Mito di Gesù
argomento a sostegno della non esistenza del Gesù storico della tradizione cristiana / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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Il mito di Gesù è l'insieme di ipotesi che sostengono l'inesistenza storica del Gesù di Nazareth di tradizione cristiana e in parte musulmana. La tesi è considerata oggi pseudostorica dagli studiosi del Gesù storico.
I sostenitori di questa posizione[Nota 1] affermano che Gesù sarebbe un personaggio fittizio, mitico o mitologico, creato dalla comunità cristiana primitiva e che quindi non sia mai esistito.[1] La tesi secondo cui Gesù sarebbe un mito nasce nel secolo XVIII ed è in larga parte figlia delle controversie sulla data da assegnare alla redazione dei vangeli.
Questa tesi non è oggi accolta nel mondo accademico, che non registra dibattiti riguardo all'esistenza storica di Gesù.[Nota 2][2][Nota 3][Nota 4]
La tesi di un'origine esclusivamente mitica di Gesù trae spunto soprattutto dal fatto che moltissimi fatti riguardanti la vita di Cristo troverebbe analogie in altri miti derivati da più antiche religioni e culti misterici (soprattutto la figura di Osiride-Dioniso e di suo figlio Horus,[Nota 5] ma anche di Mitra, del Sol Invictus, di Esculapio, eccetera). La persona di Gesù sarebbe il risultato di un'elaborazione teologica posteriore, avente l'obiettivo di costruire un fondamento tangibile per assicurare la diffusione di una nuova religione. Premesso che date le circostanze e a così grande distanza di tempo non è possibile dimostrare con assoluta certezza né la fondatezza del personaggio storico di Gesù di Nazareth né la sua infondatezza, lo studio sulla sua figura può comunque avvantaggiarsi di attente ricostruzioni filologiche e storiografiche al fine di cercare di definire cosa sia storicamente fondato di quanto ci è stato tramandato e cosa non lo sia.
I sostenitori della tesi del mito ricordano in particolare che Gesù (in aramaico: Yeshua) è un nome comune di persona[3] ed evidenziano come il materiale più importante a supporto dell'esistenza di Gesù provenga da fonti cristiane postume e non da fonti indipendenti o neutrali. Nei casi nei quali vi è traccia del personaggio in scritti di autori non cristiani, alcuni sospettano alterazioni o manomissioni per opera dei copisti che hanno contribuito a tramandare i testi: è dibattuta, ad esempio, l'autenticità del Testimonium Flavianum.[4] Le stesse fonti cristiane sono successive agli eventi di alcune decine di anni e la fonte più prossima, le lettere di Paolo di Tarso, furono scritte venti o trenta anni dopo la morte di Gesù e non contengono alcun resoconto sulla sua vita (a parte l'istituzione dell'eucaristia), benché siano una testimonianza importante dell'esistenza precoce di una comunità di fedeli, che credono nella morte in croce e nella divinità di Cristo.
Le tesi mitiche guadagnano credibilità se la redazione dei vangeli viene posticipata rispetto al consenso comune degli studiosi. Per esempio il vangelo più antico, quello di Marco, viene solitamente datato agli anni immediatamente precedenti o successivi il 70 e.v. La datazione successiva viene suggerita se il brano della piccola apocalisse viene considerato un riferimento alla distruzione del Tempio di Gerusalemme avvenuta in quell'anno. Un piccolo numero di studiosi, tra cui il tedesco Hermann Detering, propongono una datazione del Vangelo secondo Marco al II secolo: la "piccola apocalisse" sarebbe un riferimento agli eventi della rivolta di Bar Kokhba del 132-135, che secondo loro collimerebbero meglio col testo rispetto agli eventi della prima guerra giudaica del 70.[5] Anche qualora le ragioni di Detering fossero accettate, l'argomento risulta meno probante per quegli studiosi che ritengono che il processo redazionale dei vangeli abbia coinvolto diversi autori e possa essere durato alcuni decenni: altre parti del vangelo potrebbero senza alcuna contraddizione essere molto più antiche, come sostenuto da diversi autori (cfr. Vangelo secondo Marco per alcune datazioni molto precoci). Tuttavia mancano attestazioni storiografiche immediatamente successive agli eventi e anche quelle successive sono vaghe e talora contestate (questo fatto viene utilizzato da alcuni polemisti). I vangeli però descrivono una figura attiva in Galilea e in altre regioni remote da Gerusalemme e attenta a non creare inutili clamori soprattutto a riguardo dei suoi miracoli (il cosiddetto "segreto messianico"). Secondo i sinottici l'incursione a Gerusalemme dura pochi giorni e si conclude con la crocifissione. Giuseppe Flavio, appartenente a famiglia sacerdotale e perciò ben informato sulle vicende gerosolimitane, parla di Giovanni Battista, che battezzava gli abitanti di Gerusalemme nella vicina Gerico, mentre il suo riferimento a Gesù è controverso. Ciò viene utilizzato per sostenere l'inesistenza storica di Gesù, ma potrebbe anche essere dovuto al fatto che lo considerava un semplice e sfortunato seguace del Battista.
Oggi i biblisti sembrano avere un'accresciuta fiducia,[6] grazie anche a scoperte archeologiche come la biblioteca di Nag Hammâdi, di poter ricostruire la vita di Gesù, nell'ambito di una ricerca dai tratti internazionali e interconfessionali.[6][Nota 6] La tesi di Gesù come mito è rifiutata da quasi tutti gli studiosi moderni,[7][8][9][10][Nota 7] che ricordano come la figura di Gesù sia molto meglio conosciuta e documentata di altre persone vissute nello stesso periodo e nella stessa area geografica.[11][12][13]