Scandalo Belloni
scandalo politico-finanziario dell'Italia fascista / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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Lo scandalo Belloni fu uno scandalo politico-finanziario che colpì il regime fascista italiano tra il 1928 e il 1930, in particolare il fascismo milanese.[1] Prende il nome dal podestà di Milano Ernesto Belloni, dal quale partì l'indagine e riconosciuto colpevole di corruzione.[2][3]
La vicenda si originò dai contrasti tra il presidente del Consiglio Benito Mussolini e il gerarca Roberto Farinacci, capo del fascismo intransigente.[4] Farinacci dette inizio a una campagna scandalistica contro i fidi di Mussolini che terminò con l'espulsione dal Partito Nazionale Fascista (PNF) di Belloni (1930), del segretario del Fascio di combattimento di Milano Mario Giampaoli (1929) e, nel 1933, dell'ex segretario Augusto Turati, insieme a migliaia di altri individui giudicati indesiderati da parte del nuovo segretario del PNF Giovanni Giuriati (ottobre 1930). Anche Carlo Maria Maggi, fedelissimo di Farinacci, fu espulso nel 1928, ma per un breve periodo. Nel caso furono coinvolti anche il vicesegretario del PNF Achille Starace e il fratello di Mussolini, Arnaldo, avversario di Giampaoli.[5]
Lo scandalo, insabbiato dal regime, fu scoperto nel dopoguerra grazie alle carte mai pubblicate dell'archivio di Enrico Mario Varenna, faccendiere e principale collaboratore di Farinacci.[6]