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economista statunitense Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Milton Friedman (Brooklyn, 31 luglio 1912 – San Francisco, 16 novembre 2006) è stato un economista statunitense, esponente principale della scuola di Chicago.
Fondatore del pensiero monetarista, fu insignito del premio Nobel per l'economia nel 1976, per i suoi lavori sul tema dell'analisi del consumo, delle teorie e della storia monetaria, e per la dimostrazione della complessità delle politiche di stabilizzazione.[1] Il suo pensiero ed i suoi studi hanno influenzato molte teorie economiche, soprattutto in campo monetario.
Friedman nacque a Brooklyn, New York da Sára Ethel Landau e Jenő Saul Friedman,[2] ebrei immigrati dalla Rutenia carpatica a Beregszász, all'epoca Austria-Ungheria, ora Ucraina. Furono droghieri. Dopo breve tempo si trasferirono a Rahway, New Jersey. A quel tempo ebbe un incidente automobilistico, con una lesione al labbro superiore.[3][4] Si diplomò alla Rahway High School nel 1928, a 16 anni non ancora compiuti.[5][6] Si laureò poi alla Rutgers University nel 1932. Gli venne offerta una borsa come ricercatore in matematica alla Brown University e in economia alla University of Chicago.[7] Friedman scelse la seconda e si laureò Master of Arts nel 1933. Fu influenzato da Jacob Viner, Frank Knight, e Henry Calvert Simons. Friedman conobbe la sua futura moglie Rose Director, mentre erano alla University of Chicago.[8]
Durante gli anni 1933-1934 fu fellow alla Columbia University, dove studiò con Harold Hotelling. Ritornò a Chicago nel 1934-1935, lavorando come assistente di Henry Schultz. In quell'anno conobbe George Stigler e W. Allen Wallis.[9] Divenne uno dei principali esponenti del pensiero liberale e liberista. Intensa anche la sua attività di divulgazione, caratterizzata dal suo ritenere più dannosi che utili molti degli interventi dello stato nell'economia e dalle sue idee favorevoli al libero mercato e alla politica del laissez-faire.
I suoi maggiori contributi alla teoria economica riguardano gli studi sulla teoria quantitativa della moneta, sulla teoria del consumo, sull'elaborazione del concetto di tasso naturale di disoccupazione e sul ruolo e l'inefficacia della curva di Phillips nel lungo periodo. Secondo Friedman, l'inflazione è solo un fenomeno monetario e non è utile nel lungo periodo per ridurre la disoccupazione. La sua regola di politica monetaria, incentrata nel conseguimento del controllo della crescita della massa monetaria, è stata utilizzata dalla Federal Reserve negli Stati Uniti ed anche dalla Banca centrale europea (BCE).
Autore di molti libri tra i quali Capitalismo e libertà, Liberi di scegliere e Due persone fortunate, Friedman si dimostra un ottimo divulgatore ed uno dei più insigni rappresentanti del pensiero liberista in economia del nostro tempo. Sposò Rose Director Friedman, dalla quale ebbe due figli, tra cui David, economista di scuola anarco-capitalista.
Le sue teorie hanno esercitato una forte influenza sulle scelte liberiste del governo britannico di Margaret Thatcher e di quello statunitense di Ronald Reagan, degli anni ottanta. Le sue idee sono ancora oggi oggetto di accesi dibattiti: ad esempio, rigettò la stakeholder view e la responsabilità sociale d'impresa sul piano economico ed etico, sostenendo che i manager sono agenti per conto di terzi e dipendenti dei proprietari-azionisti, dovendo agire nell'interesse esclusivo di questi ultimi (utilizzare il denaro degli azionisti per risolvere problemi sociali significa fare beneficenza con i soldi degli altri, senza averne il permesso e tassarli senza dare un corrispondente servizio).
