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dittatura militare in Grecia dal 1967 al 1974 Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Dittatura dei colonnelli (το καθεστώς των Συνταγματαρχών), nota anche come la Giunta (η Χούντα), è il nome che viene usato per indicare un regime di dittatura militare[1] di ispirazione fascista[2] instaurato il 21 aprile 1967 e proseguito, sotto varie forme, fino al 24 luglio 1974. In quel periodo la Grecia venne governata da una serie di governi militari anticomunisti[3] saliti al potere con un colpo di Stato guidato dai colonnelli Geōrgios Papadopoulos, Nikolaos Makarezos e Stylianos Pattakos. Leader della giunta furono Geōrgios Papadopoulos e, dal 25 novembre 1973, Dīmītrios Iōannidīs. Il colpo di Stato soppresse il governo, eletto democraticamente, di sinistra e centro democratico[2]. Il regime effettuò in continuazione arresti e deportazioni degli oppositori[1], abolì le libertà politiche e civili, sciolse i partiti e costrinse all'esilio la famiglia reale.[2]
Grecia | |
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La Dittatura dei colonnelli nel 1973 | |
Dati amministrativi | |
Nome completo | Regno di Grecia (1967-73) Repubblica Ellenica (1973-74) |
Nome ufficiale | Βασίλειον τῆς Ἑλλάδος (1967–1973) Ελληνική Δημοκρατία (1973–1974) |
Lingue ufficiali | greco |
Lingue parlate | greco |
Inno | Imnos is tin Eleftherian |
Capitale | Atene |
Politica | |
Forma di governo | De iure: • Monarchia costituzionale (1967 - 1973) • Repubblica (1973 - 1974) De facto: • Dittatura militare |
Capo di Stato | Re (periodo monarchico: 1967-73):
Presidente (periodo repubblicano: 1973-74):
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Capo di Governo |
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Nascita | 21 aprile 1967 |
Causa | Colpo di Stato militare |
Fine | 24 luglio 1974 |
Causa | Metapolitefsi e Invasione turca di Cipro |
Territorio e popolazione | |
Massima estensione | 131.957 km² nel |
Popolazione | 8.768.372 nel 1971 |
Economia | |
Valuta | Dracma greca |
Religione e società | |
Religioni preminenti | Ortodossia |
Evoluzione storica | |
Preceduto da | Regno di Grecia |
Succeduto da | Grecia |
Ora parte di | Grecia |
Il colpo di stato del 1967, ed i seguenti sette anni di dittatura militare, furono la conseguenza dell’anomala situazione politica sviluppatasi nel dopoguerra[senza fonte]. Secondo gli accordi di Jalta, l'influenza politica nella penisola spettava per il 70% al Regno Unito (in accordo con gli Stati Uniti) e per il restante 30% ai sovietici (mentre nelle restanti nazioni europee c'era una chiara dominanza dell'una o dell'altra parte).
Data tale convivenza di interessi e la mancanza di una casa reale autorevole, gruppi cospiratori di destra e di sinistra fomentarono le tensioni sociali già esistenti, che sfociarono inizialmente nella guerra civile greca combattuta dal 1945 al 1949, e successivamente in governi deboli e precari.
In realtà, Stalin considerava la Grecia di esclusiva pertinenza occidentale e non fornì alle formazioni comuniste il supporto che queste speravano, mentre il Regno Unito, dopo l'intervento militare in favore del governo greco nel periodo della guerra civile, si disimpegnò dall'area lasciandola, di fatto, sotto l'influenza statunitense.
Il giovane e inesperto re Costantino II, succeduto al padre Paolo deceduto nel marzo del 1964, nel tentativo di mantenere il controllo sull'esercito, si scontrò con il primo ministro Papandreou. Nel luglio del 1965 rifiutò le dimissioni del ministro della Difesa, carica che Papandreou voleva assumere egli stesso, costringendo alle dimissioni quest'ultimo.
Iniziò così una stagione turbolenta, di governi incapaci di ottenere la fiducia in parlamento, e proteste popolari. Costantino II indusse Stephanos Stephanopoulos a formare un governo di uomini del re, governo che resistette fino al 22 dicembre 1966. Per le elezioni, fissate per il 27 maggio 1967, le indicazioni facevano pensare che l'Unione di Centro avrebbe ottenuto la maggioranza in parlamento.
