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reato di uccisione di un essere umano da parte di un altro essere umano, meno grave dell'omicidio volontario Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
L'omicidio preterintenzionale è il reato di chi provoca la morte di una persona senza avere la volontà di ucciderla, ma solo di percuoterla o provocarle lesioni (praeter intentionem, «oltre l'intenzione»).[1] Si distingue perciò sia dall'omicidio doloso, dove l'agente intende proprio causare la morte altrui, sia dall'omicidio colposo, dove la morte (evento del reato) è conseguenza della sua condotta incauta, ma di per sé non rivolta a uccidere o ad attuare un'aggressione fisica.
Negli ordinamenti in cui è previsto, come in quello italiano, il reato è punito generalmente con pena più grave rispetto all'omicidio colposo e meno grave rispetto all'omicidio doloso.[2]
Delitto di Omicidio preterintenzionale | |
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Fonte | Codice penale italiano Libro II, Titolo XII, Capo I |
Disposizioni | art. 584 |
Competenza | corte d'assise |
Procedibilità | d'ufficio |
Arresto | facoltativo |
Fermo | consentito |
Pena | reclusione da 10 a 18 anni |
L'omicidio preterintenzionale può essere commesso non solo tramite una condotta attiva ma anche, secondo un orientamento in dottrina e giurisprudenza,[3] mediante un'omissione diretta a procurare lesioni (non sono invece possibili, in genere, le percosse per omissione[4]).
Una questione di scarsa importanza pratica, almeno nella giurisprudenza più recente,[5] è se, affinché possa parlarsi di omicidio preterintenzionale, la condotta incriminata debba consistere (almeno) in un vero e proprio tentativo di lesioni o di percosse, o se basti anche solo un atteggiamento aggressivo o minaccioso che, per qualche ragione, finisce per provocare la morte della vittima senza che l'agente abbia nemmeno tentato di offenderla fisicamente.[6] Al riguardo, la dottrina prevalente sostiene la necessità che le percosse o le lesioni siano almeno tentate.[5] La morte causata da una condotta non ancora tradotta in una vera aggressione fisica può però rendere applicabile l'art. 586 c.p. (morte come conseguenza di altro delitto) o a volte l'art. 589 c.p. (omicidio colposo).[7]
Un tentato omicidio preterintenzionale non è configurabile: per definizione, infatti, l'azione (o l'omissione) si compie senza la volontà di uccidere, in mancanza della quale non può mai parlarsi di tentativo di omicidio. In tal caso, se per qualsiasi motivo la morte non avviene, si commettono sempre e solo i reati di lesione o di percosse, consumati o tentati; se viceversa c'era volontà di uccidere si avrà un tentato omicidio doloso.[8]
Sull'elemento soggettivo del suddetto reato sussiste un florido contrasto giurisprudenziale.
Parte della giurisprudenza (e della dottrina), al fine di garantire la sopravvivenza normativa dell'omicidio preterintenzionale (scongiurando una eventuale dichiarazione di incostituzionalità dello stesso), configura l'elemento soggettivo in termini di "dolo misto a colpa": l'evento morte può essere imputato all'agente solo se ne viene accertata la sua colpevolezza colposa; ciò in ossequio al portato ermeneutico delle sentenze della Consulta nn. 1085 e 364 del 1988: <<Il comma primo dell'art. 27 Cost. [...] richiede la "colpevolezza" dell'agente rispetto agli elementi più significativi della fattispecie tipica (una relazione psichica tra il soggetto e il fatto) [...]. La responsabilità penale sorge, dunque, solo nell'effettiva presenza dell'elemento subiettivo: non si può mai dare per presunta la colpa [...]>>.[9][10][11][12][13]
Un diverso orientamento, per contro, ritiene che l'elemento soggettivo della discorrenda fattispecie si fonderebbe, ontologicamente, sul modello del "dolo misto a responsabilità oggettiva": l'evento morte è posto a carico dell'agente sulla base del solo nesso di causalità, se si è realizzato come conseguenza di atti diretti a ledere o percuotere; per cui l'omicidio può essere imputato a prescindere dell'accertamento della prevedibilità o evitabilità dell'evento morte.[14][15][16][17][18]
Questo secondo orientamento, difatti, giudica come concretamente inutilizzabile il modello del dolo misto a colpa generica: dovrebbe accertarsi se il reo ha, o meno, utilizzato "cautela" nella condotta tesa a ledere o percuotere. E liquida, poi, come sostanziale "responsabilità oggettiva mascherata" quei correttivi elaborati ed applicati al predetto modello del dolo misto a colpa, nel tentativo di rispondere alla censura del "ledere/percuotere con cautela"[19] Di seguito, si citano alcuni di questi "correttivi", empiricamente giudicati, dalla letteratura scientifica, come "modelli mentitori":[20][21][22]
Venendo all'elemento psicologico relativo agli "atti diretti a ledere o percuotere", sebbene vi siano state talune posizioni giurisprudenziali e dottrinali valorizzanti l'insufficienza del dolo eventuale a sostenere la portata offensiva richiesta dagli "atti diretti a...", generalmente si ritiene che il dolo possa configurarsi anche come solo "eventuale".[31]
Infine, sull'atteggiamento psicologico dall'agente verso l'evento preterintenzionale, secondo una tesi questo può essere anche solo non voluto dall'agente;[32] secondo un orientamento più rigido, invece, detto evento preterintenzionale deve essere rigorosamente "disvoluto" dal reo: diversamente, nella realtà giurisprudenziale, potrebbero essere utilizzate (in modo scorretto) forme imputative di dolo eventuale per addebitare l'evento morte (nel dolo eventuale, l'evento non è perseguito dal reo, ma solo accettato nella sua possibile realizzazione): una sostanziale responsabilità oggettiva mascherata.[33][34][35][36][37]
L'omicidio preterintenzionale è previsto anche in altri ordinamenti europei ed extraeuropei:[38]
L'omicidio preterintenzionale può maturare anche in un contesto circostanziale giuridicamente rilevante:
La progressione criminosa dell'omicidio preterintenzionale (per come delineata all'art. 43, 2° alinea, c.p.),[139] viene sanzionata anche per altre fattispecie di reato:
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