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I coati (Nasua Storr, 1780) sono un genere di Procionidi (Procyonidae) originario dell'America centrale e meridionale. Il loro nome scientifico deriva dal termine latino nasus, in riferimento al loro muso allungato simile a una proboscide dotato di naso mobile. Il nome «coati» invece, comune in molti paesi, è preso in prestito dalla lingua tupí o guaraní e deriva da cua, «cintura», e tim, «naso».[1]
Due specie di coati, il coati rosso e quello dal naso bianco, sono molto simili tra loro, tanto che fino a poco tempo fa erano raggruppate in un'unica specie. Presentano una lunghezza testa-corpo di 43-70 cm. La coda, che presenta bande alternate gialle e marroni, ha all'incirca la stessa lunghezza, 42-68 cm.[2] L'altezza al garrese raggiunge i 30,5 cm e il peso varia tra 3,5 e 6 kg. Le zampe anteriori sono corte, le posteriori lunghe. I maschi sono generalmente più grandi delle femmine. Il coati di Nelson, una sottospecie di coati dal naso bianco endemica dell'isola di Cozumel, raggiunge una lunghezza totale di soli 70-80 cm, tanto che fino a poco tempo fa veniva considerato una specie a sé, ma le sue dimensioni, pur discostandosi da quelle dei cugini che vivono nella vicina penisola dello Yucatán, rientrano nel range delle dimensioni della specie.[3] Ancora più piccola di quest'ultimo è la terza specie del genere, il coati di montagna, che presenta una lunghezza totale di 60-70 cm, di cui 20-25 per la coda; il suo peso varia tra 1 e 1,5 kg.
La pelliccia del coati di Nelson è corta e abbastanza morbida e setosa. In altre popolazioni delle altre specie la pelliccia è più lunga e alquanto ruvida.[3] Il colore della pelliccia della regione dorsale varia dal marrone chiaro al rossastro,[2] fino al nero.[3] Le parti inferiori, invece, vanno dal giallastro al marrone scuro. Il muso, il mento e la gola sono generalmente bianchi, mentre i piedi sono neri.[3] La regione delle spalle dei maschi adulti può presentare peli gialli o bianchi. Gli occhi sono circondati da una sorta di maschera di colore dal rossastro al marrone[2], mentre la faccia è macchiata di bianco e nero.[3] Il muso del coati rosso varia dal grigio al marrone, ma non è mai bianco come nel coati dal naso bianco e nel coati di Nelson.[4] Il coati di montagna è di colore grigio-bruno, con anelli della coda bruno scuro su fondo giallastro, ben visibili.
Le orecchie sono corte e il muso è lungo e molto mobile all'estremità.[2] Il coati rosso e quello dal naso bianco differiscono per una serie di caratteristiche del cranio. Il modo più semplice per distinguerle è quello di osservare il palato: nel primo è piatto, nel secondo è depresso lungo la linea mediana.[3]
I coati vivono nel continente americano, dagli Stati Uniti sud-occidentali all'Argentina. Non sembrano essere presenti negli llanos del Venezuela.[2]
Non sono molto esigenti riguardo alla scelta dell'habitat,[2] ma vivono più spesso nelle foreste.[3] Si incontrano nelle foreste pluviali tropicali sempreverdi quanto nelle foreste secche e decidue.[2] Il coati di montagna vive sul versante occidentale delle Ande, dal Venezuela all'Ecuador; come indica il nome, è una specie di montagna che abita le foreste e le savane cespugliose, fredde e piuttosto secche, a un'altitudine di 2000-4000 m.
I coati sono attivi principalmente durante il giorno, ma i maschi adulti sono spesso attivi anche di notte.[3] Sono onnivori e cercano il cibo sugli alberi e sul terreno. Quando sono a terra, tengono di solito la coda eretta, ad eccezione della punta arricciata. Perlustrano il terreno, gli anfratti e le cavità con il muso mobile e sensibile. Quando c'è abbondanza di frutta, preferiscono nutrirsi di questa. Altrimenti, il menu di femmine e piccoli è costituito per lo più da invertebrati e quello dei maschi dai roditori più grandi.[2][3] Quando sono in cerca di cibo si spostano per 1500-2000 m al giorno e di solito ritornano sugli alberi dormitorio di notte.[3]
Il comportamento sociale del coati dal naso bianco è stato ben studiato, ma il coati rosso sembra avere un comportamento simile.[2] Le femmine e i giovani vivono in gruppi composti anche da 20 esemplari; i maschi adulti, invece, vengono tenuti alla larga dalle manifestazioni di aggressività delle femmine, talvolta coadiuvate dai giovani. Sono stati tuttavia segnalati casi di convivenza di maschi e femmine all'interno di un gruppo e di convivenza pacifica tra due maschi. Durante la stagione degli amori, i maschi si sottomettono alle femmine. La stagione degli amori coincide con il periodo di maggiore disponibilità dei frutti; durante il resto dell'anno i maschi sono carnivori e potrebbero tentare di predare i giovani coati, minacciando così l'esistenza del gruppo.[3]
La stagione degli amori dura da due a quattro settimane. Dopo un periodo di gestazione di 10-11 settimane, in un nido costruito sugli alberi, nascono da due a sette piccoli. Alla nascita questi pesano da 100 a 180 g e aprono gli occhi dopo 11 giorni. Dopo cinque settimane lasciano il nido e si uniscono al gruppo con la madre. I piccoli vengono allattati per quattro mesi e raggiungono la taglia degli adulti a 15 mesi e la maturità sessuale a due anni.[3]
Attualmente nel genere Nasua vengono riconosciute tre specie:
Il coati di Nelson, dell'isola di Cozumel, non viene più considerato una specie a sé, bensì una sottospecie di coati dal naso bianco (Nasua narica nelsoni).[6]
Secondo la IUCN le popolazioni di coati rosso e coati dal naso bianco, benché in diminuzione, non destano preoccupazioni, tanto da essere classificate come «specie a rischio minimo» (Least Concern).[7][8] La IUCN riporta che entrambe le specie sono cacciate per la carne e la pelliccia, anche se in alcuni territori (Nuovo Messico, Uruguay) godono di qualche tipo di protezione. Una minaccia importante è costituita anche dalla deforestazione e dalla distruzione degli habitat idonei.
Il coati di montagna, invece, è considerato dalla IUCN «specie prossima alla minaccia» (Near Threatened), in particolare per la sua sensibilità alla deforestazione.[9] Decisamente in pericolo è la sottospecie meridensis, che la IUCN considera specie a sé, principalmente a causa della degradazione e della frammentazione degli habitat;[10] la conoscenza che ne abbiamo al momento non è peraltro adeguata a fornire un giudizio preciso.
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