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organo di rilievo costituzionale italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il Consiglio Superiore della Magistratura[2] (in sigla CSM) è un organo di rilievo costituzionale[3] dell'ordinamento politico italiano, di governo autonomo della magistratura italiana ordinaria.
Consiglio Superiore della Magistratura | |
---|---|
Seduta del Plenum del CSM, 6 maggio 1999 | |
Sigla | CSM |
Stato | Italia |
Tipo | Organo di rilievo costituzionale |
Commissioni |
|
Istituito | L. 195/1958 |
da | Governo Zoli |
Presidente[1] | Sergio Mattarella |
Vicepresidente | Fabio Pinelli |
Ultima elezione | 18 - 19 settembre 2022 |
Numero di membri | 33 |
Durata mandato | 4 anni (eccetto Membri di diritto) |
Sede | Palazzo dei Marescialli, Roma |
Indirizzo | Piazza dell'Indipendenza, 6 |
Sito web | csm.it |
Il Consiglio Superiore della Magistratura è un organo che venne introdotto in Italia durante il periodo monarchico. Fu nominato per la prima volta all'art. 4 della legge 511 del 1907[2], che lo istituì presso il Ministero della giustizia, sostanzialmente come organo consultivo, e amministrativo per le nomine di alcune cariche entro la magistratura. Pochi mesi dopo, il governo Giolitti III firmò la legge 689[4] dello stesso anno, che definìva e inquadrava il nuovo organo, anche se ovviamente, agendo la magistratura in nome del Re, i suoi componenti si configuravano come dipendenti del governo.
Le sue funzioni rimasero grosso modo invariate fino alla Costituzione Repubblicana, che ne trasformava radicalmente i poteri da organo consultivo-amministrativo presso un ministero, ad organo di governo autonomo della Magistratura.
Il C.S.M. si è insediato ufficialmente il 18 luglio 1959 e ha tenuto la sua prima riunione, presso il palazzo del Quirinale, dove è restato sino al 1962, quando fu trasferito presso l'attuale sede di Palazzo dei Marescialli, in piazza dell'Indipendenza 6[5].
Le prime donne a diventare componenti del Consiglio Superiore della Magistratura furono nel 1981 la professoressa Ombretta Fumagalli Carulli e la professoressa Cecilia Assanti, entrambe elette dal Parlamento. Soltanto nel 1986 fu eletta dagli stessi magistrati Elena Paciotti[6].
Come è stato osservato da una analisi sociologica, ancora oggi, dopo più di cinquantanni dall'ingresso in magistratura delle donne, la componente femminile all'interno dell'organo di autogoverno della magistratura non ha ancora acquisito un ruolo numericamente rilevante[7].
Il CSM è organo di governo autonomo con lo scopo di garantire l'autonomia e l'indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello Stato, in particolare da quello esecutivo, secondo il principio di separazione dei poteri proprio dello Stato di diritto e inverato nella Costituzione della Repubblica Italiana. In particolare è un organo di rilievo costituzionale, e si fa riferimento ad esso nella Costituzione italiana agli articoli da 104 a 107.
La dottrina per anni si è divisa sulla natura di organo costituzionale oppure meramente di rilievo costituzionale del Consiglio Superiore della Magistratura, sino a quando la Corte costituzionale (Corte cost. 2-3 giugno 1983, n. 148) si è pronunciata al riguardo attribuendole la seconda natura; ma, soprattutto, è stata problematica l'individuazione delle specifiche funzioni del Consiglio. Infatti, l'esercizio di alcuni poteri e funzioni da parte del Consiglio, non esplicitamente menzionati nella Costituzione, ha più volte causato tensioni con settori del mondo politico. È questo il caso di quelle che un’autorevole dottrina definisce funzioni di rappresentanza del potere giudiziario nei rapporti con gli altri poteri[8], come, ad esempio, fare proposte al ministro sulle materie di sua competenza, dare pareri sui disegni di legge in qualsiasi modo attinenti all'organizzazione della giustizia (si veda l'articolo 10 della legge 24 marzo 1958 n. 195) e, più in generale, il potere di pronunciarsi manifestando la propria opinione su qualsiasi vicenda possa interessare il funzionamento della giustizia.
All'art. 110, la Costituzione assegna al ministro della giustizia il compito di curare l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, ferme restando le competenze del CSM; l'art. 101, comma 2, inoltre, garantisce la piena autonomia e indipendenza dei giudici da ogni altro potere dichiarando che essi sono soggetti soltanto alla legge. Il Consiglio superiore della magistratura è l'organo che assicura l'autonomia dell'ordine giudiziario, e quello a cui compete il governo autonomo dei magistrati ordinari, civili e penali.