Già dal 1966, all'interno dell'esercito greco si formarono vari gruppi di ufficiali che puntavano a varie forme di intervento che avrebbero evitato la presa del potere all'Unione di Centro e le probabili epurazioni che sarebbero seguite. Secondo un'analisi dell'ambasciata USA del maggio 1966, un gruppo di 11 generali, guidati da Georgios Spantidakis, comandante in capo dell'esercito greco, avrebbe studiato un piano che prevedeva la presa del potere da parte dell'esercito e la nomina di Panagiotis Pipinelis (Παναγιώτης Πιπινέλης) politico ultraconservatore fedelissimo al sovrano,[senza fonte] come primo ministro.
Il re, che fu messo al corrente del piano, diede il suo assenso. Del piano furono informati anche i capi dell'Aeronautica e della Marina ed alcuni uomini politici. Nel novembre 1966, fu elaborato il piano, che si basava sul piano Prometheus che era stato predisposto per contrastare una ipotetica sollevazione comunista, con l'aggiunta dell'arresto di alcuni uomini politici e giornalisti. Il piano si sarebbe attivato su richiesta del re e comunque prima delle imminenti elezioni.
Contemporaneamente venne formato, ad un livello più basso, un gruppo di ufficiali capeggiati dal colonnello Geōrgios Papadopoulos, i quali vennero introdotti ai preparativi del colpo di Stato e dislocati al comando di varie formazioni in postazioni strategiche.
Il gruppo di Papadopoulos, al quale appartenevano il brigadiere Stylianos Pattakos (Στυλιανός Παττακός) e il colonnello Nikolaos Makarezos (Νικόλαος Μακαρέζος), di fronte ai temporeggiamenti degli ufficiali maggiori e temendo l'avvicinamento delle elezioni, decise di agire individualmente senza attendere il via libera del monarca.
Nella notte fra il 20 ed il 21 aprile 1967 venne dato a tutti gli appartenenti al gruppo dei golpisti il segnale per agire. Alle 2:00 Papadopoulos, Makarezos e il colonnello Ioannis Ladas (Ιωάννης Λαδάς) entrarono nella sede dello Stato Maggiore dell'Esercito e annunciarono al comandante in capo Georgios Spantidakis il colpo di Stato. Spantidakis non si oppose, anzi facilitò i piani dei colonnelli. Alle 2:30 un reggimento di paracadutisti, con a capo il maggiore Georgios Konstantopoulos, occupò il Ministero della Difesa.
Contemporaneamente le truppe al comando del brigadiere Stylianos Pattakos guadagnarono il controllo dei centri di comunicazione, del parlamento e del palazzo reale. Le unità mobili della Polizia Militare (Elliniki Stratiotiki Astynomia ESA), seguendo liste già predisposte dal capo Ioannis Ladas, arrestarono più di 10.000 persone. Dirigenti politici, incluso il primo ministro Panagiōtīs Kanellopoulos, figure di rilievo ed anche semplici cittadini che avessero mostrato simpatie per la sinistra furono arrestati o messi nella condizione di non poter comunicare.
I tre dirigenti del colpo di Stato fecero visita alle 5:30 della mattina del 21 aprile al re nella sua residenza estiva di Tatoi, che era stata circondata dai carri armati agli ordini dei rivoltosi. In un primo tempo il sovrano cercò di opporre resistenza e congedò i militari, chiedendo loro di ritornare in compagnia di Spantidakis. In seguito, nella stessa giornata, raggiunse il Ministero della Difesa situato a nord del centro di Atene, che era diventato il centro della rivolta. Il re ebbe un colloquio con Kanellopoulos, che vi era trattenuto in stato di arresto, il quale cercò di convincerlo a interrompere qualsiasi dialogo con i golpisti e a denunciarli pubblicamente.
Infine Costantino II decise di collaborare, giustificando la sua iniziale indecisione con la motivazione che, essendo rimasto isolato e quindi all'oscuro sulla situazione, non aveva potuto agire immediatamente. In seguito il monarca cercò di giustificare il suo atteggiamento affermando di aver cercato di prendere tempo per poter organizzare un contro-colpo nei confronti della Giunta militare.[senza fonte]
Comunque, nei fatti, il nuovo governo ebbe un'origine legale, essendo stato legittimato dal capo dello stato, circostanza che ebbe un notevole peso sulla definitiva presa del potere da parte dei militari. In seguito Costantino II cercò di ritornare, senza successo, sulla sua decisione. Per molti greci l'atteggiamento di Costantino II lo legò indissolubilmente ai colonnelli, convinzione che giocò un ruolo fondamentale nella decisione finale di abolire la monarchia, decisione sancita nel 1974 attraverso un referendum popolare.
