La Dea rappresenta in alcune teologie femministe, segnatamente quelle di cui si occupa la tealogia, il risultato di una ricerca teologica, devozionale e cultuale, frutto dapprima della critica femminista al linguaggio e alle immagini maschili per indicare il divino in qualità di Dio e di "padre", da cui sarebbe poi scaturito il dominio del maschio nelle società; successivamente, fu proposto e seguito in questo ambito il rovesciamento della nozione del divino maschile che apre alla nozione del divino interamente femminile, questo indicato come "Dea"[2].
In questo modo la teologa cattolica e accademica femminista statunitense Rosemary Radford Ruether ricostruisce la nascita e lo sviluppo di questo nuovo culto fondato sul recupero dell'antico culto della Dea:
«In the early 1970s, sectors of the new women’s movement, seeking a feminist spirituality, began to reclaim the ideas of original matriarchy and the primacy of a female deity. Nineteenth- and early twentieth-century anthropologists such as Bachofen and Briffault, who had written about an original matriarchy, were rediscovered. [...] For these new feminists, however, such ideas were not simply theories about original female power that might buttress a new equality; they were also the foundations for a new, or renewed, religion. [...] In opposition, “masculine” values, enshrined in the male supreme deity of Judaism, Christianity, and Islam, promoted male domination, aggressive violence, subjugation of women, and exploitation of the earth. The reclaiming of Goddess worship took on the vision of a redemption of humanity and the earth from the nadir of violence and destruction that had been unleashed by patriarchal religion and rule.»
«Nei primi anni '70, settori del nuovo movimento delle donne, alla ricerca di una spiritualità femminista, cominciarono a rivendicare le idee del matriarcato primitivo e il primato di una divinità femminile. Furono riscoperti antropologi del diciannovesimo e dell'inizio del ventesimo secolo come Bachofen e Briffault, che avevano scritto di un matriarcato primitivo. [...] Per queste nuove femministe, tuttavia, tali idee non erano semplicemente teorie sul potere femminile primitivo che potessero sostenere una nuova uguaglianza; erano anche le basi per una religione nuova o rinnovata. [...]. In opposizione, ai valori "maschili", consacrati nella divinità suprema maschile del giudaismo, del cristianesimo e dell'islam, promotori del dominio maschile, la violenza aggressiva, la sottomissione delle donne e lo sfruttamento della terra. Il recupero del culto della Dea ha assunto la visione di una redenzione dell'umanità e della terra dal nadir della violenza e della distruzione che era stata scatenata dalla religione e dal dominio patriarcale.»
Melissa Raphael precisa, tuttavia, che quantomeno per l'avanguardia tealogica degli anni '70 e '80 del XX secolo, l'approccio devozionale e cultuale alla Dea non era il solo perseguito in ambito femminista[3]. Nelle opere di Mary Daly, ad esempio, si utilizza la nozione di Dea in senso metaforico, in qualità di archetipo psicologico avente lo scopo di liberare nelle donne la propria autostima[4].
Note
Voci correlate
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