Ad esso spettano, infatti, le competenze in materia di assunzioni, assegnazioni e trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati ordinari (i magistrati amministrativi, contabili e militari hanno propri organi di governo).
Le funzioni di governo autonomo del Consiglio superiore della magistratura quindi in materia di stato giuridico dei magistrati, riguardano:
Contro tali provvedimenti è ammesso il ricorso al TAR Lazio ed in secondo grado al Consiglio di Stato[9]. Fa eccezione l'assegnazione di sanzioni disciplinari da parte della Sezione disciplinare del CSM. In questo caso il procedimento ha natura giurisdizionale, è strutturato come un processo regolato dalle norme del codice di procedura penale ed è definito con una sentenza avverso la quale è possibile proporre ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione.
Il Consiglio superiore della magistratura è composto da 33 membri e presieduto dal Presidente della Repubblica che vi partecipa di diritto.
Altri membri di diritto sono il primo presidente e il procuratore generale della Corte suprema di cassazione. Gli altri 30 componenti sono eletti[10] per i 2/3 da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti a tutte le componenti della magistratura (membri togati, 20) e per 1/3 dal Parlamento riunito in seduta comune tra i professori universitari in materie giuridiche e avvocati che esercitano la professione da almeno quindici anni (membri laici, 10).
Con la presenza dei membri laici nel CSM i costituenti vollero impedire che l'autonomia e l'indipendenza della magistratura si trasformasse nella creazione di una specie di casta separata da tutti i poteri dello Stato e gelosa dei suoi privilegi.
La stessa ragione ha spinto ad attribuire la presidenza del collegio al capo dello Stato, anche se bisogna aggiungere che tale presidenza ha prevalente carattere formale e simbolico, visto che il CSM elegge, tra i membri laici, un vicepresidente che svolge concretamente tutti i compiti connessi alla presidenza del collegio[11]. La Costituzione non stabilisce direttamente quanti debbano essere i componenti del CSM, ma si limita a stabilirne la composizione percentuale.
Attualmente i membri togati sono 20 (2 sono giudici di Cassazione, 5 sono magistrati requirenti, 13 sono giudici di merito) e quelli laici sono 10. La carica di consigliere è incompatibile con quella di parlamentare o di consigliere regionale. Il Consiglio elegge il vicepresidente tra i membri eletti dal Parlamento. I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili. Spetta, dunque, alla legge ordinaria determinare quanti sono i componenti e come sono eletti.
La materia è regolata dalla legge 24 marzo 1958, n. 195[12], più volte modificata, da ultimo con la legge 28 marzo 2002, n. 44[13]. La riforma del 2002, novellando il testo della legge 195/1958, introduce importanti riforme riguardanti l'organo di autogoverno della magistratura, destinate ad avere una non secondaria influenza sulla sua attività e forse anche sul suo ruolo.[senza fonte]
Da un lato, si è ridotto il numero dei membri elettivi del Consiglio da 30 a 24. Dall'altro lato, si è radicalmente modificato il meccanismo elettorale della componente togata, prevedendo la candidatura dei magistrati a titolo individuale e non più nell'ambito di liste contrassegnate da un logo ed istituendo tre collegi nazionali distinti, rispettivamente, per l'elezione, come si è detto, di due magistrati di legittimità, dieci giudici di merito e quattro pubblici ministeri presso uffici di merito.
È poi intervenuta la riforma Cartabia (La legge delega n. 71 del 17 giugno 2022) a riportare il numero dei membri elettivi a 30.
Il Consiglio Superiore della Magistratura è un organo collegiale.
Al suo interno è composto da Commissioni, formate dai Consiglieri togati e laici. Le Commissioni hanno un potere di proposta nei confronti dell'Assemblea Plenaria (cd. Plenum) di cui fanno parte tutti i consiglieri eletti ed i membri di diritto.
Ogni Commissione può formulare una o più proposte al Plenum cui compete l'approvazione definitiva. In seguito alla Riforma regolamentare del 2016, le Commissioni sono dieci, cui va aggiunta la Sezione disciplinare per i magistrati ordinari.
Il CSM è diviso in dieci commissioni:
Più volte si sono generate forti tensioni in occasione di interventi del Consiglio a tutela dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura di fronte ad attacchi provenienti dall'esterno, specialmente dal mondo politico; è anche questo il caso dell'adozione di atti normativi (o paranormativi) da parte del Consiglio. Nel campo politico si è assistito, invece, a tentativi di circoscrivere questa attività consiliare di produzione normativa: a questo tendeva il progetto di legge costituzionale adottato dalla Commissione parlamentare per le riforme costituzionali (Commissione D'Alema della XIII legislatura, mai approvato), che peraltro prevedeva che il Consiglio superiore della magistratura ordinaria fosse composto di una sezione per i giudici e di una sezione per i pubblici ministeri.
