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strumento musicale Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il liuto (in lingua francese le luth, in inglese lute) è uno strumento a corde arabo, barocco o rinascimentale, che appartiene all'omonima famiglia dei liuti. Tale famiglia di strumenti trova larga diffusione in tutto il mondo.
Liuto | |||||
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Copia di un liuto rinascimentale | |||||
Informazioni generali | |||||
Origine | Medio oriente | ||||
Invenzione | Antichità | ||||
Classificazione | 321.321-5 Cordofoni composti, con corde parallele alla cassa armonica, a pizzico | ||||
Famiglia | Liuti a manico corto | ||||
Uso | |||||
Musica medievale Musica rinascimentale Musica barocca | |||||
Genealogia | |||||
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Il liuto, o làuto, dal latino "lautus" è uno strumento principale del Rinascimento, fu portato in Europa in epoca medievale dagli Arabi[1], che esportarono anche il termine: al ‘ūd (العود, ‘ūd=legno)[2] divenuto liuto in italiano, laúd in spagnolo, luth in francese, lăută in romeno, lute in inglese, Laute in tedesco ecc. L'articolo al si agglutinò al sostantivo ud, come nel portoghese alaúde, mutando secondo le varianti linguistiche locali. In epoca rinascimentale non era ancora chiara l'etimologia della parola, tanto che Vincenzo Galilei, padre di Galileo Galilei e noto per essere tra i più brillanti e attivi frequentatori della Camerata de' Bardi, credeva che l'origine del termine fosse da ricercare nella completezza dello strumento, che essendo di grande estensione poteva intavolare l'intera gamma delle humanae voces, comprendente sette esacordi (tre duri, due naturali e due molli, ma sempre formati dalle sei sillabe da UT a LA o viceversa), secondo la complessa teoria esacordale di origine medievale (solmisazione):
«Fu portato à noi questo nobilissimo strumento da Pannoni, con il nome di Laut… volendoci con esso dinotare essere degli estremi suoni musicali capace… e tornando alla Timologia del Liuto, dico essere stati altri di parere, ch'egli fusse detto lauto; cioè sontuoso, magnifico, nobile, & splendido»
Un'altra[non chiaro] classificazione diffusa è quella di denominare i liuti in base alla lunghezza del manico. Si parla quindi di liuto a manico corto, per esempio il pipa cinese, o a manico lungo, quali lo shamisen giapponese, ľoud arabo, la çiftelia, il bouzouki, gli strumenti della famiglia dei saz e così via.
L'evoluzione del liuto portò alla costruzione di strumenti di diapason variabile, e con diverse accordature dovute anche al variare del numero di corde o di ordini di corde che possono variare da quattro a dodici.
Generalmente, il liuto rinascimentale a 6 ordini utilizzava l'accordatura della viola da gamba tenore, con intervalli di quarta tra le corde, fatta eccezione per l'intervallo tra il terzo e il quarto ordine, che è di terza maggiore.
I liuti con più di 6 ordini di corde normalmente sono composti con l'aggiunta di ordini di corde più gravi, utilizzati a vuoto; in questo caso i primi sei ordini sono accordati normalmente, mentre le corde gravi possono essere accordate secondo i pezzi da eseguire (secondo la prassi esecutiva barocca raggruppati in suites della stessa tonalità).
Durante il XVII secolo vengono introdotte diverse variazioni di accordatura: in Francia si impone verso la fine del secolo l'accordatura in "re minore", con ordini gravi modificati a seconda della tonalità dei brani da eseguire.
Si ha prova dell'esistenza di strumenti musicali del genere dei liuti sin dall'antico Egitto. Il liuto, come lo si conosce oggi (strumento musicale a corde pizzicate, con cassa armonica convessa piriforme, costruita con doghe incollate) appare presumibilmente intorno al VI secolo in Asia Minore. Lo strumento fu portato in Europa dagli Arabi nel Medioevo, dove raggiunse la massima diffusione nel XVI secolo. Il guscio del liuto, forse in origine ricavato da un unico blocco di legno, fu in seguito sempre costruito con doghe di legno. Il manico, è complanare alla tavola armonica: a esso è fissato, ortogonalmente, il cavigliere a spatola che è reclinato. Una serie di legacci di minugia divide il manico in otto o nove parti, dette tasti. Gli ordini di corde del liuto rinascimentale sono generalmente sei, tutte doppi, a eccezione di quella più acuta (cantino). L'accordatura varia secondo il tempo e il luogo, ma rispetta in genere questa successione: due quarte, una terza maggiore, due quarte. Lo strumento era suonato con un plettro o anche, per ottenere maggiore morbidezza e fluidità d'esecuzione, con le dita nude. La musica per liuto era scritta con un particolare sistema detto intavolatura. Nel XVII secolo il numero delle corde basse aumentò; il liuto giunse così ad avere sino a undici corde. Si ebbero allora vere e proprie famiglie di liuti, variamente accordati; a causa dell'aumentato numero delle corde basse il manico dello strumento fu allungato e vi si aggiunse un secondo cavigliere superiore, cui erano fissate le corde gravi, suonate a vuoto. Questi strumenti presero il nome di arciliuto, liuto attiorbato, e tiorba.