La sola concessione che il re ottenne fu che fosse un civile ad essere nominato primo ministro. Venne scelto Kōnstantinos Kollias, un magistrato membro dell'Areios Pagos, la più alta corte di giustizia dell'ordinamento greco, monarchico convinto. Kollias fu comunque solamente un paravento ed il potere effettivo rimase nelle mani dei militari ed in particolare di Papadopoulos, che assunse in breve il ruolo di uomo forte della Giunta militare. Formalmente la legalità fu rispettata, in quanto la costituzione greca prevedeva che il re avesse il potere di nominare il primo ministro a prescindere dal voto di fiducia del parlamento.
Fu questo governo, costituito in poche ore nella giornata del 21 aprile, che formalizzò il colpo di Stato adottando l'atto costituente, un emendamento, equivalente ad un totale rivolgimento costituzionale, che cancellava le elezioni ed aboliva di fatto la costituzione stessa, che avrebbe dovuto essere sostituita da una nuova definita in futuro e che quindi permetteva al governo di gestire il paese governando per decreto.
Questi decreti non dovevano essere firmati dal sovrano, che già non aveva firmato l'atto costituzionale, e questo permise a Costantino di affermare, in seguito, di non aver mai vidimato alcun documento istituente la Giunta militare. I critici affermarono che il sovrano non aveva fatto nulla per impedire la costituzione del governo militare e soprattutto, con la designazione di Kollias, aveva di fatto legalizzato il colpo di Stato. Uno dei primi atti del nuovo governo fu confermare l'istituzione della legge marziale, azione annunciata dalla radio di stato durante lo svolgimento della sollevazione.
Benché nota come "dittatura dei colonnelli", presero parte al colpo di Stato e alla successiva giunta militare sia colonnelli che generali, tra cui Stylianos Pattakos, Geōrgios Papadopoulos, Nikolaos Makarezos, Spyridōn Markezinīs, Ioannis Ladas, Dīmītrios Iōannidīs, Geōrgios Zōitakīs, Phaedon Gizikis, Georgios Konstantopoulos, Odysseas Angelis.
I colonnelli preferivano riferirsi al colpo di stato del 21 aprile come a una rivoluzione per salvare la nazione. La loro giustificazione ufficiale fu che cospiratori comunisti (benché il partito comunista fosse illegale) si fossero infiltrati nella burocrazia, nelle università, nei centri di comunicazione ed anche nell'esercito, rendendo quindi necessaria un'azione drastica per proteggere la Grecia da un rivolgimento.[senza fonte] Così la principale caratteristica della Giunta fu un implacabile anticomunismo unito alla costante battaglia contro gli invisibili agenti del comunismo.
Il termine "anarcocomunisti" (αναρχοκομμουνιστές) fu spesso usato per indicare tutti coloro con idee di sinistra.[senza fonte] In quest'ottica la Giunta influenzava l'opinione pubblica anche mediante la creazione di nuove parole che esprimessero i concetti chiave della sua ideologia come palaiokommatismos (vetero-partitismo) e Hellas Hellinon Christianon (La Grecia dei greci cristiani).
Alcuni storici rifiutano l'idea di un regime solamente "repressivo", sostenendo che la giunta ebbe anche la volontà di riformare la Grecia in senso ben preciso. È possibile definire il regime anche come para-fascista, anche se non ebbe tutte le caratteristiche di questo tipo.[4] Molti neofascisti guardavano con ammirazione ad esso. Secondo lo storico e sociologo greco Meletis Meletopoulos, la dittatura dei colonnelli cerca le sue radici nel nazionalismo e nella guerra civile, ma anche nel pensiero di uno degli ideologi del governo militare, Dimitris Tsakounas che teorizzava la sostituzione dei politici, ritenuti inetti, con i militari, proponendo una sorta di nasserismo di estrema destra.[4] Questo, unito al capo carismatico (Papadoupoulos), si avvicina al militarismo mussoliniano, il concetto di "aristocrazia dei combattenti" del programma sansepolcrista; in Grecia il partito fascista come luogo dell'élite viene sostituito dall'Esercito, in cui i cittadini poveri sono invitati ad arruolarsi per avere in futuro un ruolo importante; a questo si aggiungono il carattere tradizionale e la fede in un passato mitizzato, cioè il culto di alcuni periodi della storia greca (le polis di Atene e Sparta, l'impero di Alessandro Magno, ecc.), analogo al culto di Roma antica del fascismo italiano, il ruralismo, il paternalismo, la demagogia con cui il Presidente si presentava come "un uomo del popolo", in somiglianza a quello che fece Mussolini durante la "battaglia del grano".[4][5] Anche l'eroe della resistenza greca Alexandros Panagulis definì "golpe fascista" la presa del potere dei colonnelli.[6]
Al vertice della Giunta militare, che assegnava le cariche istituzionali, inizialmente ci fu un consiglio rivoluzionario, ma l'uomo forte fino al novembre 1973 fu Papadopoulos.
