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farmaco inibitore della fibrinolisi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
L'acido tranexamico è un farmaco ed agente antifibrinolitico adoperato al fine di diminuire o prevenire episodi emorragici, particolarmente in situazioni di disturbi iperfibrinolitici.[2]
Acido tranexamico | |
---|---|
Nome IUPAC | |
acido trans-4-(amminometil)cicloesancarbossilico | |
Caratteristiche generali | |
Formula bruta o molecolare | C8H15NO2 |
Massa molecolare (u) | 157.21 |
Numero CAS | |
Numero EINECS | 214-818-2 |
Codice ATC | B02 |
PubChem | 5526 |
DrugBank | DBDB00302 |
SMILES | C1C(CCC(C1)C(=O)O)CN |
Indicazioni di sicurezza | |
Simboli di rischio chimico | |
attenzione | |
Frasi H | 315 - 319 - 335 |
Consigli P | 261 - 305+351+338 [1] |
Rappresenta un derivato sintetico della lisina; possiede un meccanismo d'azione simile all'acido aminocaproico, ma è approssimativamente 10 volte più potente.[3]
La prima registrazione del brevetto risale al 1957,[4] mentre ottenne la prima approvazione negli Stati Uniti nel 1986.[5]
Il farmaco è disponibile in diverse forme farmaceutiche come soluzione iniettabile,[6] capsule orali,[7] compresse[8] e soluzione orale ed iniettabile.[9]
Se assunto per via orale, l'acido tranexamico è indicato per il trattamento dell'angioedema ereditario,[3] delle emorragie cicliche e abbondanti durante il ciclo mestruale nelle donne premenopausali[5] e di altre situazioni di sanguinamento significativo legate all'iperfibrinolisi.[3] Nei pazienti affetti da emofilia è impiegato per via endovenosa, al fine di prevenire o ridurre il sanguinamento in seguito ad interventi di estrazione dentale.[10]
L'acido tranexamico esercita un'azione antifibrinolitica ed antiemorragica inibendo le proprietà fibrinolitiche della plasmina, formando un complesso con il plasminogeno durante la sua trasformazione in plasmina. L'attività del complesso acido tranexamico-plasmina sulla fibrina è inferiore rispetto all'attività della plasmina libera da sola. Studi in vitro hanno dimostrato che dosi elevate di acido tranexamico riducono l'attività del complemento.[11][5]
A concentrazioni molto elevate, si comporta come un inibitore non competitivo della plasmina, simile all'acido aminocaproico.[3] L'acido tranexamico si lega in modo più forte dell'acido aminocaproico sia ai siti recettoriali forti che deboli della molecola del plasminogeno, in un rapporto corrispondente alla differenza di potenza tra i composti.
Nei pazienti con angioedema ereditario, l'inibizione della formazione e dell'attività della plasmina tramite l'acido tranexamico può prevenire gli attacchi di angioedema diminuendo l'attivazione plasmina-indotta della prima proteina del complemento.[12]
La somministrazione dell'acido tranexamico può essere associata ad un'antagonizzazione off-target dei recettori GABAA, con il rischio di sviluppo di convulsioni e ipereccitabilità,[13] soprattutto in caso di somministrazione impropria o durante interventi di chirurgia cardiovascolare.[3] Si consiglia di monitorare l'EEG dei pazienti con una storia di convulsioni.
L'acido tranexamico inibisce competitivamente e reversibilmente l'attivazione del plasminogeno tramite il legame a diversi siti distinti, compresi quattro o cinque siti a bassa affinità e un sito ad alta affinità, quest'ultimo coinvolto nel legame con la fibrina. Il legame del plasminogeno alla fibrina induce la fibrinolisi: impedendo l'occupazione dei siti di legame necessari, l'acido tranexamico impedisce questa dissoluzione della fibrina, stabilizzando così il coagulo e prevenendo l'emorragia.[5]
La biodisponibilità dell'acido tranexamico dopo somministrazione orale nell'uomo è approssimativamente del 30-50% della dose ingerita e non è influenzata dall'assunzione di cibo.[5] Le concentrazioni massime (Cmax) e i tempi di raggiungimento delle concentrazioni massime (Tmax) dopo somministrazione orale ripetuta (1300 mg tre volte al giorno per 5 giorni) sono risultate essere rispettivamente di 16,41 mcg/mL e 2,5 ore.[5]
Il volume di distribuzione iniziale dell'acido tranexamico è di 0,18 L/kg e il volume di distribuzione allo stato stazionario è di 0,39 L/kg.[5] L'acido tranexamico si distribuisce nel fluido cerebrospinale e nell'umor acqueo dell'occhio a concentrazioni approssimativamente pari a 1/10 delle concentrazioni plasmatiche tipiche. Inoltre, l'acido tranexamico è in grado di attraversare la placenta, essendo presente nel sangue del cordone ombelicale a concentrazioni equivalenti a quelle del plasma materno.[5]
Il farmaco è legato alle proteine plasmatiche in misura approssimativa del 3% a concentrazioni terapeutiche. Poiché non si lega all'albumina sierica, è probabile che questo legame proteico sia dovuto al legame dell'acido tranexamico con il plasminogeno sierico.[5]
Il metabolismo dell'acido tranexamico è scarsamente caratterizzato, ma non sembra rappresentare un mezzo significativo di eliminazione del farmaco. Secondo le informazioni sulla prescrizione, circa l'1% e lo 0,5% della dose somministrata per via orale vengono escreta rispettivamente come acido dicarbossilico e metabolita acetilato.[5]
L'escrezione urinaria rappresenta il principale mezzo di eliminazione con oltre il 95% della dose somministrata escreta nelle urine come farmaco non modificato.[5] Il tasso di escrezione dipende dalla via di somministrazione: circa il 90% della dose somministrata per via endovenosa viene escreto entro 24 ore, mentre solo il 39% della dose somministrata per via orale viene escreto nello stesso intervallo di tempo.[10]
Dopo somministrazione endovenosa, l'emivita di eliminazione apparente è di circa 2 ore e l'emivita terminale media è di circa 11 ore.[5]
La clearance plasmatica del farmaco è di 110-116 mL/min.[5]
I sintomi riportati di sovradosaggio di acido tranexamico includono gravi sintomi gastrointestinali, ipotensione, tromboembolismo, alterazioni visive, convulsioni, cambiamenti dello stato mentale e eruzione cutanea.[5][3]
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