Il Consiglio superiore della magistratura non è titolare di funzioni di indirizzo politico e quindi non svolge alcun ruolo politico, propriamente inteso. Ed invero, il CSM non fissa e non persegue obiettivi politici, ma è titolare, per Costituzione, della funzione di governare l'ordine giudiziario, di cui tutela l'autonomia e l'indipendenza. Tuttavia, il CSM è stato accusato da alcuni esponenti politici[14] di esercitare un ruolo che la Costituzione non gli assegnerebbe, estendendo i propri poteri fino a farli entrare in conflitto con quelli di Parlamento e Governo.
La critica si indirizza soprattutto su due tipologie di atti del CSM:
Singoli componenti del CSM e l'Associazione nazionale magistrati sono più volte intervenuti a difesa delle attribuzioni del Consiglio.
Ed invero, quanto alle cosiddette pratiche a tutela, altri osservano che, nel nostro ordinamento, se ogni cittadino è titolare del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero e, quindi, anche di sottoporre a critica i provvedimenti giudiziari, non è tuttavia ammissibile che tale critica trasmodi nella delegittimazione del singolo magistrato che ha emesso il provvedimento. In tale contesto, pertanto, pienamente legittimo, oltre che opportuno, appare l'intervento dell'organo di autogoverno che, al di là della pur doverosa tutela dell'onorabilità del singolo magistrato oggetto della censura, tende a riaffermare il principio costituzionale dell'autonomia e dell'indipendenza della Magistratura nel suo insieme. Al riguardo, inoltre, va detto che il regolamento interno del CSM, che porta la firma del Presidente della Repubblica, prevede esplicitamente le pratiche a tutela.
Quanto poi alla critica concernente la facoltà per il CSM di esprimere pareri in ordine all'attività legislativa del Parlamento, bisogna notare che la legge istitutiva del Consiglio superiore della magistratura (L. 24 marzo 1958, n.195) prevede espressamente che il Consiglio dà pareri al Ministro, sui disegni di legge concernenti l'ordinamento giudiziario, l'amministrazione della giustizia e su ogni altro oggetto comunque attinente alle predette materie. E del resto, si tratterebbe di un'attività doverosa del CSM, il quale, secondo detta tesi, è tenuto ad esprimere il parere al ministro della giustizia perché questi, qualora lo ritenga, ne tenga conto nella sua interlocuzione con il Parlamento. Le critiche all'uso della prassi dei "pareri" come strumento di autodifesa, sostengono che in tal modo si formerebbe un organismo senza nessun controllo da parte del Parlamento.
La legge che regola il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura prevede la facoltà del ministro della Giustizia di formulare richieste e osservazioni sulle materie di competenza propria del Consiglio superiore della magistratura; egli può partecipare alle sedute del Consiglio quando ne è richiesto dal Presidente o quando lo ritiene opportuno per fare comunicazioni o dare chiarimenti. Inoltre il ministro ha facoltà di chiedere ai capi delle Corti informazioni circa il funzionamento della giustizia ed esprime il concerto sulla nomina dei capi degli uffici giudiziari. Se il ministro della Giustizia ha la facoltà di promuovere l'azione disciplinare, compete però al Consiglio superiore della magistratura pronunciarsi sulle azioni promosse dal ministro.
La revisione dell'ordinamento giudiziario, che ha dato luogo nel 2006 ai cosiddetti decreti Castelli, intendeva tra l'altro disciplinare puntualmente gli illeciti disciplinari, oltre a realizzare un decentramento delle funzioni del CSM nei confronti dei consigli giudiziari, per consentire un più proficuo rapporto tra organi di autogoverno e singoli uffici, in particolare nell'ambito dell'organizzazione tabellare. I consigli giudiziari ed il Consiglio superiore della magistratura già ora esercitano un controllo sulle modalità di distribuzione del lavoro fra i magistrati componenti di un medesimo ufficio e sulle modalità di organizzazione del lavoro all'interno dei diversi uffici giudiziari, sanzionando eventualmente scelte di privilegio o di favore; per questa via è anche possibile impedire che l'assegnazione della trattazione di un singolo affare giudiziario o di un determinato procedimento avvenga in maniera arbitraria a singoli magistrati.