Durante il periodo della dittatura il governo greco ebbe stretti rapporti di collaborazione e sostegno con diverse formazioni dell'estrema destra italiana, sia parlamentari, come il Movimento Sociale Italiano, che extraparlamentari, come Ordine Nuovo (il Centro Studi, non il Movimento Politico) e Avanguardia Nazionale, e con certuni ambienti eversivi del SID, i servizi segreti italiani. Giovani neofascisti italiani spesso si recavano in Grecia per studiare, così come i rampolli della nomenklatura greca approdavano nelle università italiane.
In breve tempo i rapporti tra il re e la giunta militare si deteriorarono. I militari non avevano nessuna intenzione di spartire il potere con nessuno mentre il giovane re, come il padre prima di lui, ambiva ad avere un ruolo di primo piano nella politica e non intendeva diventare il paravento dell'amministrazione militare.
Benché i colonnelli, apertamente anticomunisti, fossero favorevoli alla NATO e affermassero di vedere negli USA un punto di riferimento, il loro scarso prestigio internazionale, ed anche il dissenso interno, portarono il presidente USA Lyndon B. Johnson a consigliare a Costantino II, durante una sua visita negli States, nell'autunno 1967, un cambiamento di governo. Il re prese il consiglio come l'indicazione di organizzare un "contro-colpo di Stato".
Costantino II decise di far scattare la sua mossa il 13 dicembre 1967. Essendo la capitale, Atene, saldamente in mano al governo militare il re progettò di trasferirsi in aereo a Kavala, una piccola città ad est di Salonicco nel nord della Grecia. Qui sperava di essere circondato da truppe fedeli solamente alla corona. Il piano, vago e scarsamente studiato, prevedeva poi di avanzare nella presa di Salonicco, seconda città della Grecia e capitale della Grecia del nord. Il piano prevedeva la formazione di un governo alternativo a quello militare che, grazie al riconoscimento internazionale ed alle pressioni interne costringesse i militari a liberare il campo permettendo al re un trionfale ritorno nella capitale.
La mattina del 13 dicembre, in effetti, il re insieme con la regina Anna Maria e con i due figli, Alexia e Pavlos, con la madre, Federica di Hannover e la sorella Irene si trasferì usando il proprio aereo personale a Kavala. Insieme al sovrano andò anche il primo ministro Kollias. Inizialmente il piano sembrò avere successo, il re venne ben accolto a Kavala, che dal punto di vista militare era sotto il controllo di un generale fedele alla corona. Marina ed aeronautica, entrambe fortemente monarchiche, e che non avevano preso parte al colpo di Stato di aprile, si dichiararono immediatamente favorevoli al sovrano e si mobilitarono. Altri generali fedeli alla corona tagliarono tutte le comunicazioni tra Atene ed il nord.
Malgrado questi primi, apparenti successi, il piano si rivelò un fallimento a causa della sua eccessiva fiducia nel fatto che gli ordini emessi dai generali venissero immediatamente eseguiti. Altro motivo di debolezza della posizione del re fu il non aver cercato la collaborazione con le forze politiche contrarie al regime. In pratica, nell'arco di poche ore la situazione si ribaltò, i quadri intermedi dell'esercito arrestarono i generali monarchici e avanzarono verso Kavala con lo scopo di arrestare il re.
Comprendendo che il suo piano era fallito, Costantino lasciò la Grecia insieme alla sua famiglia, a bordo del suo aeroplano per atterrare a Roma nelle prime ore del 14 dicembre. Costantino II rimase in esilio volontario fino a quando i militari rimasero al potere (benché fino al 1º giugno 1973 fosse ancora nominalmente re di Grecia) e non rientrò più in patria come re.
Quando Costantino II si allontanò da Atene, e poi dalla Grecia, nel dicembre 1967 prese con sé il primo ministro Kollias lasciando quindi il paese formalmente privo di governo, mancando sia il capo dello stato sia il capo del governo.
Questa situazione non risultò però particolarmente problematica per la giunta militare: infatti il Consiglio della Rivoluzione, composto da Pattakos, Papadopoulos e Makazeros, fece pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale una risoluzione che nominava il maggior generale Geōrgios Zōitakīs in qualità di reggente.
