Monetazione di Delfi
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La monetazione di Delfi fu emessa, non regolarmente, a nome dell'anfizionia di Delfi. Furono coniati stateri, tridracme, dracme, emidracme, oboli ed emioboli[1].
Triemiobolo, circa 520-480 a.C. | |
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Testa di ariete | DΑΛ Testa di capra con due delfini in quadrato incuso |
AR 1,60 g |
Obolo, circa 520-480 a.C. | |
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tripode basso | Punto entro cerchio (omphalos o phiale?); tutto entro quadrato incuso. |
AR; 0,85 g |
Tridracma, ca. 480-475 a.C. | |
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Due rhyton a forma di teste di ariete; sopra due delfini | Quadrato incuso quadripartito in forma di cassettoni |
AR; 25mm, 18,31 g |
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I tipi usati fanno riferimento al santuario o direttamente ad Apollo: la testa di ovino è un riferimento alla leggenda, che il posto per il tempio di Apollo a Delfi sia stato trovato per mezzo di una capra che si era persa[2][3]. Il tripode è il tripode delfico su cui era seduta la Pithia, la sacerdotessa che pronunciava gli oracoli nel santuario, presso l'omphalos, l'«ombelico del mondo»; una capra era sacrificata prima della consultazione della Pizia. Il delfino è un simbolo parlante del nome del santuario, Delfi: le fonti più antiche, come gli inni omerici ad Apollo, citano anche un serpente femminile, Delfina (Δελφινης), che era custode dell'oracolo.
Il piede numismatico usato è l'eginetico che prevedeva uno statere di ca. 12,3 grammi[2].