profeta e mistico iranico Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Zarathustra, o Zoroastro (tra il XVIII e il IX secolo a.C.), profeta e mistico iranico.
A me che voglio adorarti, o Saggio Signore della Buona Mente, secondo giustizia dà successo in entrambi i mondi, quello del corpo e quello della mente, per sostenermi e condurmi alla felicità.[1]
Si sono sempre vantati i Greci d'aver appresa l'arte Magica dai Persiani, o dai Battriani: pretendono, che Zoroastro l'abbia loro comunicata: ma quando si tratta di fissare il tempo in cui Zoroastro è vivuto, ed ha insegnato loro questi perniciosi secreti, si allontanano moltissimo dal vero, e dal verisimile. Alcuni mettono Zoroastro 600 anni prima della spedizione di Serse in Grecia, avvenuta l'anno del Mondo 3523, prima di G.C. 477 anni. Altri 500 anni prima della guerra di Troia, altri 5000 anni prima di questa guerra famosa, ed altri 6000 anni prima. Credono alcuni, che Zoroastro sia lo stesso, che Cam figliuolo di Noe; altri vogliono esservi stati molti Zoroastri. Quello che pare fuor di dubbio si è, che il culto superstizioso di molto numero di Dei, la Magia, la Superstizione, gli Oracoli, sono cose venute dagli Egiziani, dai Caldei, o dai Persiani ai Greci, e dai Greci sono passate ai Latini. (Augustin Calmet)
Zoroastro, il fondatore del mazdeismo, o della religione persiana, aveva già predicato l'altro precetto attribuito poi più tardi a Cristo, il precetto della carità positiva, ossia di fare al prossimo ciò che si vuole venga fatto a sé stessi. E, mentre il cristianesimo doveva poi predicare il dogma avvilente dell'eternità delle pene, la religione persiana ammetteva invece che i malvagi, dopo un certo periodo di espiazione, sarebbero stati purificati e riabilitati e avrebbero diviso la beatitudine dei buoni. Meglio ancora: mentre il Cristo dei Vangeli condannerà il lavoro e accorderà la suprema felicità alla mendicità miserabile, invece Zoroastro aveva santificato il lavoro, specialmente dei campi, e lo aveva collocato più in alto delle semplici preghiere. (Emilio Bossi)
Lo scopo ultimo del profeta Zoroastro era stato quello di provocare, attraverso il proprio insegnamento, la trasfigurazione della terra, in seguito alla quale il mondo sarebbe tornato com'era agli inizi, libera da oscurità, dolore e morte.
Oltre alla prima novità dell'atteggiamento etico di Zoroastro, esiste la seconda novità della sua visione progressiva della storia cosmica. Non si tratta più dell'antico ciclo eterno delle arcaiche mitologie dell'Età del Bronzo, ma di un'irreversibile successione di creazione, caduta e progressiva redenzione, che culminerà in una vittoria finale, decisiva e inoppugnabile del Dio della Giustizia e delle Verità.
Secondo la nuova concezione mitica di Zoroastro, il mondo era corrotto – per così dire – non per natura, ma per un preciso evento, ed andava cambiato dall'azione umana. La saggezza, la virtù e la verità stavano, dunque, nell'impegno, non nel distacco. E la linea di divisione fra essere e non-essere era di tipo etico. Infatti, la creazione era in origine luminosa, saggia e vera, e solo in seguito erano penetrati in essa l'oscurità, la falsità e la menzogna; ed ora il compito dell'uomo era quello di sradicare il male attraverso la propria virtù nel pensiero, nella parola e nell'azione.
Fra tutte le virtù quella ch'egli stimava la maggior, e che soleva raccomandare a' suoi discepoli, era la carità fraterna, esortando sempre i suoi seguaci agli atti di benevolenza, allettandoli con promesse, e qualche volta spaventandoli colle minacce.
Se l'esser famoso dopo morte può apportare qualche sensazione di gioia agli spiriti immortali, quello di quest'uomo, sia egli profeta, impostore o filosofo dovrebbe ricevere la più alta soddisfazione dall'ampia estensione della sua fama, che si è diffusa pur tutto il mondo letterato, e sussiste ancora dopo tanti secoli.
Zoroastro, uomo illuminato e virtuoso filosofo avendo osservato che l'idolatria e la superstizione avevano corotto l'antico culto, procurò di ricondurre i Persi alla semplicità della religione naturale ch'essi avevano professata fino dai primi tempi della loro monarchia. Egli trovò che il culto del fuoco e del sole era già stabilito, e credé opportuno il tollerarlo riformando però gli abusi, che vi si erano introdotti coll'insegnare ai nuovi discepoli a risguardare il fuoco ed il sole come simbolo della divinità ed a dirigere i loro omaggi non a questi oggetti, ma all'Essere supremo, di cui esso era l'immagine.
Zoroastro non recò alla Persia un nuovo sistema religioso, ma combatté le superstizioni introdotte da'Sabei nell'antico culto, e si è fatto principalmente a dare al popolo una ragionevole nozione della divinità. Egli insegnò che l'Ente Supremo esiste da sé da tutta l'eternità; ch'egli è indipendente, creatore e conservatore dell'universo; che la giustizia e la sapienza e la misericordia di lui non hanno limiti.
Contro i maestri dell'errore Zarathustra è implacabile: nessuna tregua tra i devoti di Ahura Mazda (mazdayasna) e gli empi adoratori dei daeva (daeva yasna). La vita si delinea come lotta; e la lotta umana non è che un episodio della lotta cosmica fra il principio del bene e il principio del male. L'annientamento dei malvagi è opera meritoria.
È probabile che Zarathustra sia nato e cresciuto tra i Magi, Mago egli stesso. Certo è che nei Magi sopratutto trovò gli oppositori più fieri della sua Riforma e i nemici più accaniti. Ed è naturale. L'idea monoteistica bandiva, insieme con i daeva, il culto tradizionale a base di sacrifizi cruenti e di libazioni inebrianti di haoma. Di questo culto i Magi erano i ministri e rappresentanti. Al ritualismo sacrificale Zarathustra sostituiva la preghiera, l'inno di gloria al Signore e la bontà delle opere. Vien fatto di pensare, per analogia, all'opposizione dei Brahmani contro Buddha.
La predicazione del verbo di Zarathustra fra le genti turaniche ha una particolare importanza storico-religiosa. Essa ci rivela nel Zoroastrismo un'attitudine e una tendenza a propagarsi oltre i confini del suo piccolo mondo originario, a diffondersi fra genti straniere.
↑ Citato in E. G. Parrinder, Le religioni del mondo, traduzione di Cherubino Mario Guzzetti, Elle Di Ci, Leumann (Torino), 1981, p. 43. ISBN 88-01-15459-3
1 2 3 Citato in Gino Ditadi, I filosofi e gli animali, vol. 1, Isonomia editrice, Este, 1994, p. 258. ISBN 88-85944-12-4