Dirige la Dar-al Ifta Ahl al-Sunnah wa Jamaah a Baghdad, presso la moschea Umm-al-Tubul.[1]
Dal 2014 è stato riconosciuto dal governo di Nuri al-Maliki come Gran Mufti dei sunniti d'Iraq, la massima autorità religiosa sunnita irachena.[1][2]
Egli ha svolto un importante ruolo politico nelle vicende dell'Iraq, nel tentativo di coinvolgere parte dell'islam salafita nella lotta allo Stato islamico, accanto alle forze sciite.[3] Va comunque ricordato il suo stretto legame con l'Iran[4][5][6][7][8] e la sua condanna della partecipazione a festività cristiane da parte dei musulmani iracheni.[9][10] Il suo ruolo come mufti è tuttavia contestato da una parte dei sunniti iracheni.[10] Il consiglio giuridico degli ulema è infatti rappresentato dallo sheikh Abdul Waha al-Samarrai.[11]
Predicazione
Durante l’occupazione americana in Iraq, sheikh Sumaidaie si pose alla guida di un gruppo armato, sostenendo il jihad contro le forze di occupazione.[12] Nel gennaio 2004, venne arrestato da truppe americane all’uscita da uja moschea di Baghdad.[13][14] Successivamente rilasciato, svolse un ruolo di mediazione tra governo e salafitijihādisti.[15] A seguito del ritiro delle truppe americane nel dicembre 2011, Sumaidaie è stato cooptato dal governo di Nuri al-Maliki per convincere i predicatori sunniti salafiti a partecipare a un Consiglio giuridico unificato con gli sciiti. Il tentativo, durante una conferenza sulla resistenza irachena nel febbraio 2012, non ebbe esito positivo,[12] inoltre per il suo sostegno al governo sciita Sumaidaie subì un tentativo di attentato nell'agosto 2012.[14]
Gran Mufti
Nel febbraio 2014, sheikh Sumaidaie è riconosciuto dal governo di Nuri al-Maliki come estraneo alla rivolta sunnita;[16] il governo iracheno gli riconosce la presidenza di un Consiglio Sunnita della Fatwa (Dar al-Iftaa Ahl al-Sunna wa Jamaah) nelle veci di Gran Mufti dei sunniti,[1][2] con l'obiettivo di coinvolgere i cittadini sunniti nella lotta a Daesh a fianco dell'esercito iracheno e delle Forze di Mobilitazione Popolare.[17]
Pronunciamenti
nel giugno 2014, il Gran Mufti condannò lo Stato Islamico, definendolo un progetto straniero e invitando gli iracheni ad unirsi per combatterlo,[18] unendosi all'appello dell'ayatollah sciita Ali al-Sistani.
nel giugno 2016, all'indomani della riconquista a Daesh della città di Falluja, il portavoce del Gran Mufti, sheikh Amer al-Bayati, dichiarò che la liberazione della città ad opera di iracheni di ogni etnia e religione smentiva la propaganda dell'ISIS secondo cui la guerra civile è quella di "una componente religiosa contro l'altra",[19] unendosi alle dichiarazioni del portavoce dell'Ayatollah sciita di NajafAli al-Sistani, sheikh Abdul Mahdi al-Karbalai, e del presidente dell'Ufficio del Waqf sciita, sheikh Sami al-Masudi.[19]
nel dicembre 2016, a seguito di una Fatwā, il Gran Mufti invitò i predicatori e leader politici che avevano sostenuto la rivolta nell'Anbar e lo Stato Islamico a lasciare l'Iraq, essendosi rivelato fallimentare il loro tentativo di ostacolare il processo politico.[20]
a seguito dell'esplosione di un'autobomba presso la sede della Dar al-Ifta sunnita il 2 gennaio 2017, rivendicata da Daesh,[21][22] il Gran Mufti accusò i politici iracheni collusi con i Paesi occidentali di essere la causa dei continui attentati in Iraq.[23]
nel marzo 2017, il portavoce Al-Bayati dichiarò che gli iracheni, dopo aver sconfitto ebrei e americani in Iraq (quali sostenitori occulti di Daesh), dovranno rivolgersi direttamente contro Israele per liberare la Palestina dagli ebrei.[24]
il 28 marzo 2017, al termine di una conferenza interreligiosa internazionale, il Gran Mufti visitò il santuario sciita dell'imam Husayn a Kerbela, invitando a rifiutare i discorsi di predicatori e politici che cercano di dividere la nazione irachena,[25] mentre una delegazione della Dar al-Ifta, guidata dallo shaykh al-Bayati, visitò l'università Mustansiriyya di Baghdad.[26]
nel febbraio 2018, il Gran Mufti Sumaidaie elogiò il ruolo delle milizie iraniane nella lotta all'ISIS, sostenendo il ruolo della Repubblica Islamica in Iraq.[6]
nell'agosto 2018, il portavoce al-Bayati denunciò la cooperazione di alcuni Paesi islamici del Golfo come l'Arabia Saudita nel far valere le sanzioni americane contro Iran e Turchia, dichiarando che per la loro collaborazione tali Paesi si pongono "fuori dall'Islam".[7][8]
nel dicembre 2018, il Gran Mufti ottenne dal Comandante delle forze armate iraniane Qasem Soleimani, alla presenza del vice-comandante delle Forze di Mobilitazione Popolare sciite Abu Mahdi al-Muhandis, un'importante onorificenza per la "salda posizione in difesa dell’Islam" e la "sincerità dei sentimenti e della spinta verso la liberazione della Palestina".[4] Secondo fonti israeliane, nell'incontro, svoltosi all'indomani delle elezioni, si sarebbe discusso della formazione del nuovo governo.[5]
nel dicembre 2018, a seguito della decisione del governo iracheno di includere il Natale tra le festività nazionali, il Gran Mufti emise una Fatwā invitando i musulmani sunniti a non prendere parte alle celebrazioni, in quanto ciò equivarrebbe ad approvare il credo cristiano.[9][10] La fatwa suscitò la protesta del patriarca caldeoLouis Sako,[27] che esortò alla "convivenza pacifica" e "rispetto reciproco" tra le religioni, ed invitò il governo iracheno a contrastare chi diffonde idee divisive, "specialmente da una piattaforma ufficiale".[28] Anche molti musulmani presero le distanze dalla fatwā, inclusi il presidente dell'Ufficio del Waqf sunnita al-Heymem, che ha evidenziato che i cristiani sono una "componente essenziale" della nazione irachena con "radici profonde" nella storia del Paese,[28] il presidente del Ministero degli Affari religiosi della regione autonoma del Kurdistan, che ha chiesto di prendere un provvedimento legale contro il Gran Mufti, e l'associazione della minoranza yazida.[28]
nel giugno 2019, al-Sumaidaie chiese di proibire la vendita di alcolici in Iraq, secondo un progetto di legge di tre anni prima non più divenuto legge irachena[29][30].
nel gennaio 2020, a seguito dell'attentato americano al capo delle forze Quds in Iraq, generale Suleimani, al-Sumaidaie si è espresso in uno con le autorità irachene rivendicando la sovranità nazionale irachena e unendosi alla richiesta del ritiro delle truppe straniere dall'Iraq.[31]
Spotlight on Iran, su terrorism-info.org.il, he Meir Amit Intelligence and Terrorism Information Center, 2 dicembre 2018. URL consultato il 12 gennaio 2019.
The Sunnah in Iraq- Reality and Future, su fikercenter.com, 16 ottobre 2015. URL consultato il 19 gennaio 2019 (archiviato dall'url originale il 19 gennaio 2019).