Subito dopo la pubblicazione del decreto Zoitakis chiamò Papadopoulos alla carica di primo ministro. La posizione del reggente fu ulteriormente confermata dalla modifica della costituzione varata nel 1968 benché il sovrano in esilio non riconoscesse la reggenza.
Nel 1972 Zoitakis, entrò in scontro con gli altri membri della giunta militare e fu sostituito nella reggenza da Papadopoulos stesso. Benché in quegli anni l'effige del re fosse rimasta sulle monete o negli uffici pubblici, lentamente i militari allontanarono le istituzioni dalla monarchia. Le esenzioni fiscali a favore della famiglia reale furono abolite, la complessa rete di istituzioni controllate dalla corona fu trasferita allo stato, le insegne reali furono rimosse dalle monete, l'esercito, la marina e l'aeronautica cessarono di essere regie ed i giornali ricevettero il divieto di pubblicare fotografie o interviste a Costantino II.
Per guadagnare consenso al suo governo, Papadopoulos fu abile nel proiettare un'immagine ammiccante ad alcuni settori della società greca. Il contadino povero, conservatore, religioso, con il suo rozzo galateo, il suo linguaggio semplice, il suo nome ampiamente diffuso (Georgios Papadopoulos è uno dei nomi più diffusi in Grecia) divenne una figura importante. Papadopoulos stesso si presentò come "un amico dell'uomo qualunque". I figli delle famiglie povere delle aree rurali non ebbero altra possibilità di educazione se non attraverso le accademie militari e vennero posti in contrapposizione con gli abitanti delle città, l'élite, educati alla maniera occidentale. La musica moderna di origine occidentale fu bandita dalle trasmissioni radiofoniche mentre vennero promosse la musica e l'arte tradizionali.
Oltre a questo il regime avviò una politica economica di sviluppo delle aree rurali spesso trascurate dai precedenti governi che avevano favorito invece lo sviluppo sulle aree industriali urbane. Le posizioni del regime furono meno ben accette tra i membri delle classi medie ma l'instabilità politica che aveva caratterizzato gli anni precedenti portò molti cittadini a sperare in un governo più stabile, situazione che in effetti si realizzò sotto il regime militare. Nel complesso i colonnelli non ebbero grandi difficoltà nell'estendere il loro controllo su tutto il paese. Sul piano internazionale il regime ebbe il tacito appoggio degli USA impegnati nella guerra fredda con l'URSS. La posizione della Grecia, ai confini con il blocco orientale, ne fece un'importante pedina nel gioco internazionale. Gli USA, in base alla dottrina Truman, fornirono milioni di dollari per sostenere l'economia greca.
L'atteggiamento degli USA verso la giunta fu ritenuto la causa del diffuso sentimento anti-americano che caratterizzò gli anni seguenti alla caduta del regime militare. L'atteggiamento degli altri stati europei fu meno accomodante e nel 1972 il regime greco decise di uscire dal Consiglio d'Europa allo scopo di prevenire l'espulsione dal suddetto organismo. Molti paesi dell'Europa occidentale, tra cui l'Italia, dettero asilo a profughi politici greci. Il regime però raccolse simpatie nell'estrema destra occidentale: Almirante lo definì dovuto a necessità.
«Contemporaneamente i militari hanno proibito i capelli lunghi, le minigonne, Sofocle, Tolstoj, Mark Twain, Euripide, spezzare i bicchieri alla russa, Aragon, Trotskij, scioperare, la libertà sindacale, Lurcat, Eschilo, Aristofane, Ionesco, Sartre, i Beatles, Albee, Pinter, dire che Socrate era omosessuale, l'ordine degli avvocati, imparare il russo, imparare il bulgaro, la libertà di stampa, l'enciclopedia internazionale, la sociologia, Beckett, Dostojevskij, Čechov, Gorki e tutti i russi, il "chi è?", la musica moderna, la musica popolare, la matematica moderna, i movimenti della pace, e la lettera "Ζ" che vuol dire "è vivo" in greco antico.»
Durante il periodo in cui rimase al potere, la giunta militare soppresse le normali libertà civili. I partiti politici vennero sciolti e vennero istituiti tribunali militari speciali. Molte migliaia di supposti comunisti e di oppositori politici vennero imprigionati o esiliati in remote isole dell'arcipelago greco[7].
Amnesty International inviò, segretamente, osservatori in Grecia e rilevò che la tortura era una pratica usata comunemente sia dalla polizia ordinaria che dalla polizia militare (un osservatore statunitense, membro di Amnesty, scrisse nel dicembre 1969 che un conteggio per difetto di coloro che erano stati sottoposti a torture assommava almeno a duemila individui)[8].
