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vescovo italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Balbino (VI secolo – dopo il 595) è stato un vescovo italiano.
Si tratta del secondo vescovo documentato della diocesi di Roselle, dopo Vitaliano.[1]
Balbino è documentato come vescovo di Roselle alla fine del VI secolo.[2] La mancanza di documentazione su altri vescovi della diocesi grossetana tra il 499 e il 591, anno in cui è ricordato per la prima volta Balbino, può indurre a pensare che Balbino sia effettivamente stato il successore di Vitaliano, dopo quasi un secolo di sede vacante.[1] È noto, dopotutto, che negli anni del Regno ostrogoto e della successiva dominazione longobarda, molte diocesi rimasero senza vescovo e che Roselle, insieme con Sovana, erano nell'orbita dell'arcidiocesi di Lucca, la quale ne organizzava l'attività pastorale.[1]
Balbino è ricordato nell'epistola XV del noto Registrum di papa Gregorio Magno, datata gennaio 591,[3] dove è esortato dal pontefice a visitare personalmente la vicina Populonia, sede di una diocesi, per essere testimone delle recenti devastazioni perpetrate dai longobardi.[1][4] Per questa diocesi, rimasta priva del suo vescovo dopo che l'ultimo di essi, Cerbone, si era ritrovato costretto a fuggire all'isola d'Elba, fu infatti nominato visitatore apostolico, con l'incarico di procedere all'ordinazione di un sacerdote e di due diaconi, e alla nomina di tre preti per alcune parrocchie della diocesi.[2][4]
Balbino partecipò al concilio di Roma del 5 luglio 595 indetto da Gregorio Magno e dove furono presi provvedimenti circa l'organizzazione e la vita interna della Chiesa romana.[4] Tra le sottoscrizioni, si trova anche quella di Balbinus episcopus civitatis Rosellensis, che firma gli atti conciliari tra Virbono di Tuscania e Secondino di Taormina.[5]
Il nome di Balbino si trova anche tra le sottoscrizioni di un altro documento di Gregorio Magno, che Mansi data al 601.[6] In realtà questo testo è un documento spurio, frutto dell'elaborazione della canonistica medievale, che accorpò due lettere autentiche del pontefice (del 595 e del 598), modificandone parte del contenuto ed aggiungendo la serie delle sottoscrizioni, assente nelle lettere autentiche.[7]
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