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raccolta di favole di Fedro Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Le Fabulae (titolo completo Phaedri Augusti liberti Fabulae Aesopiae) di Fedro sono un'opera in latino suddivisa in cinque libri, scritta all'inizio del I secolo d.C.
Fabulae | |
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Titolo originale | Phaedri Augusti liberti Fabulae Aesopiae |
Frontespizio da un'edizione dell'opera del 1745 | |
Autore | Fedro |
1ª ed. originale | 30-50 d.C. |
Genere | Favole |
Lingua originale | latino |
I cinque libri superstiti delle Fabulae consistono in 102 componimenti, riconosciuti come certamente autentici; altre 32 favole – non comprese nei 5 libri canonici, ma certamente autentiche - sono contenute nella cosiddetta Appendix perottina, tratta nel XV secolo dall'umanista Niccolò Perotti da codici ora perduti. In effetti che la raccolta in nostro possesso sia mutila è evidente anche da indizi interni, come l'eccessiva brevità del secondo e del quinto libro (rispettivamente di 8 e 10 favole).
Esistono, comunque, per ricostruire le favole perdute, tre storiche sillogi di favole in gran parte riconducibili a Fedro:
I primi due libri sarebbero stati pubblicati sotto Tiberio e risultano molto aderenti all'esposizione di tipo esopico,[1] laddove gli ultimi tre, più liberi, sono dedicati a personaggi di cui non abbiamo notizie, ma che dovevano essere persone di rilievo nell'ambiente culturale di Romaː Eutico, Particulone e Fileto.
L'autore, nel prologo, dichiara di essersi ispirato per la composizione dell'opera alle storie del greco Esopo, vissuto circa seicento anni prima di lui; ossia vuole che le sue favole siano educative e aperte a tutti, tanto da usare come protagonisti degli animali, proprio come ha fatto Esopo, discostandosene però per la varietas.[2]
Nelle favole, in effetti, figurano i caratteri etici del bene nei panni di agnelli, cani, uccelli e topi; del male e del vizio negli aspetti di gatti, lupi, leoni e rospi; basti pensare a Il lupo e l'agnello, Il lupo e il cane o Il corvo e la volpe, riadattata da quella di Esopo; non mancano tuttavia spunti aneddotici, ricostruibili soprattutto dalle favole della Appendix perottina.
Ciò che accomuna apologhi e aneddoti è, comunque, il fatto che Fedro conclude ogni storia con una morale che deve servire da esempio per chi sbaglia nella favola e nella vita reale. A volte la morale manca, in quanto l'apologo stesso funge da riflessione morale, come nel celebre esempio de Le due bisacce, anch'essa ripresa da Esopo:
«Peras imposuit Iuppiter nobis duas:
propriis repletam vitiis post tergum dedit,
alienis ante pectus suspendit gravem.»
«Giove impose agli uomini due bisacce:
mise quella dei vizi propri dietro la schiena,
quella carica dei vizi altrui davanti al petto»
Altra caratteristica della favola fedriana è la brevitas:
«è, si può dire, un pilastro della poesia fedrianaː la favola o l'apologo devono essere quasi lapidari, se l'insegnamento ivi contenuto deve raggiungere il cuore e la coscienza del lettore. Le indicazioni etiche espresse con gusto e agilità non sono astratte enumerazioni di principi, ma mirano a migliorare il comportamento dell'uomo nei rapporti con il prossimo, nella sua attività pratica.»
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