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tipo di realtà virtuale Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il cyberspazio o, meno comunemente, ciberspazio[1] (nella prima grafia, AFI: [ʧiberˈspaʦʦjo] o [saiberˈspaʦʦjo][2]; sul modello dell'inglese cyberspace), è il dominio caratterizzato dall'uso dell'elettronica e dello spettro elettromagnetico per immagazzinare, modificare e scambiare informazioni attraverso le reti informatiche e le loro infrastrutture fisiche. È visto come la dimensione immateriale che mette in comunicazione i computer di tutto il mondo in un'unica rete che permette agli utenti di interagire tra loro[3], ossia come lo «"spazio concettuale" dove le persone interagiscono usando tecnologie per la comunicazione mediata dal computer (computer mediated communication, CMC)»[4]. Il termine oggi è comunemente utilizzato per riferirsi al "mondo di Internet" in senso generale.
Il termine (una parola macedonia composta da cibernetica e spazio) compare nella prima metà degli anni ottanta nella fantascienza cyberpunk di William Gibson[5], dove il ciberspazio comprende vari tipi di realtà virtuale, condivisa da utenti profondamente immersi in tali dimensioni, o da entità che sussistono all'interno dei sistemi informatici.
Il termine cyberspace (ciberspazio) fu coniato da William Gibson, scrittore canadese esponente di punta del filone cyberpunk, per il suo racconto La notte che bruciammo Chrome (Burning Chrome), pubblicato nel 1982 sulla rivista Omni e fu in seguito reso noto dal suo romanzo Neuromante (Neuromancer, 1984),[6] nel quale è così descritto:
«Cyberspazio: un'allucinazione vissuta consensualmente ogni giorno da miliardi di operatori legali, in ogni nazione, da bambini a cui vengono insegnati i concetti matematici... Una rappresentazione grafica di dati ricavati dai banchi di ogni computer del sistema umano. Impensabile complessità. Linee di luce allineate nel non-spazio della mente, ammassi e costellazioni di dati. Come le luci di una città, che si allontanano [...].»
Gibson più tardi commentò l'origine del termine nel documentario del 1996 No Maps for These Territories:
«Tutto quello che so riguardo al termine "cyberspace" quando lo coniai, era che esso rassomigliava effettivamente ad un termine in voga. Sembrava evocativo ed essenzialmente privo di significato. Era indicativo di qualcosa, ma non aveva nessun significato semantico vero, anche per me, poiché lo vidi emergere mentre lo stavo scrivendo nella pagina.»
Gibson coniò anche il termine meatspace (spazio della carne) per indicare il mondo fisico, contrapposto al ciberspazio. Il suo romanzo Count Zero è stato tradotto in italiano con il titolo Giù nel ciberspazio.
Il termine ciberspazio iniziò a divenire de facto sinonimo di Internet e in seguito di World Wide Web durante gli anni novanta, specialmente nei circoli accademici[5] e nelle comunità di attivisti. Lo scrittore e giornalista Bruce Sterling, che rese popolare questo significato,[7] accreditò John Perry Barlow per essere stato il primo ad usare questo termine per riferirsi al "nesso attuale tra il computer e i network delle telecomunicazioni". Barlow lo descrive così per annunciare la formazione dell'EFF o Electronic Frontier Foundation (da notare la metafora spaziale) nel giugno del 1990:[8]
«In questo mondo silenzioso, tutta la comunicazione è digitata. Per entrare in esso, ci si deve liberare sia del corpo che dell'ambiente circostante e si diviene solo una cosa fatta di parole. Si può vedere quello che i nostri interlocutori stanno dicendo (o che hanno detto di recente), ma non come sono loro fisicamente, né il luogo dove si trovano. Gli incontri in questa città virtuale sono continui e le discussioni variano dagli ambiti sessuali ai programmi di deprezzamento.
Se sia un singolo trillo telefonico o milioni, essi sono tutti connessi fra di loro. Collettivamente, formano ciò che gli abitanti della città virtuale chiamano la Rete. Essa si estende attraverso l'immensa regione dello stato di elettroni, microonde, campi magnetici, luci intermittenti che lo scrittore di fantascienza William Gibson battezzò Ciberspazio.»