Negli anni che vanno dal 1967 al 1972 si andò organizzando l'opposizione al regime dei colonnelli, sia interna che estera. In aggiunta alla prevedibile posizione della sinistra, il regime dovette anche affrontare un'opposizione legata ai vecchi partiti della destra fedeli alla corona. A tutto ciò si aggiunse lo scontento degli uomini d'affari danneggiati dall'isolamento internazionale in cui venne a trovarsi la Grecia, oltre a quello della classe media pesantemente danneggiata dalla crisi economica che i militari furono incapaci di affrontare malgrado i consistenti aiuti provenienti dagli USA.
L'unico tipo di risposta che il regime fu in grado di fornire a tutte le opposizioni fu la repressione poliziesca che maggiormente si accanì contro gli esponenti della sinistra. Numerosi furono i casi di incarceramenti senza processo e di uso della tortura.
Gli elementi democratici presenti nella società greca si organizzarono quasi subito nel tentativo di ostacolare la politica della Giunta. Già all'inizio del 1968 si erano formati numerosi gruppi, sia in esilio sia in patria, che chiedevano il ritorno della democrazia, tra questi si possono ricordare il Movimento di Liberazione Panellenico (PAK), Difesa democratica, l'Unione Socialista Democratica; gruppi che traevano la loro origine da tutto lo scenario della sinistra greca, grande parte del quale si trovava ormai, come il Partito Comunista, nella clandestinità.
Tra le prime azioni contro la Giunta vi fu il tentativo di assassinare Papadopoulos, il 13 agosto 1968. L'azione ebbe luogo durante il trasferimento dell'"uomo forte" della Giunta dalla sua residenza estiva a Lagonisi verso Atene. Il piano prevedeva l'esplosione di una bomba in un punto della strada costiera dove la limousine di Papadopoulos doveva rallentare. Il piano fallì e l'attentatore Alekos Panagulis venne catturato poche ore dopo mentre cercava di fuggire a bordo di un battello. Panagulis venne portato nella sede della polizia militare dove venne percosso e torturato. Il 17 novembre 1968 venne condannato a morte, ma la sua condanna non venne mai eseguita nel timore delle reazioni sia interne che internazionali. Dopo la caduta della Giunta, Panagulis venne eletto membro del parlamento con l'Unione di Centro. Dopo l'inizio della pubblicazione dei dossier relativi agli agenti di sicurezza del regime dei colonnelli, Alekos Panagulis morì nel 1976, vittima di un misterioso incidente automobilistico.[9]
Nel 1969 Costa-Gavras pubblicò il film Z - L'orgia del potere, basato sul romanzo del celebrato scrittore dissidente Vasilīs Vasilikos. Il film, sottoposto a censura, presentava un resoconto minimamente romanzato degli eventi che circondarono l'assassinio del politico della Sinistra Democratica Unita (EDA), Gregoris Lambrakis, nel 1963. Il film venne girato per catturare un senso di rabbia nei confronti della giunta. La colonna sonora del film venne composta da Mikīs Theodōrakīs, imprigionato dalla giunta, e venne introdotta illegalmente nel paese per essere aggiunta alle altre composizioni ispiratrici di Theodorakis.
Il funerale di Geōrgios Papandreou, il 1º novembre 1968, si tramutò spontaneamente in una grossa manifestazione contro la giunta. Migliaia di ateniesi disobbedirono agli ordini dei militari e seguirono il feretro fino al cimitero. Il governo reagì con l'arresto di 41 persone.
Il 28 marzo 1969, dopo due anni segnati da una diffusa censura, detenzioni politiche e torture, Giorgos Seferis (che aveva ricevuto il Premio Nobel per la letteratura nel 1963) prese posizione contro la Giunta. Egli rese una dichiarazione al BBC World Service[10], con copie distribuite simultaneamente a tutti i quotidiani greci. In un discorso contro i colonnelli, egli dichiarò appassionatamente che "questa anomalia deve finire". Seferis non visse abbastanza per vedere la fine della Giunta. Anche il suo funerale, il 22 settembre 1971, venne trasformato in una massiccia dimostrazione contro il governo militare.
La Giunta esiliò migliaia di persone, sulla base del fatto che erano comuniste e/o "nemiche della nazione". Molte di queste vennero sottoposte al confino su isole greche deserte come Makronisos, Gyaros, Gioura o disabitate come Leros, Agios Eustratios o Trikeri. I personaggi più noti erano in esilio all'estero, e molti di essi ebbero un sostanziale coinvolgimento nella resistenza, organizzando proteste nelle capitali europee, o aiutando a nascondere i rifugiati greci.
