Gasquet è uno dei pochi tennisti che merita quasi sempre la visione. Chi ama solo i vincenti gli imputa di aver vinto troppo poco. Chi ama i circensi, coloro ovvero che io chiamo da sempre "orteghiani" per quel loro feticismo nei confronti del tennista che indovina due colpi a partita, gli rinfaccia di essere diventato troppo attendista e poco spettacolare. Sia come sia, per quanto mi riguarda il "disastro" accadde a Montecarlo 2005. Gasquet aveva solo 19 anni, ma lo si conosceva già. Purtroppo per lui, da bambino i francesi lo avevano maldestramente definito "il Mozart del tennis", dando per scontato che avrebbe vinto tutto e responsabilizzando troppo un ragazzo smisuratamente fragile. Fraintesero la bellezza dei suoi gesti, soprattutto di quel rovescio a una mano, per prova inconfutabile del suo essere Campione. Si immaginarono un nuovo McEnroe, quando era invece un nuovo Leconte. Erano i quarti di finale di Montecarlo e quel Federer non perdeva mai. Gasquet, giocando uno degli incontri più belli a cui abbia mai insistito, lo sconfisse 6-7 6-2 7-6. Bellezza pura. Da allora, io come milioni di appassionati, l'ho seguito con affetto. Affetto, ma anche rabbia. Le sconfitte, spesso con la stessa trama (inizio da leone e finale da coglione), sono state così tante che da qualche anno gli preferisco altri.
Si possono individuare due Gasquet: quello iniziale, estemporaneo e bellissimo, che aveva però un'autonomia limitata. E quello più attendista e pragmatico, benché comunque dotato di accelerazioni inaudite: il primo è durato fino al 2008, l'altro è nato dalla squalifica per doping. Oddio, "doping": il famoso "bacio alla cocaina". Al tempo – era il 2009 – tutti dissero che Gasquet non sarebbe tornato mai più al top: troppo fragile psicologicamente. In quel periodo Gasquet veniva anche preso malamente in giro per una sua presunta omosessualità.
Gasquet è ancora quello di sempre. Servizio discreto, dritto dal movimento smisuratamente ampio (ma in grado di incenerire) e rovescio a una mano divino: lo preferisco anche a quello di Wawrinka, Kohlschreiber e Youzhny. Anche il gioco di volo, a cui ricorre troppo poco, è tra i migliori del circuito. Gasquet gioca sempre sul filo dell'implosione mentale: finché si sente sopra una nuvola è una meraviglia: può riuscirgli tutto. Basta però un inciampo e la magia svanisce.