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giornalista e politico italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Lucio Schirò (Altofonte, 18 marzo 1877 – Scicli, 30 giugno 1961) è stato un giornalista, politico e pastore metodista italiano.
Lucio Schirò | |
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Lucio Schirò nel 1908, agli inizi della sua missione in Sicilia | |
Sindaco di Scicli | |
Durata mandato | 1920 - 1921 |
Durata mandato | 1944 - 1947 |
Dati generali | |
Partito politico | Partito Socialista Italiano |
Si distinse come militante pacifista e, nelle file del Partito Socialista Italiano, fu eletto sindaco di Scicli in due diversi momenti storici a distanza di vent'anni. La sua vita, la sua missione e il suo pensiero ne fanno una delle più rappresentative e carismatiche figure del metodismo italiano del Novecento, tra ardore di riforma religiosa e riforma sociale, dei cuori come delle menti. Nel suo grande attivismo politico-religioso subì anche diversi attentati da parte di squadre fasciste dirette da alcuni potentati locali, tanto da essere citato come il Martin Luther King della Sicilia.[1]
Lucio Schirò nacque il 18 marzo 1877 ad Altofonte (allora conosciuta come Parco), piccolo comune della provincia di Palermo, da genitori arbëreshë di Piana degli Albanesi.
Appena quindicenne visse l'esperienza dei Fasci Siciliani dei Lavoratori in una zona dove operavano uomini di grande fede come l'italo-albanese Nicola Barbato e Bernardino Verro. Fu affascinato dalla spiritualità di John Wesley e si convinse così a diventare pastore metodista. Passato in Umbria collaborò con Tito Oro Nobili, futuro segretario nazionale del PSI, nell'opera volta a gettare le basi dell'organizzazione socialista in quella regione.
Nel 1908 si trasferì, quale pastore della Chiesa Metodista, a Scicli, un grosso centro agricolo della Sicilia Sud-orientale, dove il reazionario Guglielmo Penna, ex deputato crispino, esercitava ancora una grande influenza e una borghesia tardo giolittiana, rapace e pronta ai contorcimenti politici, era al potere.
Alternando alle cure religiose l'attività politica, Schirò si impegnò per attrarre al socialismo i lavoratori, disorientati nei precedenti anni dal rivoluzionarismo verboso e incostruttivo di elementi anarcoidi. Con l'ausilio dell'avvocato Ignazio Piccione, un giovane di elevato ingegno poi caduto in guerra, costituì la sezione del PSI e potenziò una preesistente Lega dei contadini. Lavorò al tempo stesso anche sul piano educativo fondando una scuola elementare per i figli dei contadini.
Il 23 marzo 1913 iniziò la pubblicazione del Semplicista, un quindicinale che qualificandosi "organo politico-religioso della Chiesa Metodista di Scicli" e pubblicandosi fino al marzo 1915 tentò con esiti interessanti di conciliare Cristianesimo e socialismo in un Socialismo evangelico.
Sempre in quell'anno presentò la propria candidatura al Parlamento nel collegio di Modica, giustificandola come conseguenza della insolvibilità di socialriformisti e radicali che non avevano voluto contrastare le candidature dei moderati Nasi e Rizzone e affermando che "con Cristo nel cuore, nella mente e sulle labbra" avrebbe dato "se stesso alla causa della giustizia", ma riscosse poche centinaia di voti.
Fu poi Consigliere comunale. Quando le nubi della guerra s'addensarono sull'Europa difese posizioni accesamente pacifiste e sul Semplicista avversò la guerra in generale, considerandola "barbara, anticristiana e per conseguenza esiziale agli interessi del paese".
Finita la guerra, riprese l'attività politica e nella ex Contea di Modica fu con Vacirca, Molè, Vajola e Di Vita, suscitatore e capo del più forte movimento socialista avutosi nell'Isola. Dal 1º marzo 1919 al 22 marzo 1924 pubblicò nuovamente Semplicista, rivelando una più compiuta maturazione ideologica per l'acquisizione di nuovi elementi marxisti e avversando sia il riformismo turatiano, sia l'estremismo di sinistra.
Nel dicembre 1919 venne eletto segretario della Federazione socialista di Siracusa e in tale veste accolse nel PSI l'onorevole D'Agata, che s'era dimesso dal PSRI, imponendogli però le dimissioni da deputato. Divenne poi Sindaco di Scicli, deputato provinciale e vicepresidente del Consiglio provinciale di Siracusa, fu anche nel 1919, '21 e '24 candidato al Parlamento.
Tra il 1920 e il 1921 considerò vivificatrice la scissione comunista e utile l'azione autonoma di comunisti, centristi e riformisti, purché nessuno dimenticasse la comune matrice proletaria e il fine unico della vittoria dei lavoratori sulla borghesia conservatrice e reazionaria. Personalmente mantenne posizioni centriste, che rappresentò validamente nei congressi provinciali e nazionali.
Quando la reazione mosse alla riconquista delle posizioni perdute, trasformando il ragusano in un campo di terribili violenze, si rivelò antifascista fiero e coerente, subì, unitamente ai suoi familiari, attentati e venne ferito dagli squadristi, che alla fine lo costrinsero con le armi a dimettersi da sindaco. Nel "ventennio" fu ammonito e vigilato, mentre la Chiesa metodista di Scicli e la Scuola elementare che ad essa faceva capo, considerate covo di oppositori al regime, subivano le persecuzioni dei ras locali. Dopo il 25 luglio 1943, caduto il fascismo, Schirò riprese il suo posto nel PSI, di cui fu uno dei maggiori esponenti in sede provinciale. Chiamato alla presidenza del Comitato per l'epurazione del ragusano, tenne l'importante ufficio con saggezza ed equilibrio.
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