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dipinto di Alexandre Cabanel Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La nascita di Venere (La Naissance de Vénus) è un dipinto di Alexandre Cabanel, realizzato nel 1863 e attualmente conservato al museo d'Orsay.[2] L'opera è ritenuta il capolavoro dell'artista francese.
«La déesse noyée dans un fleuve de lait, a l'air d'une délicieuse lorette, non pas en chair et en os - ce serait indécent - mais en une sorte de pâte d'amande blanche et rose.»
«La dea annegata in un fiume di latte ha l’aria di una deliziosa cortigiana, nemmeno in carne e ossa – sarebbe indecente – ma in una sorta di pasta di mandorle bianca e rosa.»
La tela venne esposta al Salone di Parigi del 1863 e venne acquistata dall'imperatore Napoleone III per 20.000 franchi.[3] L'opera venne installata al palazzo dell'Eliseo nel 1865, poi in quello del Lussemburgo nel 1870 e dopo la caduta del secondo impero venne trasferito nelle collezioni del museo del Lussemburgo. L'opera entrò nelle collezioni del Louvre nel 1923 e poi venne trasferita nel museo d'Orsay nel 1978.
Cabanel firmò un contratto con la Goupil per la commercializzazione delle riproduzioni dell'opera sotto forma di incisioni.[4] Una riduzione (85 cm × 136 cm) della Nascita di Venere realizzata da Adolphe Jourdan nel 1864 è attualmente conservata nel museo d'arte Dahesh, a New York.[5] Un'altra riproduzione si trova al Museo d'Arte Metropolitana di New York.[6]
«Son corps divin semble pétri avec l'écume neigeuse des vagues. Les pointes des seins, la bouche et les joues sont teintées d'une imperceptible nuance rose»
«Il suo corpo divino sembra pietrificato con la schiuma nevosa delle onde. Le punte dei seni, la bocca e le guance sono tinte d'una impercettibile sfumatura rosa.»
Il quadro ritrae la nascita di Venere, la dea dell'amore nella mitologia romana: la donna emerge dalla spuma del mare e degli amorini le svolazzano intorno o suonano delle conchiglie. Per Cabanel il tema mitologico era un pretesto per poter raffigurare un nudo artistico femminile cercando di non destare scandalo (come invece avverrà per l'Olympia manetiana, che raffigurava una donna normale e non un personaggio del mito).[8][1] La tela presenta una carica erotica fortissima, soprattutto nelle braccia alzate della figura che ne mettono in evidenza i seni e nello sguardo rivolto verso lo spettatore.[7]
Le reazioni dei critici che videro il dipinto esposto al Salone del 1863 furono varie. Théophile Gautier e Louis Auvray elogiarono l'opera e quest'ultimo la definì meno naturale ma più poeticamente bella della Perla di Paul Baudry.[9]
Émile Zola, che combatteva contro la pittura accademica e le "opere senza vita del Cabanel",[10] difendendo quelle di Manet, criticò il dipinto cabaneliano ed espresse un giudizio sull'artista e le sue opere.[11]
«La principale malice de Cabanel, c'est d'avoir rénové le style académique. À la vieille poupée classique, édentée et chauve, il a fait cadeau de cheveux postiches et de fausses dents. La mégère s'est métamorphosée en une femme séduisante, pommadée et parfumée, la bouche en cœur et les boucles blondes. Le peintre a même poussé un peu loin le rajeunissement. Les corps féminins sur ses toiles sont devenus de crème. (...) C'est un génie classique qui se permet une pincée de poudre de riz, quelque chose comme Vénus dans le peignoir d'une courtisane.»
«La principale malizia di Cabanel sta nell’aver rinnovato lo stile accademico. Alla vecchia bambola classica, sdentata e calva, ha regalato capelli posticci e denti falsi. La megera s’è trasformata in una donna seducente, impomatata e profumata, la bocca a forma di cuore e i boccoli biondi. Il pittore ha perfino spinto un po’ troppo il ringiovanimento. I corpi femminili sulle sue tele sono divenuti di crema. (...) È un genio classico che si permette un pizzico di polvere di riso, qualcosa come Venere nell’accappatoio d’una cortigiana.»
Il critico d'arte e scrittore Joris-Karl Huysmans vedeva nella Nascita di Venere cabaneliana una "Venere alla crema".[13]
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