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racconto di Aleksandr Puškin Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La dama di picche (in russo Пиковая дама?, Pikovaja Dama), anche La donna di picche, è un racconto del 1834 di Aleksandr Puškin.
La dama di picche | |
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Titolo originale | Пиковая дама |
Altri titoli | La donna di picche |
Autore | Aleksandr Sergeevič Puškin |
1ª ed. originale | 1834 |
Genere | Racconto |
Lingua originale | russo |
Il racconto si apre con una scena ambientata vicino ad un tavolo da gioco, al quale alcuni ufficiali del Genio giocano a carte e chiacchierano del più e del meno; tra di loro c’è Hermann, un giovane ufficiale del Genio dalla personalità apparentemente razionale e dalla condotta irreprensibile. Pur essendo estremamente attratto dal gioco d'azzardo, non osa praticarlo, nella convinzione di non poter sacrificare l'indispensabile per procacciarsi il superfluo.
La sua lucidità viene però sconvolta dal racconto del suo commilitone Tomskij, che riferisce un aneddoto riguardante il passato di sua nonna, una nobildonna ormai decrepita, un tempo giocatrice appassionata. Secondo il racconto di Tomskij la donna, dopo aver perso un’ingente somma di denaro a carte a Parigi, chiese al conte di Saint-Germain un prestito per saldare il debito. Il conte, conoscendo la vecchia, le disse che prestarle dei soldi sarebbe equivalso a mantenerla nella situazione di debito nella quale già si trova: decise così di rivelarle un trucco per vincere a carte in ogni occasione. La donna entra così in possesso del segreto per vincere al gioco, che custodisce gelosamente.
La storia della vecchia contessa impressiona profondamente Hermann, che da quel momento sarà ossessionato dal desiderio di conoscere il suo misterioso metodo. Egli si apposta per vari giorni davanti all’abitazione della vecchia contessa e, attraverso le finestre, vi scorge la sua giovane badante Lizaveta Ivanovna. Un giorno, mentre lei e la contessa entrano nella carrozza, lui le si avvicina e le consegna una lettera. Una volta tornata a casa, Lizaveta legge la lettera ed apprende dell’amore, ovviamente convenzionale, di Hermann. Ella rifiuta le avances di lui, ma Hermann si dimostra inflessibile e continua a corteggiarla con le lettere, fino a quando Lizaveta non cede e gli illustra passo passo come e quando entrare nell’abitazione senza farsi notare per avere un incontro notturno. Hermann penetra nell’abitazione e, dopo aver atteso alcune ore nell’ufficio della contessa, scorge la carrozza che torna presso l’abitazione e si nasconde. La contessa, con l’aiuto dei camerieri, si lava e si prepara per la notte. Una volta rimasta sola, Hermann la avvicina cercando di non spaventarla e spiegandole che, grazie al suo segreto, potrebbe cambiare il destino di lui e di tutta la sua famiglia. Tuttavia la contessa non risponde ed Hermann, vistosi costretto dall’ostruzionismo della vecchia, tira fuori una pistola, poi rivelatasi scarica, e la minaccia. La contessa cade a terra e muore.
Hermann, distrutto non tanto dalla morte di lei ma dall’impossibilità di poter fruire del suo segreto, si reca nella camera di Lizaveta, le confessa l’accaduto e le chiede se ci sia un modo per lasciare l’abitazione senza farsi notare. Dopo aver assistito al funerale dell'anziana donna, Hermann rincasa e cade in un sonno profondo, dal quale si sveglia bruscamente. Un rumore gli annuncia l'ingresso di qualcuno, che si rivela essere il fantasma della contessa, la quale promette a Hermann di farlo vincere al gioco grazie a tre carte: il tre, il sette e l'asso. In cambio della rivelazione, il fantasma della contessa chiede a Hermann di sposare la ormai ex dama di compagnia e di giocare una sola di quelle carte a sera.
Il miraggio della ricchezza eccita la sensibilità del giovane ufficiale, le tre carte diventano per lui un pensiero fisso e dominante. Hermann ha finalmente occasione di giocare quando una sera, accompagnato da un suo amico, viene introdotto in una casa dove si tiene un banco di gioco. La prima sera egli punta 45.000 rubli sul tre, sbalordendo tutti e vincendo. La sera successiva accade la stessa identica cosa, con l’unica differenza che egli punta sul sette. L’ultima sera Hermann punta sull’asso ormai sicuro della sua buona riuscita; tuttavia la carta che esce è una dama di picche, nella quale crede di riconoscere il volto beffardo della contessa.
L’epilogo della storia vede Hermann rinchiuso in un istituto psichiatrico che ripete incessantemente le parole “tre, sette, asso, tre, sette, dama..”.
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