Al Consiglio superiore della magistratura spetta anche, su proposta del ministro di Grazia e Giustizia, il compito di individuare l'elenco delle sedi disagiate per le quali provvederà a deliberare il trasferimento dei magistrati in quelle sedi. Per trasferimento e destinazione d'ufficio si intende il cambiamento della sede di servizio che non sia stata chiesta dal magistrato, anche se quest'ultimo ha manifestato il consenso o la disponibilità, e che determini lo spostamento nelle sedi disagiate. Il trasferimento deve comportare il cambiamento di Regione ed una distanza superiore a centocinquanta chilometri dal posto in cui l'uditore giudiziario abbia svolto il tirocinio o il magistrato abbia prestato servizio. Gli uffici giudiziari considerati sedi disagiate sono quelli della Basilicata, della Calabria, della Sicilia e della Sardegna, dove si sia verificata la mancata copertura dei posti messi a concorso. Devono ricorrere almeno due di questi requisiti: vacanze superiori al 50% dell'organico, elevato numero di affari penali soprattutto relativi alla criminalità organizzata ed elevato numero di affari civili in rapporto alla consistenza del distretto e alla consistenza degli organici.
Dal 1993, il Consiglio superiore della magistratura proibisce ai magistrati l'appartenenza alla massoneria.
Ai 30 consiglieri elettivi, 10 laici e 20 togati (2 in rappresentanza della Cassazione, 5 delle procure e 13 per la magistratura giudicante) vanno aggiunti i tre membri di diritto: il Capo dello Stato (Presidente di diritto del CSM), il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.[15]
Nelle seduta del 17 e 19 gennaio 2023 sono stati eletti i dieci membri cosiddetti laici dal Parlamento in seduta comune.
Nella giornata del 18 e 19 settembre 2022 i magistrati ordinari hanno provveduto ad eleggere i membri di loro spettanza.
Organi tecnici del Consiglio sono la Segreteria generale e l'Ufficio studi.
Il Segretario generale è Alfredo Viola.
Il Vice-segretario generale è Gabriele Fiorentino.
I magistrati addetti alla segreteria sono: Luigi Bettini, Piera Gasparini, Giuseppe Strangio, Gabriella Piantadosi, Zsuzsa Mendola, Marco Verzera, Valeria Farina Valaori, Simona Sansa, Adele Verde, Sandro Saba, Giovanni Spinelli.
I magistrati addetti all'Ufficio studi sono: Lucia Aielli, Giuseppina Guglielmi, Olimpia Monaco, Luca D'Addario, Arturo Avolio, Tommaso Giovannetti.
Il vicepresidente del CSM svolge concretamente tutti i compiti connessi alla presidenza del collegio ed esercita le funzioni che il Presidente della Repubblica gli delega, nonché quelle previste dalla legge e dal regolamento interno. Presiede poi il Comitato di Presidenza e l'Adunanza plenaria[16] ed è eletto tra i membri laici designati dal Parlamento in seduta comune.
Vicepresidente | Dal | Al | Presidente |
---|---|---|---|
Michele De Pietro | 1959 | 1963 | Giovanni Gronchi |
Antonio Segni | |||
Ercole Rocchetti | 1963 | 1967 | |
Giuseppe Saragat | |||
Adolfo Salminci | 1967 | 1968 | |
Alfredo Amatucci | 1968 | 1972 | |
Giovanni Leone | |||
Giacinto Bosco | 1972 | 1976 | |
Vittorio Bachelet | 21 dicembre 1976 | 12 febbraio 1980 | |
Sandro Pertini | |||
Ugo Zilletti | 1980 | 1981 | |
Giovanni Conso | 28 aprile 1981 | 23 luglio 1981 | |
Giancarlo De Carolis | 1981 | 1986 | |
Francesco Cossiga | |||
Cesare Mirabelli | 6 marzo 1986 | 24 luglio 1990 | |
Giovanni Galloni | 1990 | 1994 | |
Oscar Luigi Scalfaro | |||
Piero Alberto Capotosti | 1994 | 1996 | |
Carlo Federico Grosso | 1996 | 1998 | |
Giovanni Verde | 1998 | 2 agosto 2002 | |
Carlo Azeglio Ciampi | |||
Virginio Rognoni | 2 agosto 2002 | 1º agosto 2006 | |
Giorgio Napolitano | |||
Nicola Mancino | 1º agosto 2006 | 2 agosto 2010 | |
Michele Vietti | 2 agosto 2010 | 30 settembre 2014 | |
Giovanni Legnini | 30 settembre 2014 | 27 settembre 2018 | |
Sergio Mattarella | |||
David Ermini | 27 settembre 2018 | 21 gennaio 2023 | |
Fabio Pinelli | 25 gennaio 2023 | in carica |
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