Nobiltà rutena
nobiltà della Rutenia / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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Con nobiltà rutena (in ucraino Руська шляхта?, Rus'ka šlyakhta, in bielorusso Руская шляхта?, Ruskaja šliachta, in polacco szlachta ruska, in lituano Lietuvos bajorija) si fa riferimento all'aristocrazia della Rus' di Kiev e del Principato di Galizia-Volinia, che si trovava nel Granducato di Lituania, in Rutenia, in Samogizia, nella Confederazione polacco-lituana e, successivamente, nell'Impero russo e nell'Impero austriaco: col tempo, i nobili affrontarono sempre più un processo di polonizzazione e in seguito di russificazione, pur mantenendo un'identità culturale separata.[1][2][3][4]
L'aristocrazia rutena, in origine legata allo slavo orientale come idioma e alla religione ortodossa, si trovò governata dal Granducato di Lituania in espansione, dove sorse dallo status di seconda classe a partner alla pari della nobiltà lituana.[1][4] In seguito all'unione polacco-lituana del XIV secolo, i nobili ruteni adottarono gradualmente la lingua e la religione polacca (cioè una conversione dalla fede ortodossa al cattolicesimo).[2][3][5] Malgrado tutto, mantennero un'identità distinta all'interno della classe polacco-lituana nota come szlachta, riassumibile nell'espressione latina coniata da Stanisław Orzechowski gente Ruthenus, natione Polonus o anche semplicemente Ruthenus (traducibile con "di nazionalità polacca, ma di origine rutena": il termine "nazione" andrebbe inteso come affiliazione allo Stato, anche se con un'accezione del termine in senso moderno, "gente" indicatore delle tradizioni tipiche).[6][7] La misura in cui preservarono tale identità separata è ancora oggetto di dibattito da parte degli studiosi e varia in base al tempo e al luogo.[8][9]
Alla fine, in seguito all'Unione di Lublino nel 1569, la maggior parte dei territori della Rutenia entrò a far parte della Corona del regno polacco nella Repubblica delle due Nazioni.[3] Il trasferimento delle terre rutene dal Granducato lituano alla Polonia avvenne con il forte sostegno della nobiltà rutena, attratta dalla cultura polacca e desiderosa di ottenere i privilegi della nobiltà polacca.[3] Per via della sua gravitazione attorno alla tradizione nobile lituana e quella polacca, lo storico statunitense Daniel Z. Stone descrive tale situazione come un passaggio da «ricchezza senza diritti legali» a possesso di «diritti individuali e sociali ben definiti».[9] La nobiltà lituana, polacca e rutena divenne gradualmente sempre più unificata, in particolare per quanto riguarda la propria identificazione come ceto nella piramide sociale.[10] L'aristocrazia rutena divenne così pesantemente polonizzata che la rinascita nazionale di Bielorussia e Ucraina del XIX e XX secolo fu stimolata soprattutto dalle classi medie e inferiori della nobiltà, a cui in seguito si unì la crescente coscienza nazionale della nuova borghesia piuttosto che la vecchia élite rutena.[2]
Nonostante la polonizzazione di Lituania e Rutenia nei secoli XVII-XVIII, gran parte della szlachta meno influente riuscì a mantenere la propria identità culturale in vari modi.[11][12][13] L'eredità è ancora palpabile in Europa centrale: si pensi al fatto che all'inizio degli anni Novanta si contavano circa 300.000 greco-cattolici in Ungheria, specie a nord-est, alcuni dei quali verosimilmente eredi dei nobili ruteni dei secoli passati.[14][15] In alcune zone dell'odierna Ucraina con una significativa presenza di membri della szlachta, come ad esempio il Distretto di Bar o il Distretto di Ovruč, la russificazione e la più atavica polonizzazione ebbero molto meno effetti che altrove al di là della martellante politica indirizzata in senso opposto.[15][16]
Alcune delle principali famiglie nobili rutene, tutte polonizzate in misura significativa, includevano i Czartoryski, gli Ostrogski, i Sanguszko, i Sapieha, i Wiśniowiecki, gli Zasławski e gli Zbaraski.[5]