Paternò (famiglia)
famiglia nobiliare siciliana / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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Il Casato di Paternò è una famiglia principesca siciliana, tra le più importanti e antiche dell'aristocrazia italiana. Fondata nel XI secolo, è una delle quattro famiglie siciliane con più di 1000 anni di storia.[1] La famiglia Paternò ha anche una particolare ascendenza, originando da tre case sovrane e reali. Per via maschile, e secondo la tradizione (deducibile ma non verificabile),[2][3] è un ramo cadetto dalla casa sovrana di Barcellona (divenuti anche Re d'Aragona). Per via femminile invece, proviene dagli Altavilla[4] (Re di Sicilia) e, presumibilmente, anche dai Provenza[5][6] (Re d'Italia, Imperatori del SRI e discendenti, a loro volta, dai Carolingi[7], un tempo Re dei Franchi). Queste ascendenze permettono ai Paternò di risalire fino a prima del VIII secolo.
Paternò | |
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Impavidus Pavidum Firmo Stemma reale di Barcellona-Aragona differenziato dalla cotissa d’azzurro per indicare il ramo cadetto (d'oro a quattro pali di rosso, e la banda d'azzurro attraversante sul tutto) | |
Stato | Contea di Barcellona Regno di Arles Contea di Sicilia Regno di Sicilia Corona d'Aragona Regno di Maiorca Regno di Napoli Regno delle Due Sicilie Regno d'Italia Italia |
Casata di derivazione | Casa di Barcellona |
Titoli |
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Fondatore | Roberto d'Embrun |
Data di fondazione | XI secolo |
Etnia | siculo-aragonese-normanna |
Il casato dei Paternò ha dato viceré,[8] presidenti del Regno,[9] strategoti di Messina (la seconda carica del Regno di Sicilia),[9] vicari generali del Regno,[9] innumerevoli senatori e ambasciatori a re e pontefici,[10] Cardinali,[11] Arcivescovi,[12] Vescovi,[13] rilevanti mecenati[14] (vedi Museo Biscari), importanti uomini politici[15] e cavalieri che hanno combattuto su molti campi di battaglia storici[16] (per esempio Aquisgrana, Tunisi, Fiandre, Malta, Sicilia, Napoli, Lepanto[17] ecc.).
Nella loro storia, i Paternò hanno posseduto più di 170 feudi principali (fra principati, ducati, baronie, ecc.) con il privilegio del mero e del misto imperio su quarantotto di questi[18][19] e, nella Mastra Nobile[20] di Catania (indirettamente organo governativo della città), essa era iscritta come la famiglia più antica, al punto da poterne escludere chiunque non le fosse gradita.[2] Inoltre, in Spagna, i Paternò godettero anche del significativo privilegio di non potere essere mai sottoposti a prigionia o pena, se non per oltraggio a Dio e tradimento del Re.[21] Alla fine del feudalesimo nel XIX secolo, la famiglia aveva conservato la proprietà di "80.000 ettari di territorio" e il diritto a "cinque seggi ereditari nel Parlamento Siciliano", di più cioè di qualunque altra famiglia del Regno, sia di Napoli sia di Sicilia.[22] Essa possedeva inoltre «undici fra città e terre in vassallaggio, con circa 20.000 sudditi, ventisei feudi con il mero e misto imperio ed un’infinità di feudi piani e beni allodiali di ogni sorta, come tenute, ville, palazzi».[2][23]
I suoi membri sono anche stati insigniti di molti simboli importanti dell'antica cavalleria come Cavalieri del Cingolo Militare (fondato dal gran conte Ruggero),[11][24][25] Cavalieri dello Speron d'Oro,[26] Cavalieri dell’Ordine di San Giacomo della Spada,[27] Cavalieri dell'Insigne e reale ordine di San Gennaro,[18] Cavalieri d'Alcántara,[25] e Cavalieri dell'Ordine Costantiniano di San Giorgio.[10] I Paternò sono stati anche decorati con il collare dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata[28] e, in quanto più volte pretori di Palermo, sono stati anche grandi di Spagna per carica.[18] All'inizio del XV secolo,[29] sono entrati a far parte del Sovrano Militare Ordine di Malta, a cui hanno dato un luogotenente di gran maestro,[30] un gran cancelliere,[31] tre Gran Priori[32] e un gran numero di cavalieri e dame.[33][34]
Alla famiglia apparteniene o è appartenuta una serie di dimore storiche (tra cui Palazzo Paternò Castello di Biscari, Palazzo Paternò Castello di San Giuliano, Palazzo Paternò di Manganelli,[35] Palazzo Paternò del Toscano,[36] Palazzo Paternò di Montecupo e San Nicola, Palazzo Asmundo Paternò di Sessa, Castello dei Biscari,[37] Villa Paternò di Spedalotto, eccetera) situate prevalentemente fra Catania, Palermo, Caserta e Napoli.
Inoltre, la famiglia, che inspirò fra l’altro il grande libro di De Roberto, “I Viceré”,[38][39] lasciò anche un tangibile segno del suo senso cristiano. Fanno testimonianza sia le numerose volte in cui la famiglia Paternò sfamò, a sue spese, tutta o gran parte della città di Catania durante le carestie[40], sia i sei conventi[41] e cinque orfanotrofi[42] che furono fondati nel corso del tempo dai membri di questa casa e che, in parte, ancora sussistono.
I Paternò, a partire dal 1400, si sono divisi in più di ventiquattro diverse linee (avendo ognuna di esse titoli principati, ducati, marchesi, baronie ecc) e, ad oggi, ne sopravvivono undici: (1) Paternò di Roccaromana; (2) Paternò del Toscano; (3) Paternò di Sessa; (4) Paternò di Bicocca; (5) Paternò Castello di Biscari; (6) Paternò Castello di Carcaci; (7) Paternò Castello di San Giuliano; (8) Moncada Paternò Castello di Valsavoia; (9) Paternò di Raddusa; (10) Paternò di Spedalotto; (11) Paternò di San Nicola, di Montecupo, di Presicce[43] e di Cerenzia.[44]