Melina Merkouri, attrice e cantante e, dopo il 1981 ministro della cultura; Mikīs Theodōrakīs, compositore; Costas Simitis, primo ministro dal 1996 al 2004; e Andreas Papandreou, primo ministro dal 1981 al 1989 e nuovamente dal 1993 al 1996, furono tra questi. Alcuni scelsero l'esilio incapaci di sopportare la vita sotto la Giunta. Ad esempio a Melina Merkouri venne permesso di entrare in Grecia, ma rimase lontana per sua scelta.
Nelle prime ore del 19 settembre 1970, in piazza Matteotti a Genova, lo studente di geologia Kōstas Geōrgakīs si diede fuoco per protestare contro la dittatura del governo di George Papadopoulos. La Giunta ritardò l'arrivo delle sue spoglie a Corfù per quattro mesi, temendo reazioni pubbliche e proteste. All'epoca la sua morte provocò scalpore in Grecia e altrove, in quanto fu la prima tangibile manifestazione della profondità della resistenza contro la Giunta. Georgakis è l'unico eroe della resistenza alla Giunta noto per aver protestato togliendosi la vita ed è considerato il precursore delle successive proteste studentesche, come quella del Politecnico. Il comune di Corfù ha eretto un monumento in suo onore nei pressi della sua casa natale.
Con l'obiettivo di risolvere la questione costituzionale e contrastare la crescente opposizione al regime, Papadopoulos varò una nuova costituzione che abolì la monarchia e fece della Grecia una repubblica. Il referendum per l'approvazione della nuova costituzione si tenne all'inizio del 1973 e dette un risultato quasi unanime a favore del nuovo testo. Dopo il referendum Papadopoulos assunse, il 1º giugno 1973, la carica di presidente della repubblica, con il generale Odysseas Angelis come vice presidente.
La Marina ellenica restò a maggioranza realista. Il 23 maggio 1973 il cacciatorpediniere Velos, al comando di Nicholaos Pappas, mentre era impegnato in una esercitazione coordinata dalla NATO, si ammutinò, rifiutando di ritornare in Grecia come forma di protesta verso il governo militare. La protesta scoppiò quando, durante un pattugliamento tra la penisola italiana e la Sardegna, il comandante e gli ufficiali ricevettero via radio la notizia che in Grecia erano stati arrestati alcuni ufficiali di marina che avevano contestato il regime. Il comandante del Velos faceva parte di un gruppo di ufficiali democratici decisi ad obbedire alla costituzione.
Pappas, convinto che l'arresto dei suoi compagni avesse negato ogni speranza di poter agire dall'interno, decise di portare la situazione del suo paese all'attenzione dell'opinione pubblica con un gesto clamoroso. Dopo aver comunicato all'equipaggio le sue intenzioni ed averne registrato l'adesione alla protesta, il comandante del Velos comunicò le sue intenzioni al quartier generale della NATO citando il preambolo dell'atto di costituzione della NATO stessa: "...tutti i governi... sono determinati a difendere la libertà, i diritti e la civiltà dei loro popoli, fondati sui principi della democrazia, della libertà individuale e del governo della legge" e dopo aver lasciato la formazione fece rotta verso Roma.
Dopo aver ancorato il Velos nelle acque prospicienti la città di Fiumicino, un gruppo di sediziosi a bordo di alcune lance, prese terra e dopo essersi diretti all'aeroporto telefonarono alle agenzie di informazione internazionale, comunicando l'ammutinamento e la decisione di tenere una conferenza stampa il giorno seguente. L'azione del Velos produsse un notevole interesse internazionale. Il comandante, sei ufficiali e venticinque sottufficiali ottennero asilo politico in Italia.
In realtà l'intero equipaggio avrebbe voluto seguire il comandante ma gli ufficiali chiesero loro di rimanere a bordo e di ritornare in Grecia allo scopo di comunicare alle famiglie ed agli amici quanto era accaduto. Il Velos ritornò in Grecia il mese successivo con un nuovo equipaggio. Dopo la caduta del governo militare il comandante Pappas e gli altri ammutinati rientrarono in patria dove vennero reintegrati nei ranghi della Marina.
