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La funzione sociale è un concetto giuridicamente riconosciuto dalla Costituzione della Repubblica Italiana, la quale lascia al legislatore la concreta interpretazione e disciplina normativa.
Il secondo comma dell'articolo 42 così recita: "I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti".
In dottrina si è spesso discusso della funzione sociale nell'ambito del diritto di proprietà e ne sono emerse due posizioni contrastanti:
Sono esempi di funzione sociale della proprietà:
Per individuare il discrimen tra gli interventi espropriativi e gli interventi che, invece, limitano meramente l'uso della proprietà, facciamo riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale del 1968: essa stabilisce che accanto all'espropriazione in senso proprio vi è espropriazione (e obbligo di indennizzo) anche quando la legge dispone la privazione dell'utilità fondamentale della proprietà.
Per rispettare l'articolo 42 2° comma l'indennizzo deve costituire serio (anche se non totale) ristoro.
La funzione sociale della proprietà venne riconosciuta anche nella Costituzione argentina del 1949 dell'anno seguente e nella Costituzione venezuelana del 1999.
Il concetto di funzione sociale della proprietà (e attività economica etica) fu enunciato per la prima volta nella mai applicata Costituzione francese del 1793, basandosi sulla proposta di Maximilien Robespierre in un discorso alla Convenzione nazionale dello stesso anno, in particolare secondo il capo giacobino "il diritto di proprietà è limitato, come tutti gli altri, dall'obbligo di rispettare i diritti altrui" ed esso "non può pregiudicare né la sicurezza, né la libertà, né l'esistenza, né la proprietà dei nostri simili".[1]
L'articolo 45 così inizia: La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata.
L'elemento distintivo e unificante di ogni tipo di cooperativa - a prescindere dal settore di attività - si riassume nel fatto che, mentre il fine ultimo delle società di capitali diverse dalle coop è la realizzazione del lucro e si concretizza nel riparto degli utili patrimoniali, le cooperative hanno invece uno scopo mutualistico, che consiste – a seconda del tipo di cooperativa - nell'assicurare ai soci il lavoro, o beni di consumo, o servizi, a condizioni migliori di quelle che otterrebbero dal libero mercato.
Ma la Costituzione riconosce anche una funzione sociale alle cooperative a carattere di mutualità e non lucrative.
Tale concetto è legato alla capacità della cooperazione di contribuire a realizzare altri principi costituzionali fondamentali, quali la possibilità per i lavoratori di partecipare «all'organizzazione economica del Paese» (art. 3 della Costituzione).
Ed è altresì legato all'obbligo - imposto alle cooperative - di destinare il 3% degli utili di esercizio a Fondi mutualistici per lo sviluppo della cooperazione, grazie ai quali si crea nuova impresa e nuova occupazione.
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