Argentario (antica Roma)
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L'argentario, nell'antica Roma, era colui che svolgeva un'attività assai simile a quella del banchiere attuale. La prima notizia di tale mestiere risale al 250 a.C. durante le guerre contro i Sanniti[1]. Non va confuso con l'artigiano (faber argentarius) che produceva oggetti in argento e neppure con l'operaio della zecca che coniava le monete d'argento.
Gli argentari, presenti nella storia romana dal III secolo a.C. al II secolo d.C., oltre che a dedicarsi a operazioni bancarie e creditizie potevano operare vere e proprie speculazioni finanziarie.[2]
Tali antichi banchieri erano lavoratori privati non sottoposti al controllo dello stato che esercitavano il loro mestiere nelle tabernae del foro, in negozi o in banchi di proprietà statale[3] dove prevalentemente si occupavano del cambio della moneta.
Gli argentarii erano chiamati anche argenteae mensae exercitores, argenti distractores e negotiatores stipis argentariae[4] e venivano distinti dai mensari, una sorta di banchieri pubblici riconosciuti dallo stato, e dai nummulari, esperti che avevano il ruolo di identificare le monete autentiche da quelle false e che spesso collaboravano con gli argentari.[5]
A testimonianza dell'importanza della loro professione diversi luoghi della Roma antica erano a loro intitolati come l'Arco degli Argentari, vicino al successivo Arco di Giano. Il nuovo arco, dove erano le tabernae (uffici) degli argentari, fu da loro eretto assieme ai commercianti di buoi del Foro Boario nel 204 d.C. in onore dell'imperatore e dei suoi figli.[6] Anche la strada che collegava il Foro al Campo Marzio era chiamata Clivus Argentarius e nel foro di Cesare sorgeva una Basilica Argentaria.[2]