Friedman, che ebbe un ruolo anche nello spingere il Governo degli Stati Uniti ad abolire il servizio militare, a un certo punto cominciò ad esprimere perplessità su alcune politiche di Reagan, in particolare sul proibizionismo della droga propugnato dal Presidente.[10] In Italia le teorie friedmaniane sono state riprese da alcuni settori e movimenti politici di minoranza, come l'ala liberale e liberista di Forza Italia[11], i Radicali italiani (in parte)[12][13] e i Riformatori Liberali.[14]
Sono stati oggetto di controversia i suoi rapporti con il regime dittatoriale di Augusto Pinochet in Cile (1973-1990). Pinochet intraprese una serie di riforme economiche di stampo liberista che seguivano gli orientamenti di Friedman. Diversi economisti formatisi in uno scambio culturale tra università cilene e statunitense (i cosiddetti Chicago Boys) consigliarono il generale nell'attuazione di queste riforme e lo stesso Friedman nel 1975 indirizzò a Pinochet una lettera, in risposta a una domanda su come gestire l'economia, fattagli da Pinochet stesso durante una visita negli Stati Uniti. Il generale, anticomunista e reazionario (e con simpatie parafasciste essendo ammiratore del franchismo), e la sua giunta erano difatti completamente digiuni di finanza e non sapevano come impostare l'economia, essendosi concentrati solo sulla repressione di marxisti e oppositori, per cui alcuni ex studenti di Friedman già in previsione del golpe gli avevano suggerito di rivolgersi per consigli al loro insegnante dell'università.[15]
Pinochet rispose con una seconda lettera di ringraziamenti alla missiva di Friedman, nella quale l'economista raccomandava al dittatore un programma economico conforme alle proprie teorie, spiegando al generale, punto per punto, la possibile applicazione pratica del liberismo alla realtà cilena.[16] Invitato da Pinochet,[16] Friedman compì anche due visite a Santiago del Cile, accompagnato dalla moglie; ebbe solo un colloquio di 45 minuti col dittatore, per il resto si dedicò a conferenze universitarie.[17] Nella prima di queste visite, sostenne pubblicamente che la libertà economica non poteva nel lungo periodo conciliarsi con una dittatura e che quindi un regime militare non potesse essere sostenuto, in quanto non essendo controllato dal voto popolare tendeva a stabilizzarsi e a portare sotto di sé l'economia, generando l'ennesimo statalismo; quindi solo la democrazia politica poteva conciliarsi con il liberismo. Alcuni economisti e docenti americani insegnarono in Cile durante la dittatura, ma Friedman non lo fece mai (tranne nelle due volte in cui venne ospite).[18]
Per le consulenze economiche rivolte a Pinochet, Milton Friedman è stato spesso criticato, come avvenuto svariate volte anche a José Piñera, economista liberista e allievo di Friedman a Chicago, poi Ministro di Pinochet e autore della riforma delle pensioni in Cile.[19] Piñera, uomo molto vicino a Friedman e fratello del futuro presidente Sebastián Piñera, sarà estromesso dal governo nel 1981 e pronuncerà poi invettive contro la tortura come atto sempre inaccettabile.[20]
Lo stesso Friedman ha comunque sempre evitato qualsiasi sostegno politico attivo al regime di Pinochet, da cui ha anzi preso le distanze in più occasioni:
«Chile is not a politically free system, and I do not condone the system. But the people there are freer than the people in Communist societies because government plays a smaller role. ... The conditions of the people in the past few years has been getting better and not worse. They would be still better to get rid of the junta and to be able to have a free democratic system.»
«Il Cile non è un sistema politicamente libero, e io non posso perdonare questo. Ma il popolo è più libero che nelle società comuniste perché il governo ha un ruolo più piccolo. Le condizioni delle persone in questi ultimi anni sono andate sempre meglio e non peggio. Sarebbero ancora meglio se riuscissero a sbarazzarsi della giunta ed essere in grado di avere un sistema democratico libero.»
