Paesi meno sviluppati
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Paesi meno sviluppati o paesi sottosviluppati è un termine convenzionale per la classificazione dei paesi in base al loro livello di sviluppo economico, mutuato dall'inglese Least Developed Country (LDC) e che i francesi chiamano pays les moins avancés (PMA). Secondo la definizione utilizzata dalle Nazioni Unite, che hanno codificato il termine nel 1971,[1] sono quelli che mostrano gli indicatori socioeconomici più bassi, specialmente nell'Indice di sviluppo umano (HDI) e soddisfano i seguenti tre criteri:[2][3]
- Povertà – criterio modificabile basato sul reddito nazionale lordo (RNL) pro capite calcolato sulla media di tre anni. A partire dal 2018, un paese deve avere un RNL pro capite inferiore a 1 025 dollari per essere incluso nell'elenco e oltre 1 230 dollari per uscirne.
- Debolezza delle risorse umane – sulla base degli indicatori di alimentazione, salute, istruzione e alfabetizzazione degli adulti.
- Vulnerabilità economica – basata dall'instabilità della produzione agricola, sull'instabilità delle esportazioni di beni e servizi, sull'importanza economica delle attività non tradizionali, sulla concentrazione delle esportazioni di merci, sullo svantaggio delle ridotte dimensioni economiche e sulla percentuale di popolazione sfollata a causa di disastri naturali.
Nel novembre 2021, 46 paesi erano ancora classificati come Paesi meno sviluppati, mentre sei sono stati declassati tra il 1994 e il 2020.[4] L'Organizzazione mondiale del commercio (WTO) riconosce l'elenco delle Nazioni Unite e afferma: «Le misure adottate nel quadro del WTO possono aiutare i paesi meno sviluppati ad aumentare le loro esportazioni verso altri membri del WTO e attrarre investimenti. In molti paesi in via di sviluppo le riforme a favore del mercato hanno incoraggiato una crescita più rapida, la diversificazione delle esportazioni e una partecipazione più efficace al sistema commerciale multilaterale». [5]