Il repertorio a stampa della musica per liuto a noi pervenuta si estende dal 1507 (anno nel quale comparvero, a Venezia le prime intavolature dell'editore Ottaviano Petrucci) sino al 1770 circa. Il liuto occupò un posto di considerevole rilievo nella vita musicale, specie nel XVI sec., quando ebbe la stessa diffusione e la stessa versatilità d'impiego raggiunte nell'Ottocento dal pianoforte. Le fonti cinquecentesche comprendono sia composizioni originali per lo strumento (danze, quali pavane, gagliarde, passamezzi, saltarelli; ricercari, fantasie, variazioni; preludi di carattere improvvisatorio), sia molte trascrizioni di brani vocali, profani e sacri.
I più eminenti compositori di musica per liuto furono:
Nel XVII secolo la musica per liuto fu coltivata particolarmente in Francia e in Germania, mentre in Spagna e in Italia lo strumento cominciò a declinare, di fronte all'affermarsi della chitarra e del violino. Il repertorio comprende in questo periodo principalmente preludi e danze (allemande, correnti, sarabande, gighe, ecc.) composte prima separatamente e in seguito riunite in suites. Le personalità di maggior rilievo sono Denys Gaultier in Francia, Esaias Reusner in Germania. In questo paese il liuto ebbe cultori anche nel XVIII sec.: tra essi emerge Sylvius Leopold Weiss; J. S. Bach scrisse quattro suites, due preludi e due fughe per liuto; Haydn alcune cassazioni.
La necessità di disporre, negli ensemble di liuto, di strumenti a cui affidare le parti gravi dell'accompagnamento, portò in seguito allo sviluppo dell'arciliuto, di dimensioni più grandi e con un numero di corde maggiore.
Come per molti strumenti musicali, il liuto cadde in disuso dapprima in Spagna, sostituito dalla vihuela, e poi nel resto del continente (XVIII secolo).
Il liuto ebbe grande popolarità: il suo timbro dolce e la comoda leggerezza lo rendevano adatto sia per eseguire composizioni polifoniche, semplici o complesse, che per accompagnare il canto o la danza. Nonostante l'intensità sonora piuttosto modesta, lo strumento si prestava alle occasioni musicali più svariate, adattandosi alle raffinate esecuzioni che si tenevano presso le corti nobiliari come alle giocose rappresentazioni da strada.
La musica per liuto era scritta su intavolatura, un tipo di notazione che si serviva di cifre o lettere dell'alfabeto per indicare la posizione da tastare sulla corda, e quindi l'altezza del suono. I valori ritmici erano invece espressi dalle figure di valore, poste in corrispondenza delle lettere/numeri.
Le prime composizioni per liuto apparvero in Italia, agli inizi del Cinquecento ad opera di Francesco Spinacino, Joan Ambrosio Dalza e di Franciscus Bossinensis e soprattutto Francesco da Milano. Si tratta per lo più di trascrizioni di opere polifoniche vocali, ma anche di danze, frottole e ricercari. Sempre in quel periodo vanno ricordati Alberto da Ripa, o da Mantova (noto in Francia come Albert de Rippe), Pietro Paolo Borrono, Giovanni Maria da Crema, Giulio Cesare Barbetta, Vincenzo Galilei, Giacomo Gorzanis.
Il '600 in Italia vede il declino della popolarità del liuto, che vanta comunque una produzione di alta qualità da parte di diversi autori tra cui Giovanni Girolamo Kapsberger. In Francia, la cosiddetta età d'oro del liuto copre i primi 30 anni del Seicento, quando in Italia e Spagna la popolarità del liuto era stata eclissata dall'avvento degli strumenti a tastiera come il clavicembalo o da strumenti a corda più semplici come la chitarra barocca. I principali autori di questo periodo in Francia sono Denis Gaultier, Ennemond Gaultier, René Mesangeau, Jacques Gallot, Charles Mouton, Robert de Visée. In Inghilterra il liuto acquista una grande popolarità e vede la composizione di musiche di alto livello ad opera di John Dowland. La stessa popolarità il liuto la godette anche in Germania dove si ebbe la produzione di una vasta letteratura anche dopo che lo strumento era caduto in disuso nel resto dell'Europa con la produzione di Bernhard Johachim Hagen, Rudolf Straube, David Kellner e soprattutto Adam Falckenhagen e Sylvius Leopold Weiss, e che colse l'interesse di Johann Sebastian Bach che compose due suites, trascrisse altre composizioni e nella Passione secondo Giovanni inserì un arioso e un'aria per tenore accompagnati da archi e liuto.
John Dowland (1562-1626)
Francis Cutting (ca.1600)
Thomas Morley (1557-1634)
Pierre Attaingnant (ca.1494-1552)
Adrien Le Roy (ca.1520-1598)
Robert Ballard (ca.1575-1650)
Jean-Baptiste Besard (ca.1567-ca.1625)
Hans Neusidler (1508-1563)
Langravio Maurizio d'Assia (1572-1632)
Matthaus Waissed (1540-1602)
Sebastian Ochsenkhun (1521-1574)
Emanuel Adriaenssen (1550-1604)
Jan Pieterszoon Sweelinck (1562-1621)
Nicolas Vallet (ca.1583-1642)
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