Specialmente si pronunciò contro gli abusi (come omicidi politici e le sparizioni degli oppositori), parte delle sistematiche violazioni dei diritti umani avvenuti sotto il governo militare, anche se solo a partire dagli anni '80.[22]
«I have nothing good to say about the political regime that Pinochet imposed. It was a terrible political regime. The real miracle of Chile is not how well it has done economically; the real miracle of Chile is that a military junta was willing to go against its principles and support a free market regime designed by principled believers in a free market. [...] In Chile, the drive for political freedom, that was generated by economic freedom and the resulting economic success, ultimately resulted in a referendum that introduced political democracy. Now, at long last, Chile has all three things: political freedom, human freedom and economic freedom. Chile will continue to be an interesting experiment to watch to see whether it can keep all three or whether, now that it has political freedom, that political freedom will tend to be used to destroy or reduce economic freedom.»
«Non ho nulla di buono da dire sul regime politico che Pinochet ha imposto. Fu un regime politico terribile. Il vero miracolo del Cile non è aver fatto bene economicamente; il vero miracolo del Cile è che una giunta militare fu disposta ad andare contro i suoi principi e sostenere un regime di libero mercato, progettata da credenti nel principio di un mercato libero. [...] In Cile, il movimento per la libertà politica, che è stato generato anche attraverso la libertà economica e il conseguente successo economico, si è concluso con un referendum che ha introdotto la democrazia politica. Ora, finalmente, il Cile ha tutte e tre le cose: la libertà politica, la libertà umana e la libertà economica. Il Cile continuerà ad essere un esperimento interessante da guardare, per vedere se si possono mantenere tutti e tre, o se, ora che ha la libertà politica, essa tenderà ad essere utilizzata per distruggere o ridurre la libertà economica.»
Dichiarò che le sue consulenze iniziali erano rivolte esclusivamente alla sua sfera di competenza, l'economia, per aiutare la ripresa della nazione sudamericana[25]:
«I do not consider it as evil for an economist to render technical economic advice to the Chilean Government, any more than I would regard it as evil for a physician to give technical medical advice to the Chilean Government to help end a medical plague.»
«Io non considero male, per un economista, offrire una consulenza tecnica economica al governo cileno, non più di quanto avrei considerato male per un medico fornire una consulenza tecnica medica al governo cileno per aiutare a porre fine a un'epidemia.»
Friedman e i suoi meriti di studioso furono difesi però anche da anti-monetaristi come Federico Caffè.[25]
Il docente di Chicago affermò di aver consigliato ugualmente elementi del Partito Comunista Cinese, contribuendo ai mercati liberi e ad una attenuazione del totalitarismo in Cina durante il periodo di Deng Xiaoping, incontrando il leader Zhao Ziyang, nonché tenuto conferenze in Jugoslavia e URSS, ricevendo in questo caso molti plausi e nessun attacco per aver incontrato un dittatore:
«Devo dire, è un meraviglioso esempio di un doppio standard, perché avevo trascorso del tempo in Jugoslavia, che era un paese comunista. Poi ho tenuto una serie di conferenze in Cina. Quando sono tornato dalla Cina comunista, ho scritto una lettera al giornale Stanford Daily in cui ho scritto: "è curioso. Ho tenuto in Cina esattamente le stesse lezioni che ho tenuto in Cile. Ho avuto molte dimostrazioni contro di me per quello che ho detto in Cile. Nessuno ha fatto obiezioni nei confronti di quello che ho detto in Cina. Come mai?"[26]»
Egli sostenne che il suo consiglio di liberalizzare l'economia avrebbe portato la libertà politica e la caduta del regime.[26]
Friedman, inoltre, non affermò mai che la teoria liberista andasse applicata con shock violenti in senso letterale (disse solo, nel 1975 e quindi due anni dopo il colpo di Stato, che l'economia cilena era distrutta e poteva riprendersi solo con un "trattamento shock" contro l'inflazione, paragonata a una pericolosa ma necessaria operazione chirurgica dove "il paziente rischia di non sopravvivere") come golpe o crisi economiche, né imposta con la forza, come è stato sostenuto e attribuito a Friedman da Naomi Klein in Shock economy (la Klein attribuì inoltre a Friedman la difesa della tortura come "prezzo per essere liberi"[27], ma egli non pronunciò mai questa frase o concetto); difatti, secondo i sostenitori di Friedman, sono esistiti governi liberisti ma democratici e governi con un forte welfare ma dittatoriali e totalitari, e la politica economica non è legata affatto al grado di rispetto dei diritti umani, trattandosi di binari diversi.[28]
Friedman inoltre non accettò mai denaro o ruoli politici di consulenza ufficiale da parte del governo cileno, poiché considerava il regime "terribile" e "spregevole".[28]
Il 17 ottobre 1988 venne insignito della Medaglia presidenziale della libertà, la prestigiosa onorificenza statunitense, dal Presidente Ronald Reagan[29], che condivideva la sua visione liberale e liberista dell'economia. Si oppose alla guerra del Golfo (1991) e alla guerra d'Iraq (2003)[30], e si espresse a favore di un reddito di cittadinanza accanto alla riduzione al minimo indispensabile dello stato assistenziale e del pesante welfare state.[31] Prese posizione in favore dei diritti LGBT[32][33] e anche se non si espresse mai sul matrimonio egualitario, disse: "Non credo che dovrebbe esserci alcuna discriminazione contro i gay"[34].
