A me, che sono l'infimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia di annunziare ai Gentili le imperscrutabili ricchezze di Cristo. (Lettera agli Efesini)
Io infatti non mi vergogno del vangelo, poiché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco. (Lettera ai Romani)
Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. (Lettera ai Romani)
Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dèi. Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un'ara con l'iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è signore del cielo e della terra, non dimora in templi costruiti dalle mani dell'uomo né dalle mani dell'uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo.
Io perseguitai a morte questa nuova dottrina, arrestando e gettando in prigione uomini e donne, come può darmi testimonianza il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro ricevetti lettere per i nostri fratelli di Damasco e partii per condurre anche quelli di là come prigionieri a Gerusalemme, per essere puniti. Mentre ero in viaggio e mi avvicinavo a Damasco, verso mezzogiorno, all'improvviso una gran luce dal cielo rifulse attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Risposi: Chi sei, o Signore? Mi disse: Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti.
Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi e vidi Lui che mi diceva: Affrettati ed esci presto da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza su di me. E io dissi: Signore, essi sanno che facevo imprigionare e percuotere nella sinagoga quelli che credevano in te; quando si versava il sangue di Stefano, tuo testimone, anch'io ero presente e approvavo e custodivo i vestiti di quelli che lo uccidevano. Allora mi disse: Va', perché io ti manderò lontano, tra i pagani.
C'è una cosa che l'apostolo non fece: non inneggiò all'assalto dei templi pagani e nemmeno invitò a boicottarli. (Rainer Riesner)
Il fatto che Cristo gli sia apparso oggettivamente, in forma di visione, è spiegato dalla circostanza che il cristianesimo di Saulo era un complesso inconscio che gli apparve proiettato all'esterno, come se non gli appartenesse. Egli non poteva vedersi cristiano e quindi, a causa della sua assoluta resistenza verso Cristo, divenne cieco e poté essere risanato solo da un cristiano. Sappiamo che la cecità psicogena è sempre una volontà inconscia di non vedere, che, nei caso di Saulo, corrisponde alla sua fanatica resistenza contro il cristianesimo. (Carl Gustav Jung)
L'impossibile individuo che tentò di dimostrare che il Dio tribale degli ebrei era il Dio Unico universale, benché il libro santo degli ebrei contraddica sistematicamente ogni sua parola. (Gore Vidal)
La preghiera umile e infuocata di Paolo immette in questa nervatura corrente ad alta tensione, che ridicolizza le distanze geografiche, i confini etnici, le geometrie politiche. (Pierangelo Sequeri)
La verginità, secondo S. Paolo, è un bene maggiore del matrimonio, non solo perché questa ci libera dalle sollecitudini o dagli imbarazzi delle cose temporali, come ha detto Lutero; ma anche perché essa tende a rendere una persona più santa, mentre le porge la felicità di attendere più lietamente al servizio di Dio, come hanno insegnato i santi Padri della Chiesa nei libri che hanno scritto sopra questo argomento. (Bernardin de Picquigny)
Nel caso di Paolo, alcuni preferiscono non usare il termine conversione, perché – dicono - egli era già credente, anzi ebreo fervente, e perciò non passò dalla non-fede alla fede, dagli idoli a Dio, né dovette abbandonare la fede ebraica per aderire a Cristo. In realtà, l'esperienza dell'Apostolo può essere modello di ogni autentica conversione cristiana. (Papa Benedetto XVI)
Paolo conservò elementi essenziali della tradizione paleoebraica dell'Antico Testamento, proteggendo in tal modo il cristianesimo dalle tentazioni del panteismo e dello gnosticismo. (Rainer Riesner)
Paolo è più un agitatore che un teologo mistico, per non dire un pensatore sistematico. Il suo Yahvè si riduce alla figura di Dio Padre, la cui funzione, in linea di fatto, consta praticamente soltanto della sua relazione con il Figlio. Dato che il Cristo di Paolo è slegato da qualunque Gesù storico come il suo Dio Padre lo è da Yahvè, ne risulta un curioso vuoto nella dottrina paolina. (Harold Bloom)
[Paolo si separa da Barnaba] Questa separazione, anzi che esserci di scandalo, può, per l'opposto, servirci di grande edificazione... Volesse Iddio che tutte le separazioni seguissero in siffatta guisa e non avessero per fine se non la gloria di Dio e la salute dei fedeli! (Giovanni Crisostomo)
A voi toccherà ora di mostrarmi dove sia detto ciò che poi Paolo osò spacciare: che «complemento della legge è Cristo». Dove mai Iddio promise agli Ebrei una seconda legge dopo quella già stabilita? In nessun luogo: neanche una correzione a quella già stabilita.
Quegli che sorpassa tutti quanti i ciarlatani e gli impostori d'ogni tempo e d'ogni paese.
Qui sarebbe il caso di domandare a Paolo come mai, se Dio non è solo dei Giudei ma di tutte le genti, ai soli Giudei largì il dono profetico, e Mosè, e il crisma, e i profeti, e la legge, e le stravaganze e i miracoli della favola.
Paolo è tanto fariseo e tanto romano da sentire la sostanza paradossale della fede. Così egli inaugura il sentimento tutto moderno dello scandalo della fede. Non è impossibile cogliere una specie di libido nell'uso di arditezze concettuali teologiche che più offendano l'incredulità de presunti sapienti. È, credo, il primo a far sentire la fede come sublime non-senso.
È tanto vertiginoso il capovolgimento del criterio di giustificazione «per la fede in Cristo» («per mezzo suo abbiamo ottenuto con la fede l'accesso alla grazia in cui ci troviamo e il vanto della speranza dalla gloria di Dio...» vedi Romani) che deve essere del tutto cambiato il meccanismo del ragionare e del perorare. Premessa e conseguenza, causa ed effetto mutano il loro tradizionale rapporto: spesso la spiegazione non è altro che la riconferma della inoppugnabilità dell'assunto. Che bisogno ha di argomentare e di esprimersi come uno dell'Areopago colui che ne vuole abbattere la falsa sapienza e dunque anche i suoi metodi? D'altra parte il discorso paolino non è contestativo ma travolgente e soverchiativo per sovrabbondanza di certezza e di asseverazione: per cui fonda il suo potere e la sua saldezza su altri sostegni formali, così come sono altri e cioè non filosofici ma profetici gli sviluppi sostanziali. Niente di meno poteva accadere a colui che aveva messo al centro del disegno provvidenziale e dunque della storia umana e cosmica la resurrezione di Cristo. Lo scandalo degli scandali, e cioè lo choc che viene come supremo dopo la catena degli altri a cui la «mente» dei Gentili viene sottoposta, è proprio questo.
Uomo venuto da una crisi planetaria riacquista la sua statura conveniente nello svolgimento che arrecano appunto crisi planetarie, alla fine e all'origine ancora indistinte delle epoche.