Di fronte alle difficoltà crescenti con l'economia, al dissenso popolare e all'isolamento diplomatico crescente, la giunta greca cercò consenso iniziando una transizione verso una certa forma di democrazia. Papadopoulos quindi cercò il supporto dalla vecchia classe politica e Spyridōn Markezinīs accettò di collaborare per contribuire a condurre il paese di nuovo alla normale democrazia parlamentare in un processo che è venne chiamato metapolitefsi. Nel settembre 1973 Papadopoulos nominò Markezinis primo ministro.
Il 14 novembre 1973 gli studenti del Politecnico di Atene entrarono in sciopero ed avviarono una forte protesta contro la Giunta. Nelle prime fasi della protesta non vi fu alcuna reazione da parte del governo militare cosicché gli studenti poterono barricarsi all'interno degli edifici e mettere in funzione una stazione radio (usando materiale trovato nei laboratori) che trasmetteva nell'area di Atene. Migliaia di lavoratori e di giovani si unirono alla protesta sia dentro che fuori l'università.
Quando l'esercito intervenne intimando agli studenti del Politecnico, asserragliati all'interno dell'Università, di arrendersi e cedere le armi, pare che questi abbiano risposto usando le stesse parole pronunciate dal re di Sparta Leonida contro i persiani alle Termopili: "Μολὼν λαβέ"[11] ("Venite a prenderle").[12]
Nelle prime ore del 17 novembre Papadopoulos ordinò all'esercito di porre fine alla protesta. Un carro armato AMX-30 abbatté i cancelli del Politecnico, che era stato completamente privato di illuminazione attraverso il distacco della rete elettrica cittadina: l'azione di forza travolse gli studenti che vi si erano arrampicati sopra.
Secondo le indagini svolte dopo la caduta della Giunta, nessuno studente rimase ucciso dall'azione del carro armato anche se i feriti furono moltissimi, e alcuni di essi rimasero poi invalidi. Negli scontri che seguirono l'intervento dell'esercito rimasero uccisi 24 civili, tra i quali almeno uno ucciso a sangue freddo da un ufficiale.
Il 25 novembre 1973 a seguito della sanguinosa repressione della rivolta del Politecnico di Atene del 17 novembre, ed alle proteste interne ed internazionali seguite ai fatti, il generale Dīmītrios Iōannidīs depose Papadopoulos, nominò presidente della repubblica il generale Phaedon Gizikis e tentò di mantenere il potere nelle mani dei militari malgrado il crescere dell'opposizione interna al regime.
Nel luglio del 1974 il tentativo di Ioannides di rovesciare l'arcivescovo Makarios III, presidente di Cipro, attraverso un colpo di Stato militare condotto dall'organizzazione filo-ellenica EOKA-B condusse la Grecia sull'orlo della guerra con la Turchia. Questa infatti, come risposta all'azione greca, interpretando a modo suo il Trattato di Zurigo e Londra, intervenne militarmente nella parte nord dell'isola instaurando un governo filo-turco, non riconosciuto dal diritto internazionale ma dalla sola Turchia.
La prospettiva della guerra contro la Turchia fece sì che una parte degli ufficiali più anziani togliesse l'appoggio alla giunta ed al suo uomo forte Ioannidis. I membri della giunta militare e il presidente della repubblica, il generale Phaedon Gizikis, convocarono una riunione di uomini politici di destra e di centro comprendente Panagiōtīs Kanellopoulos, Spyridōn Markezinīs, Stefanos Stefanopoulos, Euaggelos Averōf e altri con l'obiettivo di formare un governo di unità nazionale che portasse il paese alle elezioni.
Essendo stata osteggiata l'originaria ipotesi di affidare l'incarico di primo ministro a Panagiotis Kanellopoulos, il presidente Gizikis infine si risolse a proporre l'incarico a Kōnstantinos Karamanlīs, che dal 1963 risiedeva a Parigi dopo essere stato più volte primo ministro negli anni '50. Karamanlis accettò e giunse ad Atene a bordo dell'aereo personale del presidente francese Valéry Giscard d'Estaing il 24 luglio 1974.
Le elezioni del novembre 1974 videro la vittoria di Nuova Democrazia, il partito conservatore fondato da Karamanlis che venne così confermato nel ruolo di primo ministro.
Il nuovo governo indisse per l'8 dicembre dello stesso anno un referendum istituzionale, per decidere se restaurare la monarchia (responsabile dell'avvento del regime militare) o mantenere la repubblica: quest'ultima ottenne il 69,2% dei voti, mentre la monarchia il 30,8%. Nacque così la Terza Repubblica Ellenica.
I responsabili della dittatura furono sottoposti a processo e condannati con pene molto pesanti.
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