Nel 2005 Friedman è stato il primo firmatario di un appello[35], sottoscritto da oltre 500 economisti statunitensi, atto a denunciare gli enormi costi (7,7 miliardi di dollari all'anno) del proibizionismo sulla marijuana. Considerava questa legge, come tutta la "guerra alla droga", "un sussidio virtuale del governo al crimine organizzato"[36], essendosi pronunciato spesso contro le politiche antidroga portate avanti dai governi americani (compresi quelli del Partito Repubblicano a cui lui si sentiva più vicino per le idee economiche):
«Se le droghe fossero state depenalizzate diciassette anni fa, il crack non sarebbe mai stato inventato. Invece è stato creato perché l'alto costo delle droghe ha reso proficuo fornirne una più economica... Ogni amico della libertà (...) deve esser disgustato quanto lo son io dalla prospettiva di trasformare gli Stati Uniti in un campo militare, dalla visione di galere piene di consumatori occasionali di droghe e da ogni armata di rappresentanti della legge col potere d'invadere la libertà dei cittadini sulla base di esili prove.»
È morto per infarto cardiaco il 16 novembre 2006 a San Francisco, all'età di 94 anni.
Milton Friedman è stato spesso criticato da economisti libertarian, in particolar modo dalla scuola austriaca. Nel 1971 Murray Rothbard, pensatore anarco-capitalista, scrisse per la rivista The Individualist un articolo nel quale definiva le teorie di Friedman come totalitarie e stataliste. Questo perché, secondo Rothbard, gli economisti come Friedman non sono abbastanza netti nell'affermare che lo Stato è sempre un fattore negativo nell'equilibrio della società e vorrebbero decidere caso per caso quali sono le funzioni in cui è opportuno l'intervento dello Stato. In particolare Rothbard criticò aspramente le contraddizioni presenti nel pensiero economico di Friedman da molti punti di vista, come ad esempio da un punto di vista monetario, ed in generale sul ruolo centrale affidato allo Stato da parte di Friedman[37].
«Ma penso che sia inoltre molto chiaro che non bisogna essere un esperto dei testi di Friedman per rendersi conto che Milton è per il controllo assoluto della riserva monetaria da parte dello Stato, che è a favore del 3 o 4 per cento di aumento della riserva monetaria (i numeri cambiano in continuazione) da parte dello Stato ogni anno, che è a favore di un'imposta sul reddito negativa che è essenzialmente un reddito annuale garantito dallo Stato e che è a favore di un programma di buoni che lascerebbe allo Stato il solido controllo dell'istruzione. Queste cose sono abbastanza plateali; non c'è segreto a proposito. Penso che sia abbastanza chiaro che Friedman è uno statalista. Voglio dire, se siete per lo Stato che controlla la riserva monetaria, il sistema educativo ed un reddito annuale garantito, è detto tutto. Non c'è molto altro da aggiungere.»
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