vescovile nel 1547[12].
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