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scrittore, poeta, traduttore e critico letterario francese Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Armand Robin (Plouguernével, 19 gennaio 1912 – Parigi, 29 marzo 1961) è stato uno scrittore, traduttore e critico letterario francese.
Madrelingua bretone, imparò il francese a scuola[1].
Studente brillante, s'iscrisse alla École normale supérieure di Parigi. Non ottenne l'idoneità all'insegnamento ma, con una borsa di studio, rimase a Parigi per proseguire gli studi in Lettere. Scoprì anche la passione per le lingue: iniziò a studiare il russo e il polacco.
Appassionato della cultura russa, nel 1933 intraprese un viaggio in Unione Sovietica, che aveva eletto idealmente a sua seconda patria. Visse in un kolchoz insieme ai contadini, sperimentando in prima persona la realtà del sistema sovietico. La sua disillusione fu enorme.
Ritornò a casa nutrendo una forte avversione per il comunismo. Da allora decise di non appartenere a nessuna ideologia; si avvicinò al pensiero anarchico[2].
Dopo aver appreso pressoché tutte le lingue europee, intraprese lo studio dell'ebraico, dell'arabo letterario, del cinese e del giapponese. Per vivere fece il traduttore di libri. Tra il 1941 e il 1943 fu collaboratore tecnico al ministero dell'Informazione del regime di Vichy, mentre occasionalmente informava la Resistenza. Oltre a tradurre libri, si inventò un nuovo mestiere: l'ascoltatore radiofonico ed estensore dei relativi bollettini di sintesi. Ascoltò tutte le radio, da quelle naziste a quelle dei partigiani francesi, da quelle sovietiche a Radio Londres. Nel 1953 raccolse i bollettini in volume pubblicando La fausse parole (edizione italiana, La falsa parola e scritti scelti). Fu l'occasione per sbugiardare l'enorme apparato propagandistico eretto dalle dittature nazista e stalinista[3].
In uno dei suoi rapporti scrisse:
«Conoscere il potere equivale a essere riusciti a sfuggirgli; dargli un nome è distruggerlo; descriverlo nel dettaglio, con la stessa obiettività con cui gli entomologi descrivono un insetto, è persino peggio di distruggerlo[3]»
Nel dopoguerra venne inserito su segnalazione anonima (si seppe poi che erano stati due colleghi scrittori, Louis Aragon e Paul Éluard[3]) nella lista nera dei collaborazionisti del regime di Vichy.
Come scrittore non volle appartenere a nessuna corrente letteraria.
Tra gli autori italiani, tradusse Giuseppe Ungaretti.
Arrestato il 28 marzo 1961 dopo un alterco in un caffè, fu portato alla stazione di polizia nel suo quartiere e poi all'infermeria della sede locale della prefettura. Morì il giorno successivo in circostanze mai chiarite.
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