Mentre Barlow e l'EFF continuarono nei loro sforzi pubblici per promuovere l'idea dei "diritti digitali", il termine fu sempre più utilizzato durante il boom di Internet alla fine degli anni novanta.
Sebbene il ciberspazio non debba essere confuso con la rete Internet vera e propria, il termine è spesso usato per riferirsi ad oggetti ed identità che esistono ampiamente all'interno della stessa comunicazione dei network, cosicché un sito web, per esempio, si potrebbe dire metaforicamente che "esiste nel ciberspazio". Secondo questa interpretazione, gli eventi che hanno luogo su Internet non sono in atto nei paesi dove si trovano fisicamente i partecipanti o i server, ma "nel ciberspazio".
«Ciberspazio è il "luogo" nel quale sembra accadere una conversazione telefonica. Non all'interno del vostro reale telefono, l'apparecchio in plastica o altro materiale che si trova nella vostra scrivania. Non all'interno del telefono dell'altra persona, che si trova in una qualche altra città. Lo spazio tra i telefoni. ...negli ultimi venti anni trascorsi, questo "spazio" elettrico, che era un tempo sottile e scuro e uni-dimensionale – poco più di uno stretto tubo parlante, che si allungava con un filo da telefono a telefono, si è praticamente espanso, schizzando fuori come un gigantesco joker dentro la scatola, la luce lo ha inglobato, sotto forma di luce tremolante dello schermo di un computer. Questo mondo scuro e nascosto rappresentato dal piccolo ricevitore telefonico connesso tramite un filo alla rete si è trasformato in un vasto e fiorente paesaggio elettronico. Dagli anni sessanta, il mondo del telefono è divenuto ibrido con i computer e la televisione, e sebbene non vi sia ancora alcuna sostanza di ciberspazio, nulla che si possa maneggiare, esso ora ha uno strano tipo di fisicità. È buonsenso oggi parlare di ciberspazio come un luogo a sé stante.»
Lo "spazio" nel ciberspazio ha più in comune con l'astratto significato matematico del termine (vedasi Spazio (matematica)) che con lo spazio fisico. Non possiede il dualismo del volume positivo e negativo (mentre nel mondo fisico, ad esempio una stanza possiede il volume negativo dello spazio utile delineato dal volume positivo dei muri, gli utenti di Internet non possono entrare nello schermo ed esplorare la parte sconosciuta della rete come estensione dello spazio nel quale essi si trovano), ma il significato spaziale può essere attribuito alla relazione tra le differenti pagine (dei libri così come dei webserver), considerando le pagine non girate come presenti da qualche parte "là fuori." Il concetto di ciberspazio quindi si riferisce non al contenuto presentato al navigatore, ma piuttosto alla possibilità di navigare tra differenti siti, tramite i cicli di feedback tra l'utente ed il resto del sistema che crea così il potenziale di incontrare sempre qualcosa di inatteso e sconosciuto.
I videogiochi differiscono dalla comunicazione basata sul testo per il fatto che le immagini sullo schermo sono interpretate come figure che occupano realmente uno spazio, con l'animazione che mostra i movimenti di queste figure. Le immagini si suppone che formino il volume positivo che delinea lo spazio vuoto. Un gioco online può adottare la metafora del ciberspazio impegnando molti giocatori nel gioco stesso, e poi rappresentandoli figurativamente sullo schermo come avatar. I giochi non fermano necessariamente al livello dell'avatar del giocatore: le attuali applicazioni che mirano ad una maggiore Immersione nello spazio del gioco (es. Laser tag) prendono la forma di realtà aumentata piuttosto che di ciberspazio, restando ancora impraticabile immergersi totalmente nella realtà virtuale.
Alcune comunità virtuali si riferiscono esplicitamente al concetto di ciberspazio: ad esempio il Linden Lab chiama i suoi clienti "Residenti" di Second Life, mentre tutte queste comunità possono essere posizionate "nel ciberspazio" per compiti illustrativi e comparativi (come fece Sterling nel libro Giro di vite contro gli hacker e molti giornalisti dopo di lui), integrando la metafora con una più ampia cyber-cultura.
La metafora è stata utile per aiutare una nuova generazione di maestri di pensiero a ragionare attraverso nuove strategie militari nel mondo, condotti largamente dal Dipartimento della difesa degli Stati Uniti (US Department of Defense, DoD).[9] L'uso del ciberspazio come metafora ha avuto limitazioni proprie, tuttavia, specialmente nelle aree dove la metafora si confonde con le infrastrutture fisiche.[10]
Prima che il ciberspazio divenisse una possibilità tecnologica, molti filosofi suggerirono la possibilità dell'esistenza di una realtà "virtuale" simile al ciberspazio. Nella Repubblica, Platone precisa la sua allegoria della caverna, ampiamente citata come una delle prime realtà concettuali. Egli suggerisce che noi siamo già in una forma di realtà "virtuale" della quale siamo illusi nel pensare che sia vera. La vera realtà per Platone è accessibile soltanto attraverso l'allenamento mentale ed è la realtà delle forme. Queste idee sono centrali nel platonismo e neoplatonismo.
Un altro precursore delle idee moderne del ciberspazio è Cartesio, nel suo pensiero che il popolo sia ingannato da un demone malefico che lo nutre con una falsa realtà. Questo argomento è il diretto predecessore delle moderne concezioni del cervello in una vasca (brain in a vat) e molte concezioni popolari del ciberspazio prendono ispirazione dalle idee di Cartesio.
Le arti visive hanno una tradizione, che parte dai pittori greci Zeusi e Parrasio, di artefatti intesi come trompe-l'œil che possono essere confusi con la realtà. Questo interrogarsi sulla realtà occasionalmente portò alcuni filosofi e (specialmente) teologi a screditare l'arte come ingannatrice del popolo in quanto fa entrare in un mondo che non è reale (posizione a volte sfociata nell'aniconismo). La sfida artistica risorse tramite una crescente ambizione di verosimiglianza e l'arte divenne sempre più realistica con l'invenzione della fotografia, del cinema (come nel caso de L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat) ed infine alle simulazioni immersive al computer.
Gli esponenti americani della controcultura come William S. Burroughs (la cui influenza letteraria su Gibson ed il cyberpunk in generale è ampiamente conosciuta[11][12]) e Timothy Leary[13] furono tra i primi ad esaltare il potenziale dei computer e delle reti di computer per il rafforzamento dell'individuo.[14]
Alcuni filosofi e scienziati contemporanei (ad es. David Deutsch nel suo La trama della realtà (The Fabric of Reality, 1997)[15] impiegano la realtà virtuale in vari esperimenti di pensiero. Per esempio Philip Zhai in Get Real: A Philosophical Adventure in Virtual Reality (Divieni reale: un'avventura filosofica nella realtà virtuale) connette il ciberspazio alla tradizione platonica:
«Immaginiamo una nazione nella quale ognuno è collegato ad una rete di infrastrutture di RV [realtà virtuale]. Essi sono stati collegati dal momento in cui lasciarono il grembo materno. Immersi nel cyberspazio e mantenendo la propria vita per mezzo della telepresenza, essi non hanno mai immaginato che la vita potesse essere molto diversa da quella che vivevano. La prima persona che pensa alla possibilità di un mondo alternativo come il nostro sarebbe presa in giro dalla maggioranza dei cittadini, proprio come i pochi illuminati dell'allegoria della caverna di Platone.»
Notare che questo argomento del cervello in una vasca fa confluire il ciberspazio nella realtà, mentre la descrizione più comune del ciberspazio contrasta con la "vita reale".
Essendosi originato attraverso gli scrittori, il concetto di ciberspazio rimane molto popolare nella letteratura e nella cinematografia. Sebbene artisti che lavorano nei media abbiano espresso interesse riguardo al concetto di "ciberspazio" nell'arte moderna esso è principalmente usato come sinonimo di "realtà virtuale" e rimane per lo più molto discusso e poco messo in atto.[16]
La cosiddetta dipendenza da internet o cyberspace addiction, è una forma di dipendenza dall'esperienza virtuale resa possibile dall'ingegneria telematica.
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