Chiara Codecà, fantasymagazine.it, 29 maggio 2006.
Tolkien mi ha sopraffatto con la sua bellezza e la sua unicità, senza contare la sua ovvia importanza come prodotto dell'immaginazione. Io volevo mostrare alla gente come le scene del suo libro avrebbero potuto essere rappresentate. Ricorda che all’epoca non c’era tanta gente interessata all’illustrazione, e si stava a malapena iniziando a pubblicare calendari con immagini illustrate.
[«Cosa le piace maggiormente delle creazioni di Tolkien?»] Credo la combinazione di idee e atmosfere. Un mondo antico, familiare (eroico, medievale, molto inglese), eppure strano, con hobbit, Elfi e la terrificante diabolicità di Sauron. Amo il senso del tempo e la malinconia per le cose che passano unite all’universale amore per la vita, senza contare l'impressione di un meraviglioso mondo perduto. Irresistibile.
A dir la verità non mi tengo in pari con tutti i romanzi fantasy che escono, ma occasionalmente in libreria capita che mi fermi a dare una seconda occhiata ad una copertina, se è particolarmente bella. In quel caso di solito cerco e controllo il nome dell’illustratore.
[«Com’è nata la tua passione per Tolkien?»] È stato semplicemente per la raccomandazione de Il Signore degli Anelli da parte di mia sorella maggiore; avevo quindici anni. Mi sono fissato appena ho iniziato a leggerlo. E da subito mi è nato un forte desiderio di disegnare immagini inspirate al libro.
[Sui film di Il Signore degli Anelli] Avevo presentato un’offerta per aiutare con il lavoro concettuale del progetto, ricevendo quasi subito l’invito per unirmi alla produzione. Alla fine ho dovuto rifiutare, soprattutto perché avevo una situazione familiare complicata in quel periodo, con la rottura del mio matrimonio e tre bambini a cui badare. A un certo punto ho avuto a che fare anche con la depressione, che mi ha lasciato senza forze sia per l’arte che per qualsiasi altra cosa. Mi sono reso conto che avevo bisogno di riprendermi.
Per me, Tolkien è una vocazione, una ricerca continua. Non c’è mai fine alle possibilità.
Ora si pensa che il disegno digitale soppianterà il disegno tradizionale, ma non ne sarei tanto sicuro. Non sono mai stato interessato a imparare a utilizzare questo tipo di tecniche, perché ritengo che un dipinto rappresenti un artefatto unico e irripetibile, è un oggetto fisico che resta, che è tangibile. Un’opera digitale rimane legata a un software, certo ha i suoi vantaggi in termini di spedizione e rielaborazione, ma per me non ha la stessa sostanza, lo stesso significato.
È facile dare la propria interpretazione dei personaggi di Tolkien, perché non pone troppi limiti alla fantasia (mancando delle descrizioni precise di dettagli come la barba o le capigliature). Altri artisti, quindi, hanno le loro idee. Io scelgo sempre di seguire un certo standard, mantenendomi il più fedele possibile a Tolkien, anche se negli ultimi anni mi sono rilassato – per molti anni sono stato davvero molto attento. Ma mi baso anche molto sul feedback: spesso il mio lavoro, come quello di altri, è stato al centro del dibattito su come sia giusto raffigurare l’opera Tolkieniana. Ma ritengo che un artista abbia diritto alla sua indipendenza, scegliendo poi se rientrare o meno in questo dibattito sulla fedeltà al materiale originale.
È troppo restrittivo porsi dei limiti, bisogna prendere questa conversazione come qualcosa di vivo. Lo stesso Tolkien non voleva che tutti capissero la stessa identica cosa dalle sue opere. Capiva la natura di ciò che lui stesso stava facendo, visto che a sua volta prendeva spunto da fonti che poi rielaborava. Secondo me non c’è nulla di male a prendersi delle libertà. Tolkien non amava gli sciocchi e non apprezzava che gli si venisse a chiedere come si doveva raffigurare un suo personaggio: tutti gli spunti ci sono già nelle sue opere.
Al momento ci sono molte controversie legate a come Gli Anelli del Potere sia, in sostanza, una specie di fan fiction. Ma io non capisco perché quella dovrebbe essere una definizione negativa. Per me è sempre positivo quando si amplia un contenuto in maniera originale, utilizzando intelligenza, misura e attenzione, e credo che loro lo abbiano fatto molto bene. In particolare, nella serie si approfondisce molto il dialogo sul bene e sul male, e questa è una cosa estremamente Tolkieniana. Nelle sue opere non c’è mai stata una divisione nettissima tra bene e male, non sono opere in bianco e nero. In particolare nel Silmarillion ci sono molte aree grigie, e appresso molto una conversazione su questo aspetto. Ne Gli Anelli del Potere si riflette molto sul tema dell’ambiguità e sull’origine del male, e su come il male lavora e cresce dentro di noi.
Vedere scene come la creazione degli anelli, il conflitto interiore di Galadriel... è molto interessante, e penso che anche Tolkien sarebbe stato molto interessato a quest’opera. Sono molto curioso di vedere dove andranno a parare ora, penso abbiano fatto uno splendido lavoro.
Quando ho realizzato le illustrazioni per il Silmarillion ho avuto un carteggio diretto con Christopher Tolkien per discutere di cosa volesse vedere illustrato ma devo dirti che fu molto rispettoso del mio lavoro lasciandomi estrema libertà. Gli proposi moltissimi soggetti sotto forma di miniature e da lì selezionammo cosa realizzare. Per quanto riguarda invece Racconti Incompiuti invece ho lavorato a stretto contatto con l’editor che mi ha dato dei suggerimenti lasciandomi sempre libero di scegliere cosa illustrare e come.
Per quanto un film sia entusiasmante, nulla batte l’immaginazione soprattutto nel genere fantasy. Che sia su pellicola o una illustrazione si pensa sempre alla versione “definitiva” di qualcosa, nel fantasy una “immagine” è invece sempre una interpretazione, una versione di qualcosa che non ferma – per quanto le mie opere vengano ritenute “autentiche” penso sia solo una questione di catturare le giuste emozioni di una larga fetta dei lettori e degli appassionati, alla fine sono loro l’ago della bilancia. Concludo dicendoti che non mi lascio influenzare, esteticamente, dalle possibilità offerte da cinema e TV: prendi la Numenor vista ne Gli Anelli del Potere – è bellissima. Penso che al contrario io e gli altri grandi illustratori tolkeniani abbiamo in qualche modo fornito le basi per gli artisti che poi lavorano a quelle grandi produzioni.
Tolkien stesso, descrivendo Il Signore degli Anelli, diceva che era un libro che parlava della perdita, della morte, di cose che passano e finisco e non possono tornare come erano prima. Era quello che lui aveva esperito essendo un uomo che si era formato in decenni molto tumultuosi del 20° secolo. Forse ci stiamo avviando ad anni ugualmente bui? Non lo so, spero di no. Ma Il Signore degli Anelli continua ad essere letto anche per questi motivi come un’opera che esorcizza certe paure.
[Su George R. R. Martin] Lo trovo un autore brillante: il suo mondo è molto vivo e i suoi personaggi sono incredibilmente brillanti, realistici e sfaccettati.