Marco 16:9-20
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Marco 16:9-20 sono gli ultimi dodici versetti del Vangelo secondo Marco nei quali, dopo l'episodio della tomba vuota narrato in Marco 16:1-8[1], sono narrate le apparizioni di Gesù ai discepoli dopo la sua risurrezione. Questi dodici versetti, anche detti «finale lungo di Marco» (per distinguerli dai finali alternativi, il «finale corto di Marco» ed il Freer Logion), sono ormai considerati e ritenuti un'interpolazione non autentica e successiva alla stesura, dalla quasi totalità degli studiosi.
In effetti questi ultimi dodici versetti mancano da tutti i manoscritti più antichi[2] e il loro stile è molto differente da quello tipico di Marco, suggerendo che si tratti di un falso storico; un'aggiunta postuma a Marco, indebitamente attribuita all'evangelista.
Una manciata di manoscritti presentano un "finale corto" posto dopo 16,8, ma prima del "finale lungo", che esiste da solo in uno dei codici della Vetus latina, il Codex Bobiensis. In totale, entro il V secolo sono attestati a quattro diversi finali. Probabilmente il "finale lungo" ebbe inizio come un riassunto delle apparizioni di Gesù e come conferma della missione divina degli apostoli, sulla base degli altri vangeli;[3] fu probabilmente composto all'inizio del II secolo e incorporato nel vangelo a metà o alla fine dello stesso secolo.[3]
Per quanto riguarda le testimonianze antiche, Ireneo di Lione, attorno al 180, citò un brano del finale lungo, specificando che si trattava di una parte del Vangelo secondo Marco: «Inoltre, verso la fine del suo vangelo, Marco dice: "così, dopo che il Signore Gesù ebbe parlato loro, fu assunto in cielo, e siede alla destra di Dio"».[4] Il teologo del III secolo Origene di Alessandria citò le storie della risurrezione in Matteo, Luca e Giovanni, mentre non citò nulla di Marco successivo al versetto 8, cosa che suggerisce che la sua copia terminava in quel punto; Eusebio di Cesarea e Sofronio Eusebio Girolamo affermano entrambi che la maggioranza dei testi che potevano consultare omettevano il finale lungo.[5]
L'autore di Marco potrebbe aver terminato il proprio racconto improvvisamente col versetto 8, oppure il vangelo potrebbe essere incompiuto, o, infine, il finale originale potrebbe essere andato perduto; i critici sono divisi di fronte a queste possibilità.[6] Coloro che ritengono che 16,8 non sia stato o non dovesse essere l'ultimo versetto notano che sarebbe sintatticamente molto strano se il testo terminasse con la congiunzione γαρ, come invece fa Marco 16,8,[7] come pure sarebbe tematicamente strano se un testo che annuncia una "buona novella" terminasse con una punta di paura (εφοβουντο γαρ, "poiché avevano paura").[8]. Alcuni studiosi ritengono che il testo originale andato perduto contenesse un'apparizione di Gesù ai suoi discepoli in Galilea analoga a quella che conclude il Vangelo secondo Matteo[9].
Gli esegeti della Bibbia di Gerusalemme[10] evidenziano che "d'altronde si fatica ad accettare che il secondo Vangelo nella prima redazione si arrestasse bruscamente al v 8. Da qui la supposizione che la finale originaria sia scomparsa per una causa a noi sconosciuta e che la finale attuale sia stata redatta per colmare la lacuna. Essa si presenta come un riassunto sommario delle apparizioni del Cristo risorto, la cui redazione è sensibilmente diversa dallo stile abituale di Marco